giovedì 27 febbraio 2014

La roulette




Il macellaio nano chiamato Scamone Torchini comprò il biglietto per la partita Parma-Pontremolese in una biglietteria dello stadio Tardini . Fu nella curva gremita di folla, con i bandieroni bianchi e neri crociati che sventolavano gonfi d'aria, che fece conoscenza con due signori magrissimi, certi Stucchetti e Pennellessa, entrambi imbianchini e abitavano in via Pontremoli vicino al torrente. Costoro dicevano di essere degli affrescatori perchè gli aloni della loro pittura bianca prendeva la forma delle figure antiche dei quadri, inoltre lo informarono che passavano le estati, la cui luce aveva il colre dei chicchi di sesamo dati ad un criceto- con lo sdraio e l'ombrellone nel greto della Parma.
Il figlio Marco di Stucchetti costruiva con i sassi e il fango dei castelli meravigliosi riproducenti quelli del parmense e giocava, pinghellando in una pista di sabbia una biglia gigante con dentro la figurina del ciclista Adorni. Tornando alla partita tutti e tre seguivano tra i boati le azioni e i passagi dei calciatori del Parma poi Torchini fu invitato a casa di Stucchetti dove giunse su un autobus color ripieno di tortello di zucca.

 Successivamente Scamone, il nano macellaio, tornò a casa e supino sul letto si mise a leggere la Gazzetta di Parma, più precisamente la cronaca nera, in cui si raccontava di un nano detto il Lattaio Culattone che aveva prima bruciato un marone di un culturista, poi aveva accoltellato, seviziato, squartato e ridotto questo al busto di un moncherino, ad una mezzena sanguigna di manzo e il palestrato si chiamava Ercolone Manzone.
I marescialli Locacio e Merdora con fare calabrese fecereo irruzione di notte nell'appartamento squallido della prostituta detta la Brinosa di fianco a dove alloggiava Scamone che, a quell'ora, dormicchiava e i carabinieri supponevano che la puttana fosse una favoreggiatrice del Lattaio e quasi quasi l'arrestavano perchè avevano trovato nella casa, puzzolente di feci e sborra, un marone inseccolito che però era di toro e regalatole dal macellaio.
Torchino che aveva un non so che di goffo e comico nel suo personaggio tozzo, con delle voglie a modi di chiazze rosse alla Gorbaciov sul volto, viveva sopra la macelleria in via del Taglio ai mercati di fianco all'appartamento come detto di due prostitute e conservava e accumulava delle pile di monete sparse ovunque nel suo alloggio, come frutti dei guadagni della sua beccheria. Così passarono gli anni tra colonnine di monetine raccimolate, partite del Parma e la lettura del susseguirsi delle perizie sul torturato per il quale si voleva far luce nell'ambiente dei beveroni testoteronici dei palestrati, poi si era aggiunto nell'omicidio un secondo indagato detto il Farnesiano.
Nella Parma moderna macchiata da questo misfatto Rosario Villa il nano si stendeva nelle notti di neve dentro alla tomba del Neipper, l'amante di Marialuigia nella Steccata, e leggeva pagine del romanzo la Certosa di Parma, romanzo scritto da Stendhal. Una notte di febbraio mentre lui era intento a leggere cadevano dei fiocconi di neve a forma di gattoni tropicali di Salabaganza, uno diverso dall'altro cioè con tante differenti fattezze. Era una perurbazione venuta dai balcani che ce l'aveva con Parma, città dei topi, facendo cadere questi micioni di ghiaccio che però come un'illusione si liquefacevano appena posatisi sui graniti grigi dei marciapiedi, scoppiando e frantumandosi in mille piume di neve e poi in acqua.

