Rosario
Villa il nano, cucito dentro a una pecora, vagabondava insieme a un
pecoraio sui monti Peloritani e Nebrodi, pieni di briganti, gente dai
quali si doveva nascondere finché giunse a Novara, da Messina,
nel 1813 dove di Martedì grasso tredici squadre di tre
giocatori si sfidarono al gioco del maiorchino, un formaggio di dieci
chilogrammi di latte ovino e caprino, che lanciavano con un laccio
chiamato “a lazzada”, per dirigerne la direzione, e vinceva chi
faceva rotolare la forma di formaggio più lontano possibile
nella discesa di un vicolo del paese.
Un
chirurgo scucì la cucitura nella cute lanosa della pecora e vi
fece uscire Villa il nano che andò con il pecoraio chiamato
Mesina in una locanda a mangiare maccheroni ai salamini, conditi con
il maiorchino grattugiato, infine i due fumarono trinciato forte in
una pipa lunghissima e della forma di un fucile.
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