lunedì 31 marzo 2014

La pergola





Villa il nano con il conte Mansolonia a Parma, in un bar dove ubriachi e mendicanti colti recitavano poesie dialettali di Pezzani, Villa il nano salutò Betàlà Tortellà ed Joannes detto il Sangiovannanolino, due cameriere della Filoma, fuori servizio ma ancora in divisa da sala nera e bianca dai bordi d'oro, gli dissero che lo aspettavano al ristorante anche detto "L'omona" e salutò anche un cameriere di Viareggio detto il "Michele delle Aragoste" che era venuto in città a fare il servo in livrea arancione, color crostaceo, da una famiglia ricca abitante in via Biscio.
Ritornando a casa in un borgo videro una lumaca rosata e gigante a forma di grassa scrofa. Così volarono gli anni e Villa il nano negli anni sessanta da cameriere a seguito del giro d'Italia seguiva le tappe sull'ammiraglia della Salvaranocchi in compagnia del massaggiatore detto Chemammanona tarchiato, tozzo e nano dai peli al petto spumosamente riccioli come la schiuma di bollicine di una tonica marca San Pellegrinaggio ed alla fine della corsa giornaliera serviva i ciclisti nei ristoranti degli alberghi dove i corridori pernottavano per una notte.
I due andavano a seguire anche la corsa di biciclette "Milano-San Remo" e si fermavano nella riviera dei fiori a comprare qualche orchidea di serra che il fisioterapistone lanciava dall'automobile ad un'amante della città di San Remo: la Rema che con la forza di grossi talloni spingeva la bicicletta come uno schioppo e ci voleva Jean Jack Ancketil per batterla. Villa il nano andò anche a un festino a Casatico sotto una pergola di vite dagli acini disposti a formare un elefante terminante in un grappolo a forma di proboscide con la mamma mammolosa nana dai capelli color camomilla, pettinati a carrè dal parrucchiere di fiducia detto il Petitotculet e con i nonni, i genitori della madre: Gosinoni Brugnone e La Nillagigeina Scroffa,una marchesa mastodontica ed atletica di Medesano abile nel tennis sui campi d'erba color fernet a colpire con la racchetta palline come polpette e rimbalzanti calzando scarpe da ginnistaica marca Varano Marchesi.




giovedì 27 marzo 2014

Gli asparagi viola di Altedo





Il nobile comacchiese chiamato Zarzan andava a raccogliere nelle paludi di Comacchio uova di zanzare e le depositava dentro un casolare antico dove aveva sequestrato un ragazzo. Da quelle nascevano zanzare come da una padella, piena di dolcificante, di un ambulante del luna park zucchero a velo.
Le zanzare a prima vista erano prototipi reali, poi nascevano giganti a forma di papi, di zar e di briganti canuti e bianchi delle zone, e queste servivano a Zarzan a torturare il sequestrato siccome lo pungevano in gran numero. Villa il nano quella sera era a mangiare con un vecchio pescatore di anguille detto Il Fiocina su un barcone nel centro di Comacchio, fumando una sigaretta da un pacchetto di Camel l'aveva soprannominata Camellina.
Villa il nano raccontava all'amico di aver visto il sequestratore chiudere nel casolare il ragazzo e quella volta lì una zanzara trasparente a forma di San Casciano, santo protettore di Comacchio, volava fuori dalla casa perduta nei campi emettendo un verso piagnucoloso. Inoltre aveva visto il torturatore rincasare con dei siringoni dentro cui aveva aspirato delle uova di questi insetti con il pungiglione e questi poi faceva nascere artificialmente le soldatesse degli acquitrini di cui era nemico l'imperatore zampirone.
Dopo la cena i due avevano visto vicino all'ospedale vecchi del paese un burattinaio in minuscolo teatrino muovere burattini a forma di un'anguilla e di un fiocinino che inforcava la prima e siccome si era in tempo di guerra una marionetta con le sembianze di Benito Mussolini il Duce che affermava che l'anguilla era il simbolo fallico del fascismo.
L'indomani Villa il nano fuggiva in taxi a Ferrara in una splendida giornata d'estate ed arrivava in un circolo ebreo di tennis dai campi color rossetto e di terra battuta polverosa come fard o cipria. In un chischetto-bar a forma di volto gigante di Cristo i soci tennisti ordinavano bibite multicolori e variopinte, benzine dei loro sforzi con le racchette e trasformantisi in sudore.
Villa il nano spiò un socio molto peloso alle gambe e dai testicoli a forma di volti minuscoli di Hitler con i ciuffi dei peli della sacca dei maroni a forma di fasci littorei piccoli, un certo Diamanti che si lavava sotto la doccia. Nello spogliatoi due soci semiti, certi Estatio Estensi ed Eliceo Boschi, l'uno dal completino color cedro, l'altro color malaga entrambi con cuciti un tacchino della marca, s'inculavano mentre facevano irruzione soldati delle S.S e della Gestapo, i quali li volevano portare nei campi di concentramento per atti omosessuali. Villa il nano, seduto ad un tavolino del bar del club, era intento a bere un fernet a fianco dello scrittore Bassani che leggeva poesie dell'Ariosto. Siccome il caffè era il ritrovo di intellettuali e poeti di Ferrara dagli occhiali a forma di gusci di tartarughine nella notte vide in cielo un zanzarone gigante con abbrancato alle zampe il ragazzo sequestato, in stato in coma, infine era morto.
Il barbire chiamato Pelù Pierumberta si sedette al suo tavolino e aveva al mignolo un'unghia lunghissima simbolo della sua froceria e infilato allo stesso dito un diamante tagliato a forma di Palazzo dei Diamanti minuscolo di Ferrara e costui nella sua toeletteria tagliava i capelli ai clienti con una forbice d'argento a forma di zanzara. Il giorno seguente a Ferrara c'era il palio e Villa il nano ci andò con il barbiere e alla corsa delle asine vinse il fantino detto il Somaraglione. Villa il nano scorse nella calca a una finestra Zarzan e un vecchio bianco e canuto color panna ai capelli detto Lo Spaleoso e sparò all'assassino con un fucile a forma di una lunga anguilla e lo abbatté nella folla di piazza Ariosto.
Alla fine dell'agone i ristoranti del centro si affollarono e i due: il nano e il barbiere, in una trattoria del quartiere di Sangiovanni, mangiarono tortelloni di zucca, la salamina da sugo, asparagi selvatici di bosco della Mesola e quelli viola di Altedo. Fatto mirabile successe ai due il giorno prima, quando per raggiungere Ferrara immersi nell'entroterra comacchiese avevano visti voli di Alzavole e di fischioni, specie di anitre che emettevano un fischio come un arbitro di football.
Infine, finito di mangiare, erano giunti in macchina nel centro di Bologna dai palazzi antichi e dall'intonaco color sugo di ragù, alcuni inframmezzati al rosso di strisce a forma di tagliatelle color gialla pasta all'uovo.




