La
città dei formaggiai e il bambolone nano
(
Racconto su uno scommettitore di cavalli)
Lo
scommettitore
Nevicava
da parecchie settimane e la città era immersa nella neve.
Lactes vestì un vestito giallo e stinto e mise una tuba nera
per cappello, prese la macchina lunghissima e lussuosissima e si
diresse in un noto bar del centro. Le vie erano piene di neve,
nevicavano grossi fiocchi dal cielo e al posto della luna per un
arcano ribaltamento delle traiettorie degli astri c'era il sole
gioioso e balzano che per le foschie e le brume del cielo mostrava la
sua febbricina passita.
Quando
Lactes entrò nel bar ordinò un caffè e vide un
signore sui settant'anni avvicinarsi a lui. Costui ordinò una
birra al latte e disse mi chiamo Rubini e sono uno scrittore, poi
chiese chi era Lactes e lo scommettitore disse il suo nome e che
giocava d'azzardo puntando soldi sui cavalli e con gli introiti delle
scommesse cercava di dominare il mondo . Chiese a Rubini che tipo di
libri scrivesse e Rubini rispose che scriveva sulle lesbiche. I due
si salutarono e si diedero appuntamento a casa di Lactes dove Rubini
avrebbe portato il volumetto "Le lesbiche maledette".
L'indomani
nevicava ancora. Nella villa gialla imperiale, sita in centro, si
accedeva per un cancello di ferro battuto. La villa al suo interno
era tutta buia e non appena Rubini depositò il volumetto su
una credenza mangiarono ostriche gratinate bevendo dello champagne
giallino. Del libro in marocchino rosso intitolato "Le lesbiche
maledette" Lactes ne lesse una pagina che iniziava così:
"Delle lesbiche maledette una aveva occhi castani e capelli neri
lunghi sul collo, calzari che calzavano piedi bellissimi e le
legavano polpacci tondi, l'altra era bionda con scarpe di camoscio
basse e le due avevano limonato in una discoteca di mare al cospetto
di ragazzi.
Le
Lesbiche
Il
giorno dopo nevicava ancora e nella città dei formaggi la neve
nelle strade sembrava caglio. Su tutta la città si sentiva
profumo di caseifici e Lactes e Rubini entrarono nella casa antica
del pittore chiamato Parco Castagna.
Appena
dentro Rubini tirò fuori dalla tasca il libro maledetto e lo
depositò su un tavolo. Lo scrittore lesse il passo su delle
donne sorprese a fare il bagno assieme e scambiarsi dalle bocche
tisane indiane o infusi di thè. Il pittore, infine, fece
vedere ai due una botola alla quale si accedeva da un passaggio
segreto sotto terra lungo migliaia di chilometri o all'incontrario si
arrivava a una villa africana piena di palmizi e di cerri
fosforescenti per le luci e i lampioni del giardino nella quale
abitava un bambolone nano di Asti, un pupattolo omofilo con i suoi
servitori drudi, novizi e allegre brigate di servi, scrittore di
novelle in cui giovani montavano sirocchie. Il bambolone nano viveva
nella villa insieme a maiali senesi più ingioiellati di donne.
Parco Castagna aveva raccontato che nel tragitto avrebbero prima
incontrato topi, faine, talpe e scoiattoli e poi bisce, tigri, gru e
orsi per arrivare alla casa del nano. L'antico passaggio sotterraneo
era anche sotto il mare. Se i servi disubbidivano, raccontava il
Castagna, che il bambolone di Asti li impiccava. La villa africana
aveva la forma di un casale giallo dai muri che finivano a zampa
d'elefante e in più questi faceva collezione di formaggio di
plastica e alberi di Natale sempre addobbati e giostre pacchiane ed
accese di antichi luna-park. La villa era piena di mosici con
mosaicati imperatori scrofoni in atto di prendere il caffè.
La cantina era piena di spumanti Cinzano dall'intenso profumo di
muschio. Il Castagna diede a Rubini un libro dell'antico novelliere
bambolone di Asti che si rifaceva al Lasca, al Fiorenzuola, al
Fortini, al Sercambi, al Costo e al Pona in cui si parlava di una
torre della Lunigiana che incombeva nella notte, dalla luna a forma
di damigiana, dove lui in veste di un figlioccio di un feudatario
montava il pelo del montone di donne carine e succhiava i peni a
contucchioli, e il Castagna raccontava che il nanolone era uscito dal
ventre di sua madre in un ufficio di un ippodromo in epoca romana e
che ancora bagnato di liquido amniotico era stato punto da un
papataccio dorato a forma di minuscola biga di cui aveva ancora
l'escoriazione, e poi prendendo un'erba segreta era riuscito a vivere
per secoli e per l'esattezza era nano e mostruoso, più grasso
del frutto della peponide e vestiva vesti color della zucca di
Cenerentola.
