Con
i nani chiamati Salumifico, Maialecimitero, e la pasticcera chiamata
Reggiogegigia, l'altone e nasone pittore nonno Sirocchi e il
carcerato mastodontico come una armadio, evaso dal carcere di San
Franceso e dalla peluria mista color budello di salame e violette
fosforescenti, Villa il nano si trovava sulla torre di Sant'Antonio,
chiesa sita in Via della Repubblica a Parma, a guardare una corsa di
giraffe in un percorso labirintico di strade cittadine cosparse di
bula, segatura e trucioli, organizzata dal circolo delle feste e
delle sagre parmigiane, corsa nella quale vinse la giraffa chiamata
Angiolanolinaria montata dal fantino detto Bambolantelamica, simile
al volto della pupazzina con cui andava a letto lo scultore Antelami.
Mentre
nella strada festeggiavano la contrada della giraffa, vittoriosa,
facendole mangiare tartufi bianchi, l'allegra brigata nella stanza
del campanaro, a metà della torre, su un letto fecero delle
orge e il nonno pittore Sirocchi metteva il nasone, bislunga erezione
di cartilagine, nei culi degli orgiaioli foderando la protuberanza
pinocchiesca o bergeracchiana di profilattici di lattice a forma di
minuscola torre di San Giovanni.
Villa
il nano intanto vedeva da sotto il credenzone antico, dai piedi a
forma di zampe di leone, delle frotte di topi piccolissimi come uova
di caviale.
Il
nonno Sirocchi, il pittore, e Villa il nano, presero un taxi color
caco guidato da un certo Water-Melon (Cocomero in inglese) e,
passando di notte davanti alla villetta, dalla villa a forma di
spumino ricamato, bianco e gigante dove abitava il becchino con la
sua famiglia, videro il prostituto nano detto il duca del maialattone
morto dalla pelliccia viola-modello Marialuigia e con su il dorso
maculato balzanamente un maiale morto, panzone, in panciolle dentro
una tomba e guarnito su tutta la coteca di violette, che soleva,
pazientando, arrivassero i clienti sulle loro automobili, fumare
sigarette, bere spiriti e sgranocchiare caldarroste nel piazzale
antistante il cimitero.
Viaggiando
passarono anche davanti all'ospedale delle Piccole Figlie, dal
palazzone a forma di cappello di badessa, e su un davanzale di una
finestra videro un cocorito color giallini varii spumanti e
all'interno della stanza un vecchio malato pisciare in un pappagallo.
Villa
il nano raccontava al taxista che anche lui aveva fatto il puttano e
il suo cliente abituale era il culturista detto Pompone-Acciaio che
lo veniva a prendere in Ferrari, gli offriva un benevento in un bar
di Baganzola chiamato la “Pecora Culanosa” per poi consumare il
coito in una carraia dalle erbe alte e medicinali fuori del paese,
tra micioni dai denti canini alla Dracula il vampiro, e vicino a
baracche dove abitavano vestiti di giacche a scacchi o a pois, che
facevano anche loro sesso nel culo stagno e tonico del palestrato,
dalle natiche color cioccolato, abbronzato da lampade di saloni di
bellezza da sembrare due uova di Pasqua.
Una
notte il palestrato, questo postmoderno Ercole americanizzato del
body building, aveva caricato sulla macchina oltre a Villa il nano,
anche il nano chierichetto chiamato Pollino Ampollini dalla cotta,
con ricami a uncinetto a forma di ampolline da messa.
Il
nano detto Il Michela Papapontefiche, dai capelli biondi color limone
e il nano detto il Pecoro Lananassa, dal cappello a forma di annasso,
a sua volta a forma di testa di pecora e il cappotto di pelo di
caprone, il quale nel posto posteriore dell'automobile sgozzò
con un rasoio il muscolato, accadde mentre questi guidava con bene in
mostra i pettorali grandi come due panettoni e gli addominali a forma
di rosone di chiesa, con al centro l'ombelico, molto sexy come una
porticina per accedere al refettorio o come un orecchietta o un
anolino a metà e vuoto di ripieno. Poi i quattro, dopo aver
scaricato il cadavere del palestrato nel luogo, rubarono la macchina
e fuggirono fumando sigari utilizzando dei bocchini di ossa di tibie
di cani di Canossa. La luna era un enorme tazza di zabaione nel cielo
buio della notte.