lunedì 24 marzo 2014

La città dei formaggiai e il bambolone nano





La città dei formaggiai e il bambolone nano
( Racconto su uno scommettitore di cavalli)



Lo scommettitore

Nevicava da parecchie settimane e la città era immersa nella neve. Lactes vestì un vestito giallo e stinto e mise una tuba nera per cappello, prese la macchina lunghissima e lussuosissima e si diresse in un noto bar del centro. Le vie erano piene di neve, nevicavano grossi fiocchi dal cielo e al posto della luna per un arcano ribaltamento delle traiettorie degli astri c'era il sole gioioso e balzano che per le foschie e le brume del cielo mostrava la sua febbricina passita.
Quando Lactes entrò nel bar ordinò un caffè e vide un signore sui settant'anni avvicinarsi a lui. Costui ordinò una birra al latte e disse mi chiamo Rubini e sono uno scrittore, poi chiese chi era Lactes e lo scommettitore disse il suo nome e che giocava d'azzardo puntando soldi sui cavalli e con gli introiti delle scommesse cercava di dominare il mondo . Chiese a Rubini che tipo di libri scrivesse e Rubini rispose che scriveva sulle lesbiche. I due si salutarono e si diedero appuntamento a casa di Lactes dove Rubini avrebbe portato il volumetto "Le lesbiche maledette".
L'indomani nevicava ancora. Nella villa gialla imperiale, sita in centro, si accedeva per un cancello di ferro battuto. La villa al suo interno era tutta buia e non appena Rubini depositò il volumetto su una credenza mangiarono ostriche gratinate bevendo dello champagne giallino. Del libro in marocchino rosso intitolato "Le lesbiche maledette" Lactes ne lesse una pagina che iniziava così: "Delle lesbiche maledette una aveva occhi castani e capelli neri lunghi sul collo, calzari che calzavano piedi bellissimi e le legavano polpacci tondi, l'altra era bionda con scarpe di camoscio basse e le due avevano limonato in una discoteca di mare al cospetto di ragazzi.