Torchino e Rosario Villa il nano, che vestiva sotto il palandrone rosa di peli di maiale una cotta nera e bianca, partirono da Sissa in automobile e pernottarono in un albergo stile impero a Viarolo. In un letto matrimoniale Scamone Torchino leggeva la cronaca nera inerente gli sviluppi successivi dell'omicidio di un certo “Farnesiano” che era stato trovato con una mano amputata del culturista in tasca.
Rosario Villa inoltre, alzatosi a fumare una sigaretta, vide sulla statale vicino al cimitero due prostitute: la Taviani e quella detta la Pinula che da uomini si erano operate e diventate donne. Mettendo le sigarette in un cassetto vi trovò dentro una mamo mozza dal sangue muffito, forse davvero quella del Manzone, il palestrato. Quando rincasarono nella palazzina di via del Taglio fecero visita alla prostituta detta la Brinosa che trovarono in compagnia di un'altra del giro detta la Viziosa, dei tacchini a spillo, e di un uomo chiamato Cicalo dei Cicalecci che trovarono coricato supino sul letto con un profilattico posato di fianco come fosse ripieno di crema. Quest'ultimo aveva appena fatto sesso con una delle due e su una parete c'era una fotografia di Padre Pio al cui chiodo pendeva un profilattico, questo però già inutilizzato.
In altri giorni Torchino, travestito da prete panzone, con un abito nero e un cappello da monsignore e Villa il nano, vestito con un cappotto color merda di scoiattolo, con ricami cuciti ad uncinetto a forma di cacarelle di topo, furono a Busseto dove sfilavano carri in maschera a forma di pupazzoni di cartapesta con le sembianze di Andreotti, Berlinguer, Mussolini e Matteotti. Durante il carnevale ci fu l'assassinio della Carlette Italiani, vecchietta lesbica. Tra lanci di coriandoli Villa il nano incontrò il nano detto Merendino mentre la Carletta Italiani fu pugnalata perchè fuori di sè e, vaneggiante, aveva urlato che la moglie di Andreotti aveva limonato quella di Berlinguer e quella di Mussolini e poi aveva baciato quella di Matteotti. Infine in una taverna c'erano gli omicidi detti il “Lattaio” e il "Farnesiano che bisbigliavano che dentro detriti e conchiglie fossili dell'acquedotto farnesiano avevano buttato un altro culturista insanguinato detto il “Muscolo delle merde”.

   

giovedì 20 febbraio 2014

Il seminario








Ricorderò quando Villa il nano visse, chiuso in una stanza del seminario, per un inverno intero. In quel periodo lesse molti libri meravigliosi e nella penombra, color merda bigia di pipistrello, e in quei pomeriggi di pioggia, neve e nebbia, risaltavano i volumi giallistici dalla copertina color ottone dell'Agatha.
Alle cinque di pomeriggio, dopo aver mangiato una merenda enzimata, una specie di ostia dolce del forno Barilla, usciva con gli altri bambini, tra i quali quelli detti: Barbabietolo nel Caffè, Barterrone, vestito come Baudleire, con un papillon, ma maleducatissimo, e quelli chiamati Abelo Pecora e Quartirolo Brianzali, quest'ultimo un lumbard che aveva poppato tanto latte dalla mamma ercolessa da scrivere poesie barocche, e se il tempo era clemente giocavano a calcio con i seminaristi nel campo del collegio. Dopo avere giocato si rintanavano nelle stanze singole e ne uscivano alle cinque del giorno dopo perché i pasti, serviti dalle suore, li consumavano lì internamente.
La notte che Barterrone si era impiccato, con un rosario appeso ad uno stipite di una finestra, al nano glielo era venuto a dire Suor Sapone nella sua cameretta. Villa il nano furtivamente fuggì dal convento del seminario nel buio, color pelo di bue, salendo nella notte su un bus, color ripieno d'erbetta e ricamato come un tortello, dal quale in Via Infarinata vide la mamma mammolosa nana che non incontrava da quattro mesi a passeggio stranamente con un'amica rapata come un rapanello, ma il dato di Dio era falso perché era solo una passante e Villa il nano morì, credendolo vero, di un sentimento di tristezza come uno scoiattolo rimasto incastrato in una noce da lui appena svuotata.
Ad attenderlo in Piazza Garibaldi, al caffè Borbone, c'era il poeta francese e surrealista Robert Desnos. come nel sogno fatto la notte precedente da Villa il nano e ragione della sua fuga con il quale bevendo e fumando conversò. Terminato l'incontro Villa il nano risalì su un autobus color ripieno di tortello di zucca e ritornò nella stanza del seminario seminando nel buio un monsignore, vestito di rosso scuro color ciliegia, che lo pedinava. Nella stanza trovò una lettera dell'impiccato in un cassetto segreto di un mobile antico che, infamandolo, lo descriveva come porco nano delle nebbie, sventrato dai norcini, e parlava della sua mamma nana come la madame scrofolosa della petit capital profumata di un afrore al concime, la descriveva come una piccola principessa Sissi profumata di sisso.