Il
Palio di Siena
Lactes
era uno sgorbio, biondino con le efelidi sulla pelle. Quando era
povero viveva sulle panchine di una piazzetta e accendeva di notte
fuochi per scaldarsi e gli piaceva gironzolare per la città.
Guardava le scritte sui muri e le luci dei semafori e delle
automobili che trovava poeticissime. Un giorno trovò
cinquemilalire, e li giocò a un agenzia ippica sul cavallo
Caligola, trotter signor Pozzo, e con il ricavato della vincita si
mise a giocare ai cavalli e così guadagnò miliardi. Si
comprò casa, macchina, uno stock di vestiti giallo Parma e una
tuba per cappello e voleva dominare il mondo. Lactes Camorani aveva
antenati etruschi e si chiamava Cam Ran, greci ed era Camus Batròs
e romani e fu Camus Ranus. Raccontano gli scritti su di lui che
partecipò con il figlio di Creso alla caccia al cinghiale,
bestione enorme, descritta da Erodoto in cui a Creso, in un sogno,
avevano predetto che sarebbe morto del proprio figlio e Lacte vide
trafiggere da una lancia di uno schiava quest' ultimo ovvero Ciro.
Così
lo scommettitore guadagnava 80 miliardi alla settimana e frequentava
da scommettitore gli ippodromi romani e scommetteva sulle corse delle
bighe. Lactes in quegli anni frequentava l'agenzia ippica vicino alla
piazzetta dove abitava.
Andato
a Parigi a vincere un'altra bella cifra a una corsa di siepi si fermò
al museo del Louvre e fu estasiato da un quadro di un pittore greco
che sfruttava la tecnica del mimiaturismo e del puntinismo e aveva
descritto la caccia al cinghiale con le lance ai tempi del re Creso e
vi si vide raffigurato e si mise a piangere. Il cinghiale era
fuggitivo, marroncino, porco peloso e leggendario. Il figlio di Creso
rosso ai capelli, lo schiava dalla carnagione olivastra, magrissimo e
con una tunica bianca come veste, il bosco di foglie autunnali e lui
descritto in bianco e nero, il pallore del viso bianco e la redingote
nera, figurini persi nella nebbia di una notte stellata, la stessa in
cui, uscito dal museo, gli sembrò di scorgere Villa il nano in
groppa a un ranone, verde, viscido e con la testa di un cavallo dal
massetere buffo e sempre viride, simbolo di Lactes Camorani e il nano
sulla rana saltavano da stella a stella e da una di queste nella
costellazione di Pegaso il ranocchio fu fritto e Villa il nano poi ne
sbocconcellava ghiotto le cosce, indizio della prossima sciagura
dello scommettitore. Invece andato al Palio d'Asti aveva visto in un
caffè letterario una scatola di cioccolatini con una foto in
bianco e nero di fantini sui cavalli e si vide nella folla
fotografato con gli occhi ammiccanti e la tuba.
Lactes
Camorani visse a Siena una esperienza mirabile. Infatti, per il palio
tra i fantini c'era anche una scimmia che rappresentava e
simboleggiava la morte.
Incombeva
un non so che di mortuale e luttuoso e delittuoso nel suo sfilare sul
suo cavallo da parata, con una tuba a forma di teschio bianco e
vestita di un abito nero da mercenario buffone necro fante, e negli
occhi iniettati di invidia, calma e rivalsa ma gli altri fantini
erano annoiati e calzavano scarpette da ginnastica dalle marche
introvabili, più paesane dei cagliatori cagliaritani di
caciola e pecorino.
Questi,
prima della corsa, avevano sfilato su cavalli da parata vestiti di
abiti gonfi e ricamati da capitani di ventura e la scimmia di nero da
morte, con un tubino per cappello, perché allenata nell'isola
sarda. Tutti avevano scommesso sulla scimmia ma Lactes Camorani su un
certo Meloni che poi aveva vinto facendogli guadagnare una bella
cifra. Si era trovato nella folla dopo che alla mattina aveva
assistito allo spettacolo di omini del comune che spargevano tufo
sugli acciottolati di Piazza del Campo per preparare la pista e poi
la picchiettavano dei piccioni e colombi grigi, gonfi e goffi, tra la
diossina della suspance che i fantini, sfilando con lo sguardo,
disossavano al cicalio delle cicale.
