Nel
1950, Villa il nano, si trovò in piazza Alfieri, appoggiato a
cavalcioni sulla piuma stilografica della statua del poeta, ad
assistere al Palio d'Asti.
Era
lì, tra madamine con ombrellini, vestite di abiti da
bomboniera, piemontesi agrari e vendemmiatori grossi come gelsi, ma
effeminati da orecchini da bambine ai lobi delle orecchie, vestiti
con abiti paesani e pacchiani da sagra domenicale dal cravattone e
con dipinti bicchieri di cristallo ammiccanti riflessi di linda
scintilla di luce, ricolmi di vino nebbiolino rosso rubino.
Soggiornò
in un albergo dove mangiò pappardelle alla lepre bevendo
spumante di Canelli che gli sovvenne di aver bevuto in occasione
dell'ultimo dell'anno del 1920 nello stesso paese all'Albergo
dell'Angelo, palazzo imperiale con sul tetto un angioletto. In quella
occasione il cameriere stagionale chiamato Anguilla, scuro di
carnagione come un etrusco, stappò un bottiglione di quel vino
e il tappo di sughero, a forma di apparecchio minuscolo del grande
Torino, svitato dalla capocchia, gabbietta di alluminio, sospinto dal
gassissone delle bollicine di anidride carbonica, finì contro
un souvenir riproducente il monumento rococò della basilica di
Superga in miniatura posato su un mobile.
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