mercoledì 19 febbraio 2014

I preti apocalittici





Villa il nano camminava, in compagnia di una donna vecchia, con calcato sulla testa una cuffia. Era febbraio e a Roccabianca, il giorno dopo il martedì grasso, Villa il nano aveva ancora tra le palpebre i coriandoli lanciatigli nella festa in maschera. Entrarono in casa dove la vecchia gli fece vedere su uno scaffale le poiane risparmiate ai fuochi nelle varie edizioni passate dei carnevali e gli preparò i lillà fritti e qualche uovo lesso del suo pollaio. Subito dopo con un grosso salto furono sul lettone dal materasso molto spesso da cui fuoriuscirono piume e Villa il nano voleva palpare la vecchia e farci del sesso perché era stata buona con lui come un'oca, mentre fuori, nel buio, invidiose la donna faina e la donna volpe, amiche della vecchia detta la Giovedia Grassa, battevano le ante delle finestre.
Nell'intimità della casa, sita in via dell'Oca furibonda, strada piena di coriandoli, farina, zucchero a velo e trombette perdute nella festa carnevalesca, il nano e la vecchia si alzarono alle tre di notte e bevvero un caffè, poi si ributtarono a letto.
La domenica che venne Villa il nano era stato invitato a sorbire il brodo con gli anolini nel refettorio della chiesa di San Rocco dai don reverendi chiamati Cosmesi Pomato e Occhiodipernice Pediluvio universale della Pomice e l'aiuto prete dei due, un certo chiamato don Donnone Estetista. Si trattava di un omone ecclesiastico mastodontico come un armadio, dai piedi somiglianti a due zampe elefanti calzati in due morbide zavate, dai capezzoli a forma e giganti come due ananas, e i capelli canuti color ostia e con la voce da tenore castrato, come un cappone di Natale, ed era ingessato come una mummia perché era salito sulla punta della torre campanaria del Duomo per lucidare l'angioletto d'oro e da lì era caduto giù frantumandosi molte ossa.


lunedì 17 febbraio 2014

La cantina




Sul taxi del taxista detto il Tirreno Villa il nano si faceva portare ad Ostia Lido, in una piazzetta a forma di ostia, dove c'erano dei cani bastardi color canditi all'arancia facevano delle gare di corsa. Il luogo era pieno di poveri scommettitori che tenevano i soldi dentro sacchetti di plastica da spesa anziché nei portafogli.
Tornando nella notte sul taxi e sonnecchiando Villa il nano si sognava nella Roma dei Barberini in piazza Navona, addobbata a festa, sempre a corse di cani dopo le quali finiva in una cantina, tombicula e sotterranea, a bere qualche scalfetto di Frascati mangiando pesci che, deliscati, mostravano la carcassa delle lische a forma di minuscolo Colosseo, mentre ancora più nel sotterraneo, dove erano messe in infusione le foglie di carciofo per farne il liquore, era entrato un pipistrello anitra, macchiato alle piume di tanti neri di diverse sfumature, e vi gironzolava un topo a forma di fagiano variopinto alla peluria come questo mentre Villa il nano in sogno faceva lì sesso con il nano detto il Carciofrocio.




