lunedì 27 gennaio 2014

La piena del Po

 

Di quegli anni Villa il nano si ricordava quando, con un barbone miliardario profumato di acqua di Parma, a frore della città, insieme ai chierichetti chiamati Ubaldone degli Ubaldoni e Zizzaniero Zanzarieri, andava a sedersi nel loggione del teatro Regio e se i cantanti lirici, interpreti delle opere, non facevano stecche allora suonava, come due piatti da banda musicale sbattendoli l'uno sull'altro, per applaudire due coperchi di pentole per bollire il brodo del ristorante Leon d'Or.
E poi rammentava anche di un ragazzo deficientino chiamato Timbaldoro che impallinava con un moschetto i colombi di piazza Garibaldi da sopra una torre.
Villa il nano si sognò, inoltre, di arrivare a Siena in un tramonto pieno di cirri e nuvole, color e vino chianti, e l'indomani seguire il Palio dentro un bicchiere di Coca Cola, color rossa mattone di Piazza del Campo, cotto nella fornace, come se le bollicine fossero una scia gassosa a forma di cavalli e fantini, in corsa in quel Palio, e poi partecipando a una festa di fantini chiedere ad uno di questi, il gobbo, chiamato Santinelli, l'autografo da quest'ultimo vergato con una vipera schizzante siero perciò tenuta in mano come una penna stilografica.
Poi, nel sogno, tornato a Parma in Oltretorrente, alla trattoria chiamata Padre Linetto, Villa il nano andava a commentare la corsa con uno scommettitore, un uomo dai denti lunghi come un cavallo, con la risata come il nitrito di questi e vestito di spolverini da fantini d'ippica a pois, a scacchettoni o a strisce, oppure con stampate le balzane delle contrade.
A volte si sognava di essere sul taxi del taxista chiamato Cucuriabitaceo, ai tempi della denominazione austriaca, sbucato fuori da un confessionale della chiesa della Steccata un topo ratto bislungo con la peluria sotto le orecchie a forma di favoriti tipici dei soldati austriaci e così pensava che nel Gran Ducato di Parma anche i topi erano comandati da Radesky.
Villa il nano si sognava come in un diluvio universale nella piena delle acque del Po, color caffelatte, che avevano sommerso fino al campanile anche una chiesa, color melone, e lui vi galleggiava con un salvagente a forma di culatello plastificato insieme ai cugini di cognome chiamati Pernani e Nanetti e di nome Pernacchietto e Perno, e fluiva sul fiume un crocefisso di legno disperso della chiesa, color popone, e nei fondali sguazzavano bisce d'acqua a forma di salami.
Infine, nel sogno, il taxista, leggeva una meravigliosa poesia di Leopardi in cui il poeta si descriveva brutto, con la protuberanza della gobba, come una palla gigante di gelato sul cono della colonna vertebrale, a rimirare la figlia dello stalliere di Recanati chiamata Silvia riflessa da una allodola mentre era intenta a truccarsi e a darsi il rossetto.
Il taxi passò nel sogno per la periferica via Mentana dalle altissime e foltissime piantine di menta sui marciapiedi e Villa il nano poté scorgere di sfuggita dentro a un appartamento i quadri appesi dipinti dal pittore detto Nerone che raffigurava sempre nelle sue tele notturni bui.