Villa
il nano intanto, con gli scommetitori, alcuni piemontesi, altri
senesi detti o chiamati Asti Astio, Spumanto Zano, Cencio Paglione,
Quadrupedonio Stallone, Cantino Chiantina e Dei Cavalli Impagliati di
agli secchi era ad assiepare Piazza Alfieri dietro lo steccato di
fianco la mossa del palio d'Asti, oppure sul pullman dorato a forma
di Coppa Rimet con la comitiva della nazionale azzurra e italiana di
calcio di fianco all'allenatore detto Il Bearzotico e al calciatore
Paolino del casto dei Rossi in compagnia dello scommettitore di
football Osso Calcio e del poeta lumacone e barbone Jimenez, studioso
di filologia romanza e del Manzoni contro il quale avevano cercato di
sparare Bravi come dei Promessi Sposi con il superciuffone pampurioco
raccolto in una velina, in una rete a forma di calcio balillina,
oppure era sulla torre della chiesa di sant'Antonio a Parma alla
corsa delle giraffe in un percorso cittadino con i pittori chiamati
Scoregge e Sirocchi e i nani chiamati Giracaraffa e Coriandoli che
lanciavano coriandoli giganti come pizze colorati di pommarola e
mozzarella fusa tra la folla sotto a seguir l'agone.
Con
Villa il nano c'era anche il nano chiamato Sempioldo degli Stupidini,
sviluppatosi gonfiandosi da un neo della madre chiamata Stupidè
del Greto Cretè, e il bambino staccatosi dalla pelle della
madre a crescita ultimata era stato abbandonato nel torrente Parma
che si era arricchito a scommettere a queste corse su giraffe dette
Giallaraffa e Malvagira. Era nero rosso come il neo color lambrusco
della madre e dagli occhi color malvasia e quel giorno aveva puntato
su tre fantini frustatori detti, come gli scrittori di Parma,
Guareschino, Ubaldone Bertolino e Bevisanlacquino dai caschetti con
banane di cuoio cucite tra loro o papaline a forma di metà
pompelmo plastificato e giallo.
L'assassinio
Quel
giorno Lactes non andò all'agenzia ippica ma gironzolò
di notte in città. Intanto il bambolone nano, vestito da
chierichetto cinquecentesco parmigiano, con una cotta alle maniche
gonfie di ricami e color lambrusco in compagnia dei suoi
novizi:drudi, zingari dalla carnagione scura e raccattati in antichi
luna park luminosi e pacchiani, si erano messi in cammino nel
cunicolo-corridoio sotterraneo e quando arrivarono aParma la città
era sommersa di neve.
Si
diressero nella casa di Lactes, forzarono la serratura dalla toppa a
forma di massetere di cavallo, e accoltellarono lo scommettitore. Il
bambolone nano vide sul comodino il libro di Rubini, lo aprì e
lesse una pagina che diceva : "due donne grasse e muscolose si
infilavano anelli ai piedi sul letto".
Allora
costui esclamò:"sublime ma porco"" e rubò
il libro poi fuggirono in taxi a Busseto e siccome era il giorno di
carnevale si nascosero dentro un pupazzo di carnevale gigante a forma
di topone dalle guardie papali comiche, buffissime, e dagli abiti
gonfi e ricamati che li cercavano. Il giorno dopo sulla Gazzetta di
Parma era scritto su una grossa testata che era stato assassinato il
gran scommettitore Lactes Camorani e sul delitto incombeva un grande
mistero, ma si capì che erano venuti a contrastare due mondi:
quello delle donne di Camorani e quello del bambolone nano che
indispettito aveva pugnalato Lactes per mano di uno zingaro.
Il
bambolone nano torna nella villa.
Rubini
dopo la morte di Lactes impazzì e per la sua fama stava
diventando un poeta maledetto. Il bambolone nano con la sua allegra
brigata di servi soggiornò in un alberghetto del centro. In
sua assenza nella villa africana dei fantasmi, vestiti con lenzuola
bianche, avevano rubato dei vini rossi e spumosi nelle cantine.