venerdì 14 febbraio 2014

L'urina







Ho un ricordo bellissimo da raccontare. Villa il nano nella notte nel 1978 a Perugia, nelle strade buie e nere dai palazzi a forma di cioccolatini giganti e marroni color cacao, sormontati dalla chimera etrusca a forma di cane con le ali, simbolo della ditta Perugigina di cioccolato della città, che entrava in un vespasiano dai coli di urina d'oro e che, pisciando con il rumore dello zampillo della pipì, come una fontanina, faceva venire i brividi anali al poeta dei fanciulli Sandro Penna lì ad urinare anche lui.
Nella notte i mendichini perduti con le fiaschette di vino ridevano dei primi prototipi di culturisti abbronzati, pieni di muscoli e dagli addominali a forma di barrette di stecche di cioccolato.

giovedì 13 febbraio 2014

Castel Sant'Angelo


 

A Roma, in Via Veneto, sul taxi del taxista chiamato Tancredi, sotto il cupolona friccicarella di stelle del cielo, questo conducente raccontò a Villa il nano di avere ricevuto in regalo un pacco di banconote, squadrate e linde di zecca, del valore di un miliardo da un magistrato contento siccome era uscito il romanzo degli Indifferenti di Moravia.
Il taxista che aveva per orecchino un proiettile sparato dalla pistola di Gavrilo Princip contro il re Francesco Giuseppe, lo stava portando in via Lupacchietta Cinaretta Carciofetta, strada in cui nani malefici bruciavano lupe e arrivarono in un locale notturno per soli froci dove, sul frontone piccioni cagassoni a furia di defecare avevano accumulato cacarelle a forma di statue di Romolo e Remo, e dove Villa il nano con l'amico chiamato o detto Fregenio aveva mangiato una torta lievitata a forma di Castel Sant'angelo, e il locale chiamato i Culacci dei re di Roma sovrastava Roma e ben si poteva vedere il mausoleo di Adriano come un bottone gigante che abbottonava la maglia urbana dei palazzi della città.
In un quadro antichissimo, appeso nel locale, era raffiguarato il poeta Valeriano Catullo la scrofola dalla parrucca verde a forma di grosso carciofo intento, su un letto, a coitare con Lesbia a sua volta inculato da un uomo con il volto diavolesco. Tornato a Parma Villa il nano girava tutta notte su un taxi dal cofano a forma di prosciutto rosa del taxista, detto Parmollarscoregge, in compagnia di un bambino giallo dai capelli e con i riccioli a forma di anolotti anolini che sapeva a memoria tutti i libri di Ubaldo Bertoli.

Le stecche alle opere





La mattina seguente Villa il nano andò a lavorare, da garzone coiffeur, nel salone di acconciature del barbiere detto il Cavilletta e lì tingeva ai clienti i capelli di color violetta.
Smontò dal lavoro alle otto di sera e, tornato a casa, si vestì da prostituto con un abito di pelo di caprone, ricamato di araldi a forma dei leoni del Duomo e cuciti d'oro. Sopra un autobus color ripieno di tortello di zucca andò in pensilina a battere fino all'alba insieme ad altri prostituti tra i quali quelli chiamati Aproni, Portaleculo, Troiacapretta, Segasessegatta, Alcebiade il cornuto, Segaculatte e Lattanzio.
Villa il nano portava nel suo biuty dei profilattici, una mano di gomma per masturbare e uno spumone pieno d'acqua per pulire il culo del cliente prima di penetrarlo.
Era il 1921, anno di stecche colossali alle opere liriche, e arrivavano nell'inverno gelido di fianco alla pensilina dei clienti di sesso quali un cameriere del caffè Biffi e un prete chiamato Eternatico, che teneva nella mano un pene lunghissimo e imbalsamato di cavallo. Nessuno dei puttani voleva salire sulla sua macchina, cosicché vi montò su Villa il nano che persuase il don a farsi stimolare da lui quella bardana equina il sedere e non altrimenti il contrario.
Nel viaggio fino alle carraie di Porporano Villa il nano fumava sigarette marca Regine Umbertiche. Il nano detto Rana Porporina apriva il cancello di una camporella nei campi del paese ai due e Villa il nano, raccontando barzellette sul barbiere Pier, penetrava nel mentre il deretano del reverendo ridente e ridanciano.

