lunedì 9 dicembre 2013

La torre di Sant'Antonio



Con i nani chiamati Salumifico, Maialecimitero, e la pasticcera chiamata Reggiogegigia, l'altone e nasone pittore nonno Sirocchi e il carcerato mastodontico come una armadio, evaso dal carcere di San Franceso e dalla peluria mista color budello di salame e violette fosforescenti, Villa il nano si trovava sulla torre di Sant'Antonio, chiesa sita in Via della Repubblica a Parma, a guardare una corsa di giraffe in un percorso labirintico di strade cittadine cosparse di bula, segatura e trucioli, organizzata dal circolo delle feste e delle sagre parmigiane, corsa nella quale vinse la giraffa chiamata Angiolanolinaria montata dal fantino detto Bambolantelamica, simile al volto della pupazzina con cui andava a letto lo scultore Antelami.
Mentre nella strada festeggiavano la contrada della giraffa, vittoriosa, facendole mangiare tartufi bianchi, l'allegra brigata nella stanza del campanaro, a metà della torre, su un letto fecero delle orge e il nonno pittore Sirocchi metteva il nasone, bislunga erezione di cartilagine, nei culi degli orgiaioli foderando la protuberanza pinocchiesca o bergeracchiana di profilattici di lattice a forma di minuscola torre di San Giovanni.
Villa il nano intanto vedeva da sotto il credenzone antico, dai piedi a forma di zampe di leone, delle frotte di topi piccolissimi come uova di caviale.
Il nonno Sirocchi, il pittore, e Villa il nano, presero un taxi color caco guidato da un certo Water-Melon (Cocomero in inglese) e, passando di notte davanti alla villetta, dalla villa a forma di spumino ricamato, bianco e gigante dove abitava il becchino con la sua famiglia, videro il prostituto nano detto il duca del maialattone morto dalla pelliccia viola-modello Marialuigia e con su il dorso maculato balzanamente un maiale morto, panzone, in panciolle dentro una tomba e guarnito su tutta la coteca di violette, che soleva, pazientando, arrivassero i clienti sulle loro automobili, fumare sigarette, bere spiriti e sgranocchiare caldarroste nel piazzale antistante il cimitero.
Viaggiando passarono anche davanti all'ospedale delle Piccole Figlie, dal palazzone a forma di cappello di badessa, e su un davanzale di una finestra videro un cocorito color giallini varii spumanti e all'interno della stanza un vecchio malato pisciare in un pappagallo.
Villa il nano raccontava al taxista che anche lui aveva fatto il puttano e il suo cliente abituale era il culturista detto Pompone-Acciaio che lo veniva a prendere in Ferrari, gli offriva un benevento in un bar di Baganzola chiamato la “Pecora Culanosa” per poi consumare il coito in una carraia dalle erbe alte e medicinali fuori del paese, tra micioni dai denti canini alla Dracula il vampiro, e vicino a baracche dove abitavano vestiti di giacche a scacchi o a pois, che facevano anche loro sesso nel culo stagno e tonico del palestrato, dalle natiche color cioccolato, abbronzato da lampade di saloni di bellezza da sembrare due uova di Pasqua.
Una notte il palestrato, questo postmoderno Ercole americanizzato del body building, aveva caricato sulla macchina oltre a Villa il nano, anche il nano chierichetto chiamato Pollino Ampollini dalla cotta, con ricami a uncinetto a forma di ampolline da messa.
Il nano detto Il Michela Papapontefiche, dai capelli biondi color limone e il nano detto il Pecoro Lananassa, dal cappello a forma di annasso, a sua volta a forma di testa di pecora e il cappotto di pelo di caprone, il quale nel posto posteriore dell'automobile sgozzò con un rasoio il muscolato, accadde mentre questi guidava con bene in mostra i pettorali grandi come due panettoni e gli addominali a forma di rosone di chiesa, con al centro l'ombelico, molto sexy come una porticina per accedere al refettorio o come un orecchietta o un anolino a metà e vuoto di ripieno. Poi i quattro, dopo aver scaricato il cadavere del palestrato nel luogo, rubarono la macchina e fuggirono fumando sigari utilizzando dei bocchini di ossa di tibie di cani di Canossa. La luna era un enorme tazza di zabaione nel cielo buio della notte.

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