L'indomani,
nel gelido inverno, Villa il nano con altri due servi, chiamati l'uno
Gelnaio e l'altro Ferroviani, dalle capigliature a banana come se
avessero un ondina alla fronte, giravano nel centro di Parma con
cofani d'argento, a mo di vassoi con coperchi bombati a forma di
maiale delfino, o di Battistero con dentro preti a forma di volti di
padre Lino cucinati con le lenticchie.
Villa
il nano ne aveva uno su un carellino con dentro un tiramisù a
forma minuscola di Teatro Regio che servivano a dei ferrovieri in
pensione nelle loro abitazioni e costoro mangiavano le portate su
delle tovaglie che erano fogli della Gazzetta di Parma.
Con
un prete chiamato Oppiacenone Tibieincrociate, Villa il nano parlava
di una notte di Natale, passata con i poeti surrealisti Arp, Breton e
Desnos nell'abitazione di quest'ultimo, che faceva crocicchio su un
boulevard tra due strade ed era su un caffè-tabaccheria.
Nell'abitazione
avevano mangiato mescalina e fumato erbe oppiacee marocchine in pipe
lunghissime anche un metro e mezzo, come quelle del poeta
Lautreamont, e da una rampa di scale sorda, vuota e linda, cui dava
l'accesso una porta di servizio girevole, entravano e uscivano dalla
tabaccheria comprando pacchetti di sigarette, confezioni di tabacco e
bottiglie di Pernod, che pagavano a una cassiera, vestita con un
taielleur grigio, dai capelli neri, i dentoni lunghi come zanne di
cinghiale e tornando fumavano e bevevano per intere notti e giorni.
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