martedì 11 febbraio 2014

I ladri di Pisa



I ladri di Pisa erano tre muratori magrolini, dai baffetti a spillo, vestiti di abiti bianchi a pizzi con la gorgera a forma di cazzuola, i quali volevano rubare Piazza dei Miracoli smontandone i mattoni ricamati in una notte.
I ladri di Pisa erano ladri di piscia l'uno dell'altro e nei tuguri dei gabinetti della città ladravano con il deretano lo zampillo della pisciata, l'uno dell'altro, e dell'altro ancora.
In un torrido ed arido giorno d'agosto che aveva provocato la secca dei rubinetti e dell'acquedotto avevano mescolato la calce con la loro urina e con questa avevano costruito un padiglione di una galera assai puzzolente di pipì.

Lo schiaccianoci






Nel seicento a Noceto, paese attorniato da Noceti, delle specie di boia eseguivano le condanne a morte con una macchina di tortura a forma di schiaccianoci gigante, e con questo congegno mortale schiacciavano la testa dei briganti e dei furfanti come se fosse una noce.
Villa il nano si sognava, sotto i portici del paese, in un bar seduto intorno a un tavolino dalla tovaglia dorata a bere un bicchierino di nocino rimirando le esecuzioni.

Il Tamigi







Negli anni sessanta, con il nano detto Cappelle dei Letti, Villa il nano era a Londra su un autobus a tre piani color tomato e a forma di pomodorone finestrato, nei pressi delle chiatte sul Tamigi, fangoso ma azzurro anice, stava andando a trovare l'amico nano Piccadelliny in una villetta nei paraggi.
Nell'abitazione dei pipistrelli volavano circolari, formando una corona della regina, e i nani chiamati Lontra, Tamigigio e Polcino nuotavano in un canalone.
Villa il nano e Cappelle dei Letti tornavano nei sobborghi scuri e neri di Londra dove era sito l'albergo su un taxi colore dell'ananas.

lunedì 10 febbraio 2014

Le sigarette




Villa il nano raccontava di sé ad amici, nel 1923, quando a Parigi, nei boulevard e nelle strade di asfalto color tortora, come lunghe penne di colombi grigi, nella casa del poeta surrealista Desnos stavano supini sopra i letti a fumare e Robert, il poeta, le sigarette le spicchiava sopra un portasigarette d'argento a forma di minuscola casba, mentre da un anello-scrigno, aprendolo, mangiava mescalina.
L'abitazione faceva angolo tra due strade laterali di un boulevard ed era sopra una tabaccheria aperta tutta la notte durante la quale, da una porta di servizio interna alla palazzina, sita sulla rampa delle scale, entrandovi, compravano stecche e così fumavano e leggevano sui giornali dell'epoca delle vittorie del pugile detto “Topo Tigre” perché nero come un topo, con un ammasso di muscoli le cui fibre tese gli formavano sulla carne della schiena una testa di tigre con i denti canini all'infuori, le cui fauci sembravano un acquasantiera.
Il boxeur era anche detto il “Butta in fogna”, con i suoi schiaffi dentro i guantoni, perché partorito da una negrona nel paese parmense di Fognano.
Lo zio di Villa, chiamato Gosinoni, appena nato gli aveva regalato pungiboll a forma di mortadella e culatello gigante, rosato, color budello e ripieni di muffa perché si allenasse a praticare la boxe.
All'interno del salone sontuoso del caffè c'era un quadro naif e una minuscola miniatura che ritraeva Villa il nano con mio nonno e suo cugino Renzo Amarie. All'appuntamento estivo con l'annuale corsa del Palio degli Scoiattoli, alla quale concorreva anche una scimmietta che ruzzolando in curva ed era precipitata nella pettinatura all'Umberta banana di Villa il nano.