mercoledì 22 gennaio 2014

Il borgo Antelamico




In un borgo Antelamico, dai palazzi di marmo rosa di Verona, su cui erano scolpite formelle, Villa il nano entrò, una sera, dentro una torrefazione dove bevve un caffè e mangiò una madleine, a forma di piede di una Dea, e vide il nano chiamato Cazziodoro giocare a un flipper a forma di tombone, luminoso di luci color larve, nel quale, giocando, faceva schizzare, impazzita, la pallina a forma di teschio minuscolisssimo.
Villa il nano, nell'estate di quell'anno, stette a gozzovigliare a una tortellata di San Giovanni in un giardino di una casa di Fontanellato finché non cadde la rugiada, come goccioloni gonfi e turchini, da un contagocce di un boccetto medicamentoso.
Con i nani chiamati o detti Cicognocco Cignocco e Cicognocolana andavano invece a scoparsi nel bagno della trattoria di Baganzola chiamata “Il culo goloso”, dove mangiavano fettone di tortafritta a forma di deretano.
La notte nel locale le zanzare imprigionatesi dentro alle lampadine dei lampadari vi sbattevano, come la pallina di un flipper, e la luce gialla si macchiava di schizzi di sangue fuoriuscente dai pungiglioni, poi Villa il nano, vestito di una maglietta marca del coccodrillo africano, in compagnia di questi leccava un gelato Tanara con la lingua gonfiolina simile ad una castagna di color fragola.
Tutti i sabati della stagione invernale Villa il nano, con i suoi amici, andava a mangiare nella trattoria, poi nella nebbia, idrometeora di goccioline d'acqua microscopiche sull'utilitaria a forma di oca bianca, ricamata e guidata da Cignoco, e ogni volta che uscivano nel nebbione dal paese, costeggiando il campo sportivo dove i giocatori manco vedevano il pallone, succedeva loro di vedersi attraversare la strada da un gattone a forma di piccola botte, color rosso lambrusco, sgargiante come le paratie o i paramenti sacri.
Villa il nano raccontava della nebbia a Milano negli anni sessanta e dell'albergo a forma e del colore della bottiglia di amaro Ramazzotti, sul cui palazzo era stampata persino l'etichetta e in cui viveva l'allenatore del Milan Rocco.
Nella notte passando in auto con lo zio Gosinoni dopo essere andati a vendere scarpe di Vigevano di magazzeno vedevano le finestre scure come l'amaro e il Paron stava dormendo.

venerdì 17 gennaio 2014

L'orsone





Con il nonno pittore Sirocchi, dal nasone lunghissimo e ricamato da porri a forma di fronzoli rococò, un prete elettricista interruttore dell'aldilà e un don ubriachello chiamato Divino Santinelli Fiaschi, Villa il nano, sceso dal taxi del conducente, chiamato Ozanna Cinghialo, salì su quello del taxista chiamato Nurserio Cicogno che li portò in territorio reggiano.
Il taxista era pieno di motti e facezie e il più bello degli aforismi era quando esclamò che ai topi piace il formaggio, ai barboni il vino e ai bambini la panna montata. Villa il nano sul taxi raccontava del presidente della Juventus, chiamato Abbacchiagiannello Pecorelli, portato in trionfo insieme ai giocatori Cuccurucuccagneddu e Beltega per lo scudetto del 1977 su un utilitaria della ditta automobilistica torinese, nei caroselli di automobili su tutti i corsi del centro, a cui partecipava anche Villa il nano su una cinquecento a forma di fiasco guidata dal meridionale chiamato Roseolo, operaio della Fiat e addetto all'assemblaggio delle autovetture.
A Villa il nano che si trovava a Torino il giorno della tragedia di Superga, avevano raccontato che un seminarista di fede juventina aveva messo un cappello bianco quasi argenteo o madreperlaceo da gran dama torinese della signora Agnelli, madre del padrone della “Signora” nel congegno dell'altimetro dell'apparecchio su cui volava il Grande Torino provocando la strage.
Ritornando al taxi fecero un giro anche a Colorno, paese allagato dal colore giallo Parma versatosi in gran quantità dai contenitori e con il quale gli imbianchini dovevano tinteggiare la facciata del Palazzo Ducale. Infine incrociarono una volante della polizia sulla quale avevano arrestato un puscher di oppiacei chiamato Cuorano Maiallah.
Tutti sul taxi ridevano dei racconti di Villa il nano. di quando, per esempio, aveva campeggiato nei boschi degli Abruzzi dormendo in tenda con un orsone marsico come se fosse un peluche gigante.