A
notte fonda il bambolone nano svestitosi degli abiti da chierichetto
cinquecentesco, messosi un tubino da jazzista meridionale dell'antica
Roma, con i suoi zingari rifece il viaggio nel passaggio segreto per
ritornare alla villa. Non furono visti dalle guardie papali
parmigiane mentre erano in fuga nei borghi per raggiungere la botola
e nella città dei formaggi aveva smesso di nevicare.
Dopo
un lungo viaggio a piedi il nano rientrò nella casa dove aveva
quadri con dipinti scherzetti: per esempio un oco affrescato ad un
muro che ad un oca sembrava vero per incantamento e dormì
nella stanza da letto dove gli zingari avevano depositato
l'angioletto del Duomo di Parma staccato dal campanile e rubato da
questi mentre nella teca di una chiesa del Venezuela furono
reliquiate le ossa di Lactes.
Il
plichino:palium follarum
Villa
il nano tornava nel centro urbano di Volterra da un bosco della zona
dove aveva trovato tre funghi allucinogeni: uno blu a forma di
tartaruga, uno rosso a forma di bottiglia di chianti e l'ultimo
bianco a forma di dolcetto ricciarello con la barbetta a modi di
zucchero a velo. Nella stanzetta in cui era ospitato da un certo
Papirio Patuvio Tuscianolo, ragazzo pallido dai riccioloni color
carota, Villa il nano con un coltello tagliava a fettine i funghi
eternetici e li fumava nella pipa a forma di torre del mangia.
Fumando
queste droghe sotto effetto delle allucinazioni come in un sogno
proprio dell'aldilà popolò diverse Siene: quella del
buon governo, quella dei tempi del granducato di Leopoldo, nella
quale riuscì ad intravedere il mitico fantino Francesco
Santini portato in trionfo dopo il palio vinto sulle braccia dei
propri contradaioli, e quella dei primi anni venti del novecento dove
il fantino, re della piazza, era il nano Angelo Meloni.
Finito
di fumare fece un giro nella notte a Volterra, paese costruito di
vicoli, acquedotti e archi con mattoni etruschi e in una vetrina
luminosa di una libreria, però chiusa, vide un libro
intitolato “il palio delle folle” (palium Follarum).
Stava
andandosene quando dal buio sbucò fuori un libraio che
cominciò a sfogliarlo da dentro la vetrina. Villa il nano
salito su un taxi percorse la via Cassia che portava a Roma passando
sotto gli archi degli acquedotti antichi romani a forma di culi
giganti di culattoni, dentro i buchi anali come viatici di gallerie
su uno dei quali, giallastro ai mattoni e dalle erbacce barboniche,
li salutò la bambina chiamata Sintesia Clorofilliana.
Villa
il nano raccontava quando su un barcone-bomboniera a forma di cicogna
navigava nell'immensa piena del po in compagnia dei nani chiamati
Giovanni Tortelli e Confetto Maialsudici e l'acqua aveva divelto un
campanile a forma di dito indice gigante e l'inquisitore Di Don
Bregesuello Iesuisinini, reverendo di Brescello, caricarono sulla
barca il chierichetto nano Resimo Ulivi, il quale era attaccato a un
inginocchiatoio galleggiante con il chierichetto bambino chiamato
Sudatodio Sudario e la suora chiamata Domenica delle Palme, e le boe
erano i meloni, anch'essi galleggianti ad uno dei quali era
aggrappato l'attore Fer Nandel.
Inoltre
narrava di una festa leggendaria tra fantini in una casa dai muri
spessissimi in centro a Siena e Villa il nano, fumante una pipa a
forma di torre del mangia minuscola, era insieme al padrone
dell'abitazione chiamato Tindaro Torquato, un giovane nobile e
mingherlino che stava per decadere poiché la bellissima nobile
senese, chiamata Fangiola Fagiolai, gli mangiò quella stessa
notte la casa antica per mille lire, l'intera somma dei debiti del
nobile che truffato e derubato del proprio immobile e senza più
un soldo, la cifra guadagnata gliela aveva subito riscattata un
creditore, andò sotto un bersò di viti di una trattoria
a sentire suonare nella notte delle polke con la fisarmonica dove dei
nani tarchiati e dalla testa calva ballavano con le proprie galanti
ed ogni tanto una fiaschetta di vino scolata trapassava le foglie dei
viticci da questi lanciata e si frantumava più in là
sulla strada attigua.
Qualcuno
di questi discorreva del fantino Santini che nel lontano ottocento
aveva l'ovile sotto terra e nella cute delle pecore aveva cucito
chirurgicamente borsellini pieni zeppi di baiocchi guadagnati al
palio.