Il dipinto maccheronico



A Bologna, durante una notte, Villa il nano era entrato in una chiesa in cui c'era una tela dipinta da un maccheronico pittore, della scuola bolognese, raffigurante il Gesuino: uno scrofone grasso e sbodenfio, in croce e di fianco i due maiali ladroni, anch'essi crocifissi addosso ai quali i legionari di Ponzio Pilato scagliavano delle ghiande.

Il sanatorio di Cortina



All'epoca dei fatti Villa il nano era andato a trovare il giovane scrittore Alberto Pincherle ricoverato nel sanatorio di Cortina, dalle cui finestre si vedeva il paese bianco di neve con le piste da sci, a forma di schiena d'asino, sulle quali il nano aveva sciato con il fratello Gastone lì ricoverato per poliomielite.
Nel paesino, minuscolo bignè glassato di neve, la notte davanti la finestra della stanza del mastodontico sanatorio dove Alberto dormiva, Villa il nano fumava una sigaretta dalla brace accesa ed infuocata come un girone del burrato dell'inferno e tutto era bianco meno quel puntino arancino.
Villa il nano raccontava a qualche malato di quando era stato al carnevale di Abbiate Grasso, dove la folla lanciava coriandoli e farina e lui era pieno in faccia di questa roba come un belletto, mangiava dolcetti fritti che gli procuravano il mal di pancia nella merda e già una formella dell' Antelami rosa di marmo di Verona raffigurava su un carro in maschera il grassone Martedì grasso, come un porciolone scrone simile a Buddha e perciò flaccido e cascante di grasso che lanciava sgonfietti ai nani Villa e Cottona con le trombette del carnevale in bocca.




Il chierichetto della Steccata






Su un motorino Piaggio, vestita di bomber, con a un dito un anello a forma minuscola di volto del cantante Vasco Rossi, in cui un microchip interno suonava la sua canzone “Alba Chiara”, la ragazza Melania Chiesa arrivò in città per partecipare alla Fiera di San Giuseppe con su la bambina, detta La Carota, dai capelli color carota, e con le efelidi arancioni dello stesso colore sulla pelle.
Salutate da ragazzini tamarri e punk salirono sui veicoli elettrici degli autoscontri urlando del frocichino a Villa il nano, anche lui alla guida di una delle macchinine.
Scorgendo Melania morsicare una mela a Rosario, a Villa il nano venne in mente un masturbatore di lattice a forma di mela verde con cui stimolava, nel greto del Parma, il pene al nano detto Stecchina, un chierichetto della Chiesa della Steccata con il quale, insieme al prostituto chiamato Anogelido Gelati, andavano in una trattoria di Parma a mangiare e bere del lambrusco Grasparossa, in bottiglie di vetro gialle color formaggio parmigiano-reggiano.
In tempo di guerra avevano fatto amicizia con un partigiano di Medesano chiamato Zanetta, il quale aveva delle fibbie alle scarpe a forma di pistole e il soldato comunista poteva sparare ai tedeschi alzando i piedi nelle macchie dei boschi di Varano Marchesi.
Villa il nano durante le notti di quell'epoca girava per le strade sopra un taxi color lambrusco sgargiante e aveva visto a passeggio una sera lo scrittore Delfini, duca di Modena, con la signora bovini, la sua amante, dalla corporatura simile ad uno dei due brassè e vestita con un abito guarnito di piume gialle di canarino.