Le Lesbiche

Il giorno dopo nevicava ancora e nella città dei formaggi la neve nelle strade sembrava caglio. Su tutta la città si sentiva profumo di caseifici e Lactes e Rubini entrarono nella casa antica del pittore chiamato Parco Castagna.
Appena dentro Rubini tirò fuori dalla tasca il libro maledetto e lo depositò su un tavolo. Lo scrittore lesse il passo su delle donne sorprese a fare il bagno assieme e scambiarsi dalle bocche tisane indiane o infusi di thè. Il pittore, infine, fece vedere ai due una botola alla quale si accedeva da un passaggio segreto sotto terra lungo migliaia di chilometri o all'incontrario si arrivava a una villa africana piena di palmizi e di cerri fosforescenti per le luci e i lampioni del giardino nella quale abitava un bambolone nano di Asti, un pupattolo omofilo con i suoi servitori drudi, novizi e allegre brigate di servi, scrittore di novelle in cui giovani montavano sirocchie. Il bambolone nano viveva nella villa insieme a maiali senesi più ingioiellati di donne. Parco Castagna aveva raccontato che nel tragitto avrebbero prima incontrato topi, faine, talpe e scoiattoli e poi bisce, tigri, gru e orsi per arrivare alla casa del nano. L'antico passaggio sotterraneo era anche sotto il mare. Se i servi disubbidivano, raccontava il Castagna, che il bambolone di Asti li impiccava. La villa africana aveva la forma di un casale giallo dai muri che finivano a zampa d'elefante e in più questi faceva collezione di formaggio di plastica e alberi di Natale sempre addobbati e giostre pacchiane ed accese di antichi luna-park. La villa era piena di mosici con mosaicati imperatori scrofoni in atto di prendere il caffè. La cantina era piena di spumanti Cinzano dall'intenso profumo di muschio. Il Castagna diede a Rubini un libro dell'antico novelliere bambolone di Asti che si rifaceva al Lasca, al Fiorenzuola, al Fortini, al Sercambi, al Costo e al Pona in cui si parlava di una torre della Lunigiana che incombeva nella notte, dalla luna a forma di damigiana, dove lui in veste di un figlioccio di un feudatario montava il pelo del montone di donne carine e succhiava i peni a contucchioli, e il Castagna raccontava che il nanolone era uscito dal ventre di sua madre in un ufficio di un ippodromo in epoca romana e che ancora bagnato di liquido amniotico era stato punto da un papataccio dorato a forma di minuscola biga di cui aveva ancora l'escoriazione, e poi prendendo un'erba segreta era riuscito a vivere per secoli e per l'esattezza era nano e mostruoso, più grasso del frutto della peponide e vestiva vesti color della zucca di Cenerentola.



