Una
notte degli anni ottanta il revisore dei conti della Parmalat, nonché
commercialista, Luciano Silingardi con a fianco Villa il nano sulla
sua auto presidenziale, entrato nello stradello della sua villa di
Cazzola, paese che significa il sesso del pittore Mazzola, ad un
certo momento vide un camioncino in cui i ladri, caricati mobili e
quadri antichi, fuggivano dall'altro senso.
Quella
stessa notte di fruscii di macchine come di velluto, da una trattoria
del paese, con giardino antico e rococò di cedri ed edera
color giallo limone, avvinghiata su tronchi color pelo di cane
setter, in cui si sentiva profumo di volp, Silingardi e Villa il nano
svegliarono l'ancora assopita proprietaria della locanda Lalla
Bertogalla, la migliore cuoca di fagiani del parmense, e il
commercialista telefonò alla moglie Mariagrazia e ai rampolli
Marco ed Andrea, ragazzi pallidi color latte prodotto dalla ditta del
cavalier Tanzi in cui scorrevano, a fior di pelle, delle vene
turchine della loro ricchezza e nobiltà spiegando il furto di
comodini dai piedi intagliati a forma di zampe di leone, e un
frattino con il basamento intagliato a forma di una simpatica
maialina ballerina sulla punta di una scarpetta da danzatrice etoile.
Dirò
che Silingardi era nano quanto Villa il nano, ma portava dei
mocassini con i tacchi nascosti dai pantaloni lunghi.
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