martedì 14 gennaio 2014

Santa Lucia



Tutte le estati, appena finiva il caldo torrido del ferragosto, c'era il Palio dell'Assunta del 16 agosto a Siena, dove Villa il nano andava a seguirlo, questi cominciava a pensare all'inverno favoloso di neve, di fiamme di camini e fuochi nei greti e pensava alle sue feste: quella dei morti e di Sant'Ilario con le cialde glassate a forma di ossa e di ciabattine.
Per Natale, quando andava dallo zio Gosinoni a scegliere il cappone da strozzare per il brodo con gli anolini, e anche il carnevale e per tutto l'inverno, girava di notte su taxi color cammeo da pagare la parcella municipale sul tachimetro al conducente con pittori a turno quali: lo spirlungone Valeo, il Sirocchi, il Barili e il Carmignani, che il 3 novembre si erano dati appuntamento anche con lo scrittore Proust, insieme a quel bambino di mio nonno, per mangiare dei pasticcini a forma di tibie, sorbendoci insieme thé al tiglio, oppure in un ricordo remoto Villa il nano era sul greto della Parma, davanti a uno dei fuochi accesi in fila, attorno ai quali dei pupattolini festeggiavano il carnevale e a uno di questi, che voleva bruciare il burattino Fagiolino, sparò con una pistola ferendo Villa il nano che conosceva il bambino perché il rampollo della famiglia dei Conti chiamati con tre cognomi, quali: Salino Saltacchino, Salsignore, e il Bambino, aveva in testa una saliera e un vecchio cieco affermava che tali condimenti simboleggiavano il messia.
Il sale e il pepe l'ascensione, l'aceto la croce, e l'olio il peccaminoso perché l'unguento multierbe. Invece il Natale Villa il nano lo passava insieme alla mamma mammolosa nana, agli zii chiamati Gosinoni, ai pittori Valeo e Sirocchi, a sorbire brodo con i galleggianti ripieni di carne mestolati dal cameriere scimmia chiamato Cicalesse che portava in tavola anche dei cotechini, a forma di putti correggeschi, e per contono crauti, spinaci e cavolini di Bruxelles che sembravano i festoni della camera di San Paolo dentro cui erano dipinti. Dovevano fare presto a mangiare e scartare i regali sotto l'albero. Il cameriere doveva essere svelto a sparecchiare e a lavare i piatti perché poi partivano per Torrile dove avrebbero aspettato la mezzanotte dal vecchio panzone chiamato Gigioneggione Leonetti Grassi, in uno scrofodromo antico romano e in disuso dove, anticamente, i maiali correvano corse e dove all'interno era sita la sua casa, dal cancello con su ai pilastri scrofe leonesse di marmo mangiarono il panettone e bevevano una malvasia con il tappo a forma di messia del Correggio che, stappato, ascendeva al soffitto e lo zio Gosinoni, conte Maialoni, e duca Maialoffi, esclamava che era la festa di Gesù.
La mamma mammolosa del nano parlava della resdora pramzana Lina che aveva preparato gli anolini e il vecchio Leonetti Grassi di Bistecchetto, il macellaio da cui aveva comprato l'arrosto guarnito di rosmarino dalle bacche a forma di minuscolissimi limoni.
Poi fuori cominciò a nevicare e partiti per ritornare a casa vedevano un bagliore giallastro nel cielo come nella cupola del Correggio, infine passarono per la stazione dove aspettavano di partire dei viaggiatori su taxi color melone, mughetto e prosciutto.
Fatto esilarante successe a Villa il nano per un'altra festività invernale, precisamente per la festa della luce altrimenti per Santa Lucia.
In una palazzina del centro di Parma a tre piani dove a ogni finestra, in una notte di gelo e di neve in cui la luna era un bif al limone, i nani Villa, Nonantola e Melanio aspettavano la Santa che doveva portare loro i doni ed esclamavano: “adesso arriva”, ma quella non giungeva mai. La mamma mammolosa nana di Villa il nano si era messa d'accordo con gli astuti pittori Sirocchi e Valeo, i quali, nel cortile dietro casa, avevano spremuto tempera turchina su stronzi d'asino come per simulare che era arrivata la Santa cieca sul suo asinellino che, stando ad un'antologia infantile defecava degli occhi blu della Santa del 13 dicembre e così i tre bambini credettero fosse arrivata nel retro dove le mamme avevano depositato i balocchi.
C'era una maglietta del Cesenatico calcio con per stemma una chiesa a forma di natica il cui portale era a forma di perizoma a sua volta a forma di cavalluccio marino, un topo della dinastia delle arvicole che avevano spaventato gli elefanti di Annibale e tante cavie dagli organini al loro interno a forma minuscolissima di monumenti di Parma: il fegato a forma di Certosa, il duodeno di teatro Regio, il pancreas di Pilotta e via dicendo.