Il Palio di Siena

Lactes era uno sgorbio, biondino con le efelidi sulla pelle. Quando era povero viveva sulle panchine di una piazzetta e accendeva di notte fuochi per scaldarsi e gli piaceva gironzolare per la città. Guardava le scritte sui muri e le luci dei semafori e delle automobili che trovava poeticissime. Un giorno trovò cinquemilalire, e li giocò a un agenzia ippica sul cavallo Caligola, trotter signor Pozzo, e con il ricavato della vincita si mise a giocare ai cavalli e così guadagnò miliardi. Si comprò casa, macchina, uno stock di vestiti giallo Parma e una tuba per cappello e voleva dominare il mondo. Lactes Camorani aveva antenati etruschi e si chiamava Cam Ran, greci ed era Camus Batròs e romani e fu Camus Ranus. Raccontano gli scritti su di lui che partecipò con il figlio di Creso alla caccia al cinghiale, bestione enorme, descritta da Erodoto in cui a Creso, in un sogno, avevano predetto che sarebbe morto del proprio figlio e Lacte vide trafiggere da una lancia di uno schiava quest' ultimo ovvero Ciro.
Così lo scommettitore guadagnava 80 miliardi alla settimana e frequentava da scommettitore gli ippodromi romani e scommetteva sulle corse delle bighe. Lactes in quegli anni frequentava l'agenzia ippica vicino alla piazzetta dove abitava.
Andato a Parigi a vincere un'altra bella cifra a una corsa di siepi si fermò al museo del Louvre e fu estasiato da un quadro di un pittore greco che sfruttava la tecnica del mimiaturismo e del puntinismo e aveva descritto la caccia al cinghiale con le lance ai tempi del re Creso e vi si vide raffigurato e si mise a piangere. Il cinghiale era fuggitivo, marroncino, porco peloso e leggendario. Il figlio di Creso rosso ai capelli, lo schiava dalla carnagione olivastra, magrissimo e con una tunica bianca come veste, il bosco di foglie autunnali e lui descritto in bianco e nero, il pallore del viso bianco e la redingote nera, figurini persi nella nebbia di una notte stellata, la stessa in cui, uscito dal museo, gli sembrò di scorgere Villa il nano in groppa a un ranone, verde, viscido e con la testa di un cavallo dal massetere buffo e sempre viride, simbolo di Lactes Camorani e il nano sulla rana saltavano da stella a stella e da una di queste nella costellazione di Pegaso il ranocchio fu fritto e Villa il nano poi ne sbocconcellava ghiotto le cosce, indizio della prossima sciagura dello scommettitore. Invece andato al Palio d'Asti aveva visto in un caffè letterario una scatola di cioccolatini con una foto in bianco e nero di fantini sui cavalli e si vide nella folla fotografato con gli occhi ammiccanti e la tuba.
Lactes Camorani visse a Siena una esperienza mirabile. Infatti, per il palio tra i fantini c'era anche una scimmia che rappresentava e simboleggiava la morte.
Incombeva un non so che di mortuale e luttuoso e delittuoso nel suo sfilare sul suo cavallo da parata, con una tuba a forma di teschio bianco e vestita di un abito nero da mercenario buffone necro fante, e negli occhi iniettati di invidia, calma e rivalsa ma gli altri fantini erano annoiati e calzavano scarpette da ginnastica dalle marche introvabili, più paesane dei cagliatori cagliaritani di caciola e pecorino.
Questi, prima della corsa, avevano sfilato su cavalli da parata vestiti di abiti gonfi e ricamati da capitani di ventura e la scimmia di nero da morte, con un tubino per cappello, perché allenata nell'isola sarda. Tutti avevano scommesso sulla scimmia ma Lactes Camorani su un certo Meloni che poi aveva vinto facendogli guadagnare una bella cifra. Si era trovato nella folla dopo che alla mattina aveva assistito allo spettacolo di omini del comune che spargevano tufo sugli acciottolati di Piazza del Campo per preparare la pista e poi la picchiettavano dei piccioni e colombi grigi, gonfi e goffi, tra la diossina della suspance che i fantini, sfilando con lo sguardo, disossavano al cicalio delle cicale.
Villa il nano intanto, con gli scommetitori, alcuni piemontesi, altri senesi detti o chiamati Asti Astio, Spumanto Zano, Cencio Paglione, Quadrupedonio Stallone, Cantino Chiantina e Dei Cavalli Impagliati di agli secchi era ad assiepare Piazza Alfieri dietro lo steccato di fianco la mossa del palio d'Asti, oppure sul pullman dorato a forma di Coppa Rimet con la comitiva della nazionale azzurra e italiana di calcio di fianco all'allenatore detto Il Bearzotico e al calciatore Paolino del casto dei Rossi in compagnia dello scommettitore di football Osso Calcio e del poeta lumacone e barbone Jimenez, studioso di filologia romanza e del Manzoni contro il quale avevano cercato di sparare Bravi come dei Promessi Sposi con il superciuffone pampurioco raccolto in una velina, in una rete a forma di calcio balillina, oppure era sulla torre della chiesa di sant'Antonio a Parma alla corsa delle giraffe in un percorso cittadino con i pittori chiamati Scoregge e Sirocchi e i nani chiamati Giracaraffa e Coriandoli che lanciavano coriandoli giganti come pizze colorati di pommarola e mozzarella fusa tra la folla sotto a seguir l'agone.
Con Villa il nano c'era anche il nano chiamato Sempioldo degli Stupidini, sviluppatosi gonfiandosi da un neo della madre chiamata Stupidè del Greto Cretè, e il bambino staccatosi dalla pelle della madre a crescita ultimata era stato abbandonato nel torrente Parma che si era arricchito a scommettere a queste corse su giraffe dette Giallaraffa e Malvagira. Era nero rosso come il neo color lambrusco della madre e dagli occhi color malvasia e quel giorno aveva puntato su tre fantini frustatori detti, come gli scrittori di Parma, Guareschino, Ubaldone Bertolino e Bevisanlacquino dai caschetti con banane di cuoio cucite tra loro o papaline a forma di metà pompelmo plastificato e giallo.



L'assassinio

Quel giorno Lactes non andò all'agenzia ippica ma gironzolò di notte in città. Intanto il bambolone nano, vestito da chierichetto cinquecentesco parmigiano, con una cotta alle maniche gonfie di ricami e color lambrusco in compagnia dei suoi novizi:drudi, zingari dalla carnagione scura e raccattati in antichi luna park luminosi e pacchiani, si erano messi in cammino nel cunicolo-corridoio sotterraneo e quando arrivarono aParma la città era sommersa di neve.
Si diressero nella casa di Lactes, forzarono la serratura dalla toppa a forma di massetere di cavallo, e accoltellarono lo scommettitore. Il bambolone nano vide sul comodino il libro di Rubini, lo aprì e lesse una pagina che diceva : "due donne grasse e muscolose si infilavano anelli ai piedi sul letto".
Allora costui esclamò:"sublime ma porco"" e rubò il libro poi fuggirono in taxi a Busseto e siccome era il giorno di carnevale si nascosero dentro un pupazzo di carnevale gigante a forma di topone dalle guardie papali comiche, buffissime, e dagli abiti gonfi e ricamati che li cercavano. Il giorno dopo sulla Gazzetta di Parma era scritto su una grossa testata che era stato assassinato il gran scommettitore Lactes Camorani e sul delitto incombeva un grande mistero, ma si capì che erano venuti a contrastare due mondi: quello delle donne di Camorani e quello del bambolone nano che indispettito aveva pugnalato Lactes per mano di uno zingaro.



