lunedì 30 dicembre 2013

I grissini torinesi




Villa il nano e Latinetto Barilli, il pittore, erano stati sotto i portici in corso Argentina a Torino dove c'erano stravaccati per terra dei barboni, disperati e magrolini, arzilli e vecchini, nel mentre gestivano al gioco delle tre carte e i due si erano fatti spiegare da uno di questi, un certo Anduiotti, il trucco che lo faceva sempre vincere e viveva da ricco in una soffitta sul Po, vinta con i continui proventi del gioco.
Lui gli svelò che il suo anellino a forma di mole Antonelliana minuscola, terminante in un aghetto, se puntata sulla carta serviva a farle cambiare colore, perché di doppio fondo, mentre era rivoltata sul tavolino senza che lo scommettitore allocco che l'aveva precedentemente scelta se ne accorgesse. Poi passò un passante che esclamò in italiano zoppicante: “Anduiotti con il ricavato delle scommesse vai a comprare grissini con la capocchia a forma di basilica di Superga, ma poi futuri portoghesi biscosi come te compreranno grissini industriali e il mistero della magica Torino, comandata da forze esoteriche sotterranee si perderà”.
Anduiotti aveva molte droghe a disposizione degli scrittori torinesi per farli scrivere, aumentando la loro fantasia sotto forma di porri di mescalina, asportati da funghi che crescono sull'Himalaya o semi di hashish da fumare nella pipa o da arrotolare sbriciolati nelle cartine delle sigarette. Le conservava in un cassetto di un comodino intagliato a forma di basilica di Superga. Il mobilino lo aveva vinto al gioco delle tre carte sottraendolo a un nobile chiamato Molinet, diventato tanto povero che era lì nella trafila dei mendicanti.
A Torino, in quegli anni, avevano gran fama i quadri naif del pittore torinese detto il Cioccolata, uno dei quali raffigurante due trapeziste: una nera color cacao, i cui muscoli erano lucidi come i riflessi della cioccolata alla luce, l'altra pallida nerboruticamente gonfia come la spuma di panna del becchetto nelle torrefazioni della città piemontese e nella bella Torino dalle signorine con le gambe grissinine.
In quel giugno del 1977 ci fu una gran festa con dei caroselli di auto strombazzanti e imbandierate di meridionali e africani, tifosi della Juventus e Villa Rosario il nano, con lo pseudonimo di Villar Perosa, come imbavagliato dentro ad un peluchone di gomma piuma a forma di zebra bianconera urlava nella macchina: Viva Betteghigno, Caprini, Furetto, Pelispinosi e Cuccurettu.

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