Sul
taxi del taxista chiamato di cognome Fantasmatici, dai guanti bianchi
come due lenzuolini di fantasmi, da gran autista maggiordomo, Villa
il nano viaggiava ed arrivava fin dentro a una carraia di
Casalmaggiore dove c'era la trattoria chiamata la “Buca della
mosca” e un certo Moscagatti gli aveva servito dei tortelli alla
suclona.
L'inverno
a Casalmaggiore, nella piazza circondata da palazzi antichi color
semolino, le persone accendevano il falò e Villa il nano con
il taxista stava lì a rimirare il fuoco finché non
arrivò, sul suo motorone, il pittore naif detto il Naiffiga,
il quale sul suo rombo a due ruote fece tre giri intorno al fiammone.
Al
taxista Villa il nano raccontava di aver soggiornato nell'albergo
chiamato la “Morta della mortadella” e in una serratura a forma
di sagoma di chiesa di San Petronio, in cui si girava una chiave
della stessa forma, e di aver spiato due donne meravigliose dalle
dimensioni dei corpi budlosamente muscolati ipertroficamente.
Tutt'e
due sdraiate sul letto si infilavano anelli alle dita dei piedi e una
di queste a una cosciona aveva allacciata una giarrettiera color
fetta di mortadella. Villa il nano disse che a Bologna nel suo
soggiorno aveva frequentato una biblioteca il cui bibliotecario si
chiamava Safforano Bolognoli che, preferendo solo il grasso del
salume, poiché la parte rossa la scartava, era diventato
gigante come Balanzone e questi gli fece vedere un libro meraviglioso
in una pagina del quale era raffigurato il poeta Montale, visto da
nano con i capelli grigi, pettinati all'Umberta, a forma di spazzola,
che somministrava un osso di seppia a un canarino a forma di
minuscolo culturista, giallo piumato dentro una gabbietta, il quale
in un'altra litografia era diventato gigante e gonfio per lo spuntino
marino pomeridiano e fuggiva.
Villa
il nano gli raccontava di un night nella profonda città di
Parigi, frequentato con lo scrittore Proust e quel bambino di mio
nonno, a cui si accedeva attraverso un cunicolo ricoperto da un
tendone, tipo il sottopassaggio coperto dello stadio di San Siro
quando entrano i giocatori in campo, così protetti dai lanci
dei soldini, ad attenderli davanti all'ingresso c'erano maschere di
portieri meticci dalle livree color ciliegia con i gradi dorati alle
spalline, come i bigliettai circensi, ed entrati nel locale notturno
potevano mangiare caramelle pacchiane e bere champagne parlando con
la prostituta chiamata Mirtillona, una nera color cioccolata alla
mandorla, mastodontica con i bicipiti, le cosce e i polpacci gonfi
come sei sette cocomeri, dotata e bardata anche di un pene da uomo
che inturgidiva stando seduta su un divanetto, con una collanina alla
caviglia sinistra, vera attrattiva del night, in cui sui ribaltabili
si bevevano anche filtri e filtrazioni di sedano e finocchio.
Ella
raccontava che aveva viaggiato su un taxi di un taxista vietnamita,
giallo limone, dal corpo pieno di vaioli e cicatrici, e con un
bazooka a forma di chiappa di Kennedy aveva distrutto culturisti
americani, facendo irruzione in una palestra, colpendoli fino a farli
scoppiare con il sangue che schizzava dappertutto come pomodori
spatassati. Il taxista spegneva le sigarette sul petto come facevano
James Dean e il poeta Desnos.
Villa
il nano scese dal taxi davanti al night chiamato il “Lobolone”
dove stava entrando il ragazzo gay Camomillinghton, dai capelli color
camomilla, vestito di un abito color panna montata con effigiati dei
coni gelato al limone ed era accompagnato dal un ragazzo culattone
chiamato Gruvierenghton, dal completo giacca e pantaloni giallo color
gruviera con stampati sulla stoffa i buchi caratteristici di questo
formaggio.
A
Villa il nano, una notte, un signore gli indicò il taxista
vietnamita che ballava sbronzo con la faccia chirurgicamente ancora
più contorta e butterata in un locale notturno di San
Francisco insieme a un trans.
Il
taxista reo di aver sfracellato culturisti afro e japo americani,
color nutella o maionese al limone, appena dopo l'omicidio era
fuggito nell'Arkansas sigillandosi dentro una tomba murata in un
avello. Successivamente l'aveva riaperta con un coltellino e aveva
seguito un percorso interno tra le ossa e la carne marcia dei morti
fino ad arrivare in un cunicolo sotterraneo.
Camminando
migliaia di chilometri era saltato fuori una botola dentro a un
alberghetto sgangherato a Roma chiamato “Romeolo” dove, in una
cameretta, il vietkong si sciacquò il sangue in viso in un
lavandino, riproduzione in miniatura della fontana di Trevi con i
tritoncini in maiolica, poi chiese un passaggio a Albero Sordi, il
quale, guidando, lo portò in una clinica dove venivano fatte
delle plastiche facciali e con un chirurgo si mise d'accordo per
cambiare completamente volto.
Con
il chirurgo il vietnamita andò infine nell'alto Lazio in una
osteria a bere una Cinara. Villa il nano raccontando tutti questi
aneddoti dimostrava che con il passare degli anni, girando su tutti i
taxi della notte, aveva riconosciuto i mutamenti antropologici e le
mode: dai tubinio anni venti, alla rinascita del dopoguerra, ai
pantaloni a zampa d'elefante anni sessanta, le basette anni settanta,
il piumino e le scarpe thimberland anni ottanta, e poi il boom dei dj
anni novanta, il codone, il piercing, l'emancipazione femminile e il
calo della virilità del maschio degli anni duemila.
Come
era successo per il papillon ottocentesco dopo la parrucca
illuminista, dopo la gorgera seicentesca, dopo la gorgera
seicentesca, e riconosceva nell'umanità una scimmia come del
carnevale che si involgeva, giorno dopo giorno, dotta, solo del
presente, dimentica dello ieri.
La
mirabile esperienza ebbe infatti sul taxi del taxista Perassi con il
quale girò per tutti i castelli dei Rossi, dei Landi, e dei
Pallavicino oppure verso quelli Matildici , chiedendo a Perassi, vero
scienziato ed esperto sull'argomento, se i fantasmi si potevano
drogare, bere spiriti e mangiare, e se nei castelli scambiavano
qualche chiacchiera con i custodi, vecchi arzilli canuti con i peli
bianchi fuoriuscenti dal naso, i quali erano degli scommettitori
d'ippica e del Palio di Siena, del quale conoscevano i segreti delle
contrade. L'Aquila per loro era il bicipite femmineo, la Pantera la
mostruosità muscolata, il Montone la scopata e il Nicchio la
clausura.
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