Il bambolone nano torna nella villa.

Rubini dopo la morte di Lactes impazzì e per la sua fama stava diventando un poeta maledetto. Il bambolone nano con la sua allegra brigata di servi soggiornò in un alberghetto del centro. In sua assenza nella villa africana dei fantasmi, vestiti con lenzuola bianche, avevano rubato dei vini rossi e spumosi nelle cantine.
A notte fonda il bambolone nano svestitosi degli abiti da chierichetto cinquecentesco, messosi un tubino da jazzista meridionale dell'antica Roma, con i suoi zingari rifece il viaggio nel passaggio segreto per ritornare alla villa. Non furono visti dalle guardie papali parmigiane mentre erano in fuga nei borghi per raggiungere la botola e nella città dei formaggi aveva smesso di nevicare.
Dopo un lungo viaggio a piedi il nano rientrò nella casa dove aveva quadri con dipinti scherzetti: per esempio un oco affrescato ad un muro che ad un oca sembrava vero per incantamento e dormì nella stanza da letto dove gli zingari avevano depositato l'angioletto del Duomo di Parma staccato dal campanile e rubato da questi mentre nella teca di una chiesa del Venezuela furono reliquiate le ossa di Lactes.



Il plichino:palium follarum

Villa il nano tornava nel centro urbano di Volterra da un bosco della zona dove aveva trovato tre funghi allucinogeni: uno blu a forma di tartaruga, uno rosso a forma di bottiglia di chianti e l'ultimo bianco a forma di dolcetto ricciarello con la barbetta a modi di zucchero a velo. Nella stanzetta in cui era ospitato da un certo Papirio Patuvio Tuscianolo, ragazzo pallido dai riccioloni color carota, Villa il nano con un coltello tagliava a fettine i funghi eternetici e li fumava nella pipa a forma di torre del mangia.
Fumando queste droghe sotto effetto delle allucinazioni come in un sogno proprio dell'aldilà popolò diverse Siene: quella del buon governo, quella dei tempi del granducato di Leopoldo, nella quale riuscì ad intravedere il mitico fantino Francesco Santini portato in trionfo dopo il palio vinto sulle braccia dei propri contradaioli, e quella dei primi anni venti del novecento dove il fantino, re della piazza, era il nano Angelo Meloni.
Finito di fumare fece un giro nella notte a Volterra, paese costruito di vicoli, acquedotti e archi con mattoni etruschi e in una vetrina luminosa di una libreria, però chiusa, vide un libro intitolato “il palio delle folle” (palium Follarum).
Stava andandosene quando dal buio sbucò fuori un libraio che cominciò a sfogliarlo da dentro la vetrina. Villa il nano salito su un taxi percorse la via Cassia che portava a Roma passando sotto gli archi degli acquedotti antichi romani a forma di culi giganti di culattoni, dentro i buchi anali come viatici di gallerie su uno dei quali, giallastro ai mattoni e dalle erbacce barboniche, li salutò la bambina chiamata Sintesia Clorofilliana.
Villa il nano raccontava quando su un barcone-bomboniera a forma di cicogna navigava nell'immensa piena del po in compagnia dei nani chiamati Giovanni Tortelli e Confetto Maialsudici e l'acqua aveva divelto un campanile a forma di dito indice gigante e l'inquisitore Di Don Bregesuello Iesuisinini, reverendo di Brescello, caricarono sulla barca il chierichetto nano Resimo Ulivi, il quale era attaccato a un inginocchiatoio galleggiante con il chierichetto bambino chiamato Sudatodio Sudario e la suora chiamata Domenica delle Palme, e le boe erano i meloni, anch'essi galleggianti ad uno dei quali era aggrappato l'attore Fer Nandel.
Inoltre narrava di una festa leggendaria tra fantini in una casa dai muri spessissimi in centro a Siena e Villa il nano, fumante una pipa a forma di torre del mangia minuscola, era insieme al padrone dell'abitazione chiamato Tindaro Torquato, un giovane nobile e mingherlino che stava per decadere poiché la bellissima nobile senese, chiamata Fangiola Fagiolai, gli mangiò quella stessa notte la casa antica per mille lire, l'intera somma dei debiti del nobile che truffato e derubato del proprio immobile e senza più un soldo, la cifra guadagnata gliela aveva subito riscattata un creditore, andò sotto un bersò di viti di una trattoria a sentire suonare nella notte delle polke con la fisarmonica dove dei nani tarchiati e dalla testa calva ballavano con le proprie galanti ed ogni tanto una fiaschetta di vino scolata trapassava le foglie dei viticci da questi lanciata e si frantumava più in là sulla strada attigua.
Qualcuno di questi discorreva del fantino Santini che nel lontano ottocento aveva l'ovile sotto terra e nella cute delle pecore aveva cucito chirurgicamente borsellini pieni zeppi di baiocchi guadagnati al palio.

