Nel
1920 Villa il nano frequentava Pontetaro, paese pullulante di villani
e giardinieri che emulavano i lavori dei bisnonni, i quali tenevano
la manutenzione di tutti i vivai di Maria Luigia e avevano sepolto,
nascondendoli, i granducati guadagnati dalla duchessa senza che i
discendenti sapessero dove li aveva nascosti.
Pontetaro
perciò era la vecchia Francia e i villanelli parlavano un
dialetto scurrile, ammorbidito da un accento gallico, con intonazione
elegante da profumieri. Con mio nonno, da bambino, andava a leggere
il foglio sportivo al bar del paese e insieme si concedevano anche
qualche bicchierinino di Benevento e così andarono avanti per
decenni a frequentare il locale pieno anche di mastodontici mezzadri.
Negli
anni cinquanta i due leggevano un organo di stampa sportivo della
Lazio calcio, dai fogli celesti, che parlava delle imprese del bomber
Piola. Tutto succedeva nel paese di Pontetaro dove, dentro qualche
muro, c'erano murate una secchia e una cazzuola d'oro, forse dentro
un pilone del ponte.
Sempre
in quegli anni con i barbieri del paese detti Gabbagobbo e Pompetta
andavano a Medesano a mangiare fette di tortafritta con il salame in
una trattoria alla vigilia della corsa delle scrofe nel campo
sportivo.
Ogni
anno per la ricorrenza dell'evento passava sul cielo di Medesano una
cometa di luce a forma di salame. Villa il nano e mio nonno
pernottavano alla Cornacina dal cugino di questi chiamato Bruno Costa
e nel sonno pieno di visioni il nano sognava la scrofa chiamata
Scrofoloni, montata dal fantino Lamoni, che di mestiere puliva la
fossa settica in un prosciuttificio, vincere la corsa.
Villa
il nano tornando in macchina l'indomani raccontava che aveva tifato
per il maiale chiamato salumilucciolocicciolo, montato da un maialaro
sbodenfio detto budello e ricordavano la leggendaria scrofa detta
Scrofettetroia.
Villa
il nano raccontava anche di essere stato negli Stati Uniti a Las
Vegas in tempo di recessione rosweltiana in un cinema con un bambino
gay chiamato Stork (cicogna), il quale aveva una pistola spara
popcorn e così si raffreddava il granoturco dritto in bocca
bevendo una Coca Cola.
Quando
Stork venne a Parma il nano gli fece conoscere una macchietta della
città. Il signor Sbrisolone che aveva la faccia piena di rughe
e verruche come la superficie della torta sbrisolona dal cui nome
prendeva il soprannome.
Nel
1911 con Don Donlò, prelato terribilmente maschile ma dotato
di un seno peccaminoso ed osceno da donna, anticipazione delle
protesi siliconate delle tette gonfie e toniche delle pornostar del
duemila, Villa il nano, girovagando, andava a sorbire brodo con gli
anolini facendo visita a tutte le parrocchie di Parma dove variava la
ricetta e la densità del brodo.
Nella
chiesa dell'orfanotrofio Don Donlò allattava neonati senza la
madre facendogli pappare i capezzoli del suo seno. Infine come ultima
tappa del loro giro si fermavano a dormire con Don Pratigrilli
pisellone erbivorio e nel buoi della stanza il nano vedeva il Don
Donlò togliersi il reggiseno e venire a letto con lui.
Una notte che pernottavano
anche i reverendi Don Congo Cocconi e Don Doppone Grana dei topi
fossilizzati un culturista Bronzeo chiamato Afanatico Sessudore,
biondo che ai testicoli aveva peli color crauti, con un pene turgido
come un wurstel, aprì degli usci per stuprarli ma fu sbranato
da un leone, simbolo dell'evangelista Marco che dimorava da secoli
nella chiesa.
Quella
notte era caduto dall'impluvio che faceva la notte piccolina, come
poi cantavano le sorelle Kessler sottilmente conosciute, un micione
sbodenfissimo color castagna con macchie color capuccino e lampone
che aveva in bocca un gambarone arancione, catturato nella Parma,
mentre nella stanza predava topini che incautamente uscivano da un
corridoio parallelo e dietro al muro come esiste nel cartone animato
di Tom eJerry.
Villa
il nano spulciava dalla libreria della chiesa un libro scritto in
stile maccheronico da un anonimo autore, intitolato De Bello
Gallinarum, che trattava dei galli da combattimento uruguagi tra i
quali c'era anche qualche gallina emancipata. In un passo descriveva
il poeta maledetto Rimbaud, di razza gallica, e all'incarnato color
burro e gli occhi turchini, disprezzatore degli sport che lui
definiva solo tic e l'autore ipotizzava la saturazione degli agonismi
per la quale un maratoneta del 5000 avrebbe corso come una macchina
da corsa del novecento.
Il
nano si sognava un pomeriggio al circolo Anspi Arci di Via Calatafimi
chiamato Club Boranga, portiere crociato, graficamente reso sulla
targhetta all'ingresso con il corpo di un orango e il volto
caricaturizzato e qui Villa il nano, era il 1978, aveva brindato con
i vecchi soci Pavaran, Barigas, Torel, Bacchè, Marsoler,
Stecchè, Calsolaiascarpè e Botas.
La
notte fuori dal circolo era nera e a Villa il nano sovvenne quella
del sessanta sul pullman del Milan Calcio con la comitiva dei
giocatori che, arrivati in pinetina, scendevano con Rocco
l'allenatore ed Eligio, il padre spirituale della squadra, che i sior
ragazzi calciatori avevano mustacchi spessi e frangette da abatini.
I
fotografi facevano foto con macchine a forma di scatole e i flash a
forma di fette giganti di limone mandavano lampi pirici che
stampavano fotografie buone a condire come melanzane nere i fogli
color prosciutto cotto del Corriere Sportivo.
Villa
il nano saliva su una macchina di un fotoreporter nel posteggio con
il quale nella Milano di notte, dai neon turchini a forma di lettere,
che pubblicizzavano l'amaro Ramazzotti, andava a depositare le foto
nella sede di un giornale dove erano fatti entrare da un usciere,
minuscolo omino bauscia vestito con una divisa color rosso di zuppa
inglese, e vicino al giornale compravano una stecca di sigarette in
un baretto chiamato Moderno che vendeva anche tabacchi, poi
viaggiavano e griso Manzoni parlava delle partite della domenica con
il nano lungo l'autostrada Milano-Bologna.
Villa
il nano raccontava al fotografo che nel 1949 in una strada nebbiosa
di Torino dalle file di palazzi liberty e dorati come gli incarti dei
cioccolatini torinesi, fu salutato simpaticamente ingenuamente dal
portiere Bacigalupo da un finestrino dell'apparecchio del grande
Torino, prima che l'aereo si schiantasse sulla Basilica di Superga e
che anni più tardi, nella città, aveva comprato al
caffè San Carlo un pupazzino, riproduzione caricaturata del
calciatore Gambetto dai capelli dalla riga in mezzo pieno di
gianduiotti.