giovedì 19 dicembre 2013

il vespasiano






Anticamente Pontetaro o Pontegigia era una landa desolata di campi sperduti poco lontano da Parma, nel silenzio interrotto dal tic e tac di gocce d'acqua infradicenti macchie, da albero a terra, dove abitava una topona pelosa e baffona di cui tanto aveva riso l'imperatrice d'Austria quando era andata a perlustrare i luoghi e, fatto costruire un casino grazioso e carino da caccia nelle ghiare di Noceto, l'aveva rinchiusa lì tra utensili da giardinaggio: zappe da zappatori, sprizzaverderame di contadini del Granducato asserviti a lei per la quale lavoravano nei vivai profumati e l'andava a trovare ogni tanto.
E Marialuigia che leggeva nel futuro le diceva: “sul ponte passerà sulla sua topolino il gran signor ciclista Coppi” e la topa russona esclamava: “lo punge una zanzara quello lì”. Poi Rosario Villa per il carnevale si era travestito da vecchio, facendosi tingere i capelli di bianco dal coiffeur Giorgio Gabbino per mezzo di una pompetta sprizza tinta, ed era andato con mio nonno bambino a bere l'amaretto nel castellino del feudatario di Pontetaro.
Villa il nano domandava: “dov'è la topa” e il feudale gli diceva: “quale topona?”. Quella topona che un bel giorno dal casino da caccia fuggì nei giardini di Marialuigia nelle campagne del paese curati a giardini.
Mio nonno che all'età di quattro anni incominciò a comprare il quotidiano trovandovi vere e proprie leccornie nella carta stampate e che, in età avanzata, apprezzava il giornalista toscano Indro Montanelli, nel 1920 fu con Rosario Villa sul pontegigia ad aspettare una sfilata d'auto d'epoca su cui dovevano passare gli scrittori Proust, Quenou, Radiguet e Cocteau.
Mio nonno e il nano stettero nella notte per intere ore lì finché, finalmente, fecero ingresso sul ponte le auto fanalute dai fanali color aragoste luminose e i poeti lanciarono casse di fernet guarnite di paglia artificiale e pacchini di stracchino, e Villani, il villano che era lì con loro, disse: “vè Vito (mio nonno) se sono amari valli a bere dai Mari (Famiglia di Pontetaro)”.
Il Feudatario raccontava ai due che da bambino aveva visto da lontano, nelle campagne l'imperatrice, piccolo punto blu perché vestita di una palandrana color inchiostro dagli orli rossi e i pizzi a forma di volto minuscolo del Naipper, suo amante, in prossimità del casino delle Ghiare, giocare con la topona, lanciandogli un osso di gatto che la topona, incitata in lingua francese pramzana, gli portava indietro con delle corsette simpatiche.
“Dai topogigia”, diceva lontano nell'aria il vecchio feudatario che nelle campagne di Pontetaro c'era il palazzo della pipì, sorta di palazzone imperiale o vaticano ricamato e settecentesco, adibito a gabinetto pubblico e poi demolito nei primi anni del novecento e da un buco, dove da un tubo sgocciolava urina color liquore strega o limoncino, uscì la topona Gigia che scappò comicamente da gente che la voleva bastonare e si rifugiò sotto i pilone del ponte a forma di polpacci giganti di Marialuigia e mai più si vide e trovò.










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