venerdì 14 marzo 2014

Il pupo siciliano






Durante la guerra borbonica, un giorno d'estate che sembrava il paradiso, Villa il nano era a Palermo, nella toiletteria del barbiere detto il barbonio, a tagliarsi i capelli tra tanti Babbi Natale, ossia clienti spennellati alla faccia di schiuma da barba, pronti per essere rasati. Il pomeriggio su un monticello che sovrastava la città Villa il nano con i nani chiamati o detti Nitritino e La culla la Cula imbandiva un pic nic nell'erba  su quel rialzo e, bevendo vini parmigiani, mangiava con loro pane e salume con fogli di formaggio. Mentre i palazzi borbonici lontani, lontani, bruciavano con code di fiamme messi a ferro e fuoco dai soldati di Giuseppe il nano detto La culla la Cula tirava fuori del cioccolato torinese e Cavouriano a forma di Mole Antonelliana minuscola e una scatola d'oro di sigari. Poi quando apparvero le stelline a forma di volti di Garibaldi e dei suoi Mille mangiarono una cassata conservate al gelo dentro un blocco di ghiaccio:la loro ghiacciaia. Infine Nitritino svitò il tappo a una bottiglia di fernet e lo bevvero felici e il nano La culla la Cula muovendo i fili di un pupo siciliano dalle sembianze di un Dangiò con le mani di legno di questo accarezzava il volto di Villa il nano e arrivòpersino a masturbarlo strofinandole sul suo penino e a Nitritino fumati tanti sigari venne la tosse e La culla la Cula diceva che per il fumatore era l'indizio che lo mandava alle ossa. I tre si assopirono nel luogo dormendo lì tutta la notte annusati, compresi gli scarti delle vivande e le bottiglie vuote, da volpi nane color candito all'arancia. All'alba salirono sul calessino di un venditore di giare chiamato Pirlandello e nel tragitto capitò che da un carro pieno di maiali, che viaggiava di fianco a loro, una scrofa per una brusca frenata cadesse dentro una giara del loro carretto e siccome non si sapeva come farla uscire, e Pirlandello non voleva rompere l'anfora, il nano La Culla la Cula introdusse dentro il pupo siciliano e muovendo i fili fece dare uno schiaffino dal pupo Angelo Angioino al maiale il quale sballonzolò fuori dalla porcellana. Pirlandello per ringraziarmi regalò a tutti loro del vino vermentino imbottigliato in una bottiglia vuota di sciroppo alla menta.
   



martedì 11 marzo 2014

Il campo da golf






Villa il nano partito in altri giorni su un treno a carbone giunse a Londra. Era un pomeriggio dalle nuvole Cesazziane (il pittore) a forma di oche, anitre e cicogne pancione, in un circolo di golf dalla spianata d'erba a forma di una immensa vulva di color verde pisello. lì sfidò, vincendo, il culturista inglese chiamato Bigbengym abile in tale sport e zuavato ai pantaloni, bombati e gonfi, altrettanto i suoi coscioni e Lord Ponghellini. Tornò dai campi da golf su una corrierona a dieci piani in compagnia dei due e, assopendosi su un cuscino del pullman, Villa il nano si sognò degli omoni nuotatori, nudi, dal pene rizzato,,il vitino da vespa e il torso gigante tuffarsi dalla torre del Big Ben nel Tamigi per una gara di nuoto. Tra questi c'era il muscolato chiamato Budloneghton, nero di colore della pelle, chiamato BlackBiceps (BicipiteNero), il pugilone massiccio chiamato Strong Stronz, e persino Bigbengym.
Villa il nano sognava di essere a Parigi nei campi Elysi sul taxi del taxista chiamato Lucièn Animaluccièn. All'interno dell'automobile, in sua compagnia, c'era il bambino, minuscolissimo come un ucellino, chiamato Cardellini Libicoco con le ciglia irrimellate di rimmel color cedro e piumoso e con le alette fatte come quelle di un cardellino. Quando viaggiando giunsero davanti alla torre Eiffel il Cardellini volò fin sopra al monumento di ferro e là in alto sembrava un minuscolissimo candito giallo. I due videro poi giovani malefici, certi Deficientoco e Malcarciofo lanciare uova di cicogna contra una bambina detta la Baliona, intenta a dire il rosario con una corona la quale, al posto dei grani, aveva ifilzati dei bomboni fritti e color palude. E la bambina ogni qualvolta finiva di recitare un Ave Maria ne sbocconcellava uno.
Andando avanti nel sogno Villa il nano, fermo al casello dell'ingresso dell'autostrada di Parma, salì sul tir carico di mezzene e guidato dal camionista chiamato Lecheco Calabresiani che spesò il nano in tutto e arrivarono a Barcellona dove nel centro della città una volante della polizia spagnola dalla direna spiegata viaggiava con su l'assassino chiamato il Gallo Nero che aveva ucciso per un regolamento di conti tra spacciatori. Il La Maria(il Marjuana) e il ragazzo pusher colombiano, di carnagione olivastra, fu trovato morto dentro uno stadio da corrida con nella bocca, colante un rigo di sangue, una colomba esangue ripiena di cocaina.
Villa il nano e il minuscolissimo bambino chiamato Cardellini entrando nei corridoi dello stadio a forma di nacchera gigante, videro Il La Maria che a quell'ora si preparava una corrida alla quale doveva matare il toro un torero che aveva cambiato sesso e fu Mario, che ora si chiamava Maria La Mirandella, vestita di un abito a ricami d'oro, una gorgera crespa e un basco somigliante ad un' orecchietta, scortato da tre panzoni nobili-orgogliosi della torera trans-uno dei quali pallido aveva riccioli gialli color e a forma di minuscolissime bottiglie di Cerveza. Villa il nano terminò il sogno regalando alla torera una rosa spinosa dal bocciolo a forma del volto del filosofo Spinosa rossa amaranto come il velo da corrida del Matador.
Villa il nano arrivò a Parma nella chiesa di san Vitalino dal prete chiamato don Trippo dei Panzonirissatardi e, nonostante fosse  stanco del viaggio con il chirichetto nano detto il Topaia,  nella cui cantina dentro i buchi di un toccone di gruviera come in un palazzo abitavano dei topini, partì per Praticello di Gattatico con appresso degli  schioppini mettendosi alla caccia di gatti a forma di elefanti giganti i quali, con le proboscidi pelose, ingurgitavano arvicole e ne amazzarono tre di questi elefanti micioni disarcionando i ragazzi che li montavano chiamati certi Cassata della Cazzata di Tomasi di Lampedusa e Bacetto Perùvagina, il quale, nonostante ferito dal fucilino di Villa il nano, gli lanciò dei cioccolatini Perugina con la ciliegia blu sopra, sui quali incarti erano stampate delle poesie romantiche, dolciastre, ma strambe e sataniche, di poeti tra i quali Rimbaud e Stendhal. Il nano Villa ne scartoffiò uno e nella cartina Stendhal descriveva Napoleone alla battaglia navale di Waterloo sul suo vascello colpito e distrutto dalla palla di cannone della flotta inglese, intento nella stiva ad affettare un prosciutto Parma, coscia di salume simile a quella dell'amante imperatrice d'Austria Marialuigia Naipperna, a sua volta a forma di un labbrone con il rossetto rosso, rosato.
A Praticello di Gattatico i due poi videro cose straordinarie come una lumaca a forma di topo dal guscio giallo a forma di forma di Parmigiano-Reggiano, marchiata dei consorzi, la quale strisciava tra le erbacce tra le quali trovarono un giornalino sbiadito di Walt-Disney con dei topi raffigurati sopra. Nella notte viaggiava su un carro funebre argentato per la Via Emilia quando, all'altezza di Calerno, vide un omone, detto il moviolista degli assassini, vestito di pellicole viola a forma di violette a modi di ricami-con su stampati falli calcistici in area di rigore come simboli del suo indagare al rallentatore le sequenze degli omicidi.
   

mercoledì 5 marzo 2014

Il maiale nero





Che bello quando Villa il nano era andato sulla torre di Sant'Antonio a seguire una gara di corsa di giraffe, palio organizzato dal comitato delle feste ducali, in compagnia di Sussannone Suisissone degli Spazzolini susini, bambolone nano sviluppatosi e gonfiatosi da un neo della mamma chiamata Parmazanea, poi staccatosi dalla pelle di questa a crescita ultimata e scuro come un porcetto nero con gli occhi turchini. Insieme a Sussannone era stato anche a una gara di trote nel gahetto dei lagoni dove aveva vinto quella detta "Trotta Acqua" oppure erano stati a Medesano alle corse di palio dei maiali insieme anche a mio nonno, il cugino Mariemari e il figlio di questi chiamato EttodiProsciettore.

Le vergini




Un giorno Villa il nano incontrò a Parigi lo studente ragazzino chiamato Tresor Dormerdor. Accadde nel collegio delle suore dove questi studiava, diceva le Salve Regina prima di addormentarsi, recitava il rosario e serviva messa nella cappellina della scuola. Nella sera buia e nera Dormerdor infuse una bustina gialla di camomilla pocciandola nell'acqua calda, tenendola per il filo come se fosse una marionetta e gliela offrì nella sua stanzetta non prima di averci spremuto un limone. Chiaccherarono di ragazzine vergini, graziose, che volevano prendere i voti nel convento, certe Mariamariana, Napoleona e Francesca Miranda formose. ma massicce e pallide, dalle vene color marchi sbavati e blu sulle bistecche del macellaio,  e gli occhi cerulei e pacifici come quelli di un lago tremolante sotto la pioggia le quali come sante verginali vivevano già in stanze-gabbie di clausura imprendibili a studenti del collegio certi Rubba e Catturcica, ragazzi meridionali che in modo satanico urlavano perchè quelle ragazzine si prostituissero e queste invece pregavano la Madonna del Carmelo.

Il giallista








I nani Villa e Imbeporcille erano andati in America. A Cincinnati dentro ad uno stadio di Basball comprarono dall'ambulante chiamato Pold due coscioni giganti di pollo fritto e mastodontico. Le divoravano e poi contenti e felici si assieparono sugli spalti di fianco al culturista chiamato Americo. Finita la partita, su una collinetta color gianduia e trapuntta ai contorni di erba verde pistacchio, a Villa che aveva inculato lì il bodybuilder avevano infilato il profilattico al penino due navicelle robot come extraterrestri a forma di piccoli predidenti Lincolm e Washinghton, mentre i nani chiamati Imbeporcille e Ufoghton ridevano come i matti. Dalla collinetta si vedeva il cottage a forma di scolapasta gigante, intonacato color spaghetti al sugo rosso di pomodoro su fondo bianco, dove dormiva il giallista chiamato Cincinnato nel salotto con una grossa cimice posata sulla guancia. Ufoghton si avvicinò al cottage e bussò e un topo addomesticato dello scrittore e con voce nasale chiese se era il venditore di bricchi di latte, poi si avvicinarono anche gli altri Amrico e Villa il nano e Cincinnato svegliatosi li invitò tutti nel salotto dal lampadario, a forma di volto di Simenon, tirando fuori dal bar un liquorino color giallo delle copertine dei suoi libri, dopodichè Americo prese congedo da loro. Villa ed Imbeporcille e Ufoghton i nani furono ospitati a dormire dal giallista nella stanza degli ospiti, infine mentre Villa il nano si assopiva arrivò una navicella ufo d'argento, a forma di minuscola casa bianca come la residenza giocattolo di Kennedy, al cui interno una suoneria trasmetteva l'inno ameriacano. Villa il nano aprì gli occhi e  quando vide il marchingegno extraterrestrico fuggì. Il nano Ufoghton invece dormicchiava seduto  accanto a una scrivania con la testa appoggiata su un giallo di Cincinnato intitolato "La donna sanguina Ketchup".
   



La donna punk



Tornato a Parma Villa il nano girava tutta notte sul taxi del taxista parigino trapiantatosi nella città ducale chiamato Lucillèn Ginesièn, sposato con una donna detta la Parigicula che aveva una pettinatura come da punk, a forma della torre Eiffel laccata ed ingellata e con un grosso ciuffo. Dopo aver viaggiato intorno a Parma per dieci volte si faceva portare a Viarolo in una casa, un rudere disabitato, dove alcuni ragazzi alla bene e meglio avevano aperto un cinema pieno di topi-pipistrelli dalle ali a forma di tortelli. Tornando di notte da Viarolo sul taxi Villa il nano vide la prostituta detta la Segantini che calzava scarpe dai lunghi tacchi a forma di cazzi, mentre dei cacciatori con schioppi davano la caccia all'uccellina detta la Panciurelliera divenuta gonfia e gigante per aver mangiato l'insalata di tutti gli orti della zona ed aver inghiottito comodini, trumau, cantonali, canterani, credenze, cassettoni e delle cassapanche antiche delle case nobili del paese.