Lo scienziato



Villa il nano aveva un amico scienziato detto Coperchioni colore di pentola il quale, con un telescopio e una sonda, individuò sulla luna le ossa di Cristo, asceso mille anni prima, e questi chiese allo stato americano una navicella per andare a prelevarle su Selene.
Tutto il viaggio spaziale degli archeologi che testarono le ossa con reazioni chimiche al carbonio per datarne l'età fu ripreso dalla tivù mentre i nani Pigmessia e Villa videro specchiarsi sulla luna una cantina, con relativa scala di scantinato, per accedervi nella quale il nonno nasone pittore Sirocchi annusava tocchi di formaggio a forma di seghe del falegname Giuseppe, padre di Gesù, e un topo lunghissimo, vecchissimo e re checca del regnum murum li grattugiava con i denti e aveva soprannominato il pittore la “Nasa casearia”.
I Tre Villa, Pigmessia, e lo scienziato, mangiando mansolone lesso, blu con vene azzurre, che Cristo per ascendere in cielo aveva ingerito una radice che toglieva la forza di gravità che nasce sulla luna, dove, appunto, non si sta attaccati al suolo, e i cui semi caduti e germogliati nel Sinai aveva trovato Gesù.
A quell'epoca passò sulla via Emilia un tir vetusto con montato un enorme tendone. Era il circo del calcio e al suo interno si potevano vedere tanti assi del pallone, tra i quali Piola, Meazza e Libonatti che palleggiavano tarocchi, o ancora più da giocolieri bicchieri pieni di aranciata senza versare il liquido arancione fuori.
Villa il nano ai bordi della strada, nei pressi di Pontetaro, piangeva di gioia e si ricordava quando a San Siro, prima della partita, si era fatto spolverare le scarpe da uno sciuscià e il circo si allontanava lungo la strada mentre il cannoniere Boniperti, all'interno, dava un calcione a una donna cannone che carambolava fuori,la quale poi risaliva sul camion in corsa.

sabato 11 gennaio 2014

Gli ippopotami





Il nano Begoradoro portò a Villa il nano delle caciotte di pecorino, a forma di monete spesse e giganti, e gli raccontò del gelo del 1901 che ammazzò un gran numero di barboni riversi per terra morti con la fiaschetta piena di ghiaccio rosso.
Begoradoro raccontò inoltre che alle foci del Nilo, sotto una cascata, da un anfratto di una pietra, uscivano degli ippopotami con su dei fantini che correvano a una gara sul limo d'oro.
Stelle a forma di miss, macie e muscolose, cadevano lasciando delle scie di luce a forma di serpenti nel cielo e rimbalzavano sui dei gonfi cavalli di fiume. Al fantino parmigiano chiamato Brodo Brudito un avvocato offrì un grande banchetto con damigiane a forma di dame, con il bacino sbodenfio, ripiene di ottimo vino della Lunigiana.
Tutto ciò, raccontò il nano Begoradoro, nell'abitazione di Villa il nano vicino al Duomo. La detta casa era color feccia di thè dagli atri affrescati con dee, putti e cacce varie, e al suo interno sulle volte del soffitto c'erano affrescati come le copertine di libri gialli, con scene di omicidi parmigiani.
Il più bel dipinto era l'assassinio compiuto dalla ballerina Miroslava la quale, con una scarpa dal tacco a spillo a forma di coltello, aveva pugnalato l'amante industriale Mazza raffigurato con volto a forma di muso di martora.
L'allora sindaco di Parma, Lauro Grossi, indignato guardava la scena. Tutti i delitti erano ben simboleggiati dai gialli di Parma dal colore della malvasia, del formaggio, del brodo, dei palazzi.
A Villa il nano Begoradoro regalò un cammeo giallo Parma, a forma minuscola di palazzo ducale di Colorno, che il nano Rosario infilò nel mignolino, ditino gonfiolino come uno zampinino di zampone.
La notte i due dormirono e Villa il nano si sognò, nel sanatorio di Cortina, tutta imbiancata, siccome era malato, che lo veniva a trovare un cardinale peruviano minuscolo come una donnina, dal volto a palla scuro e le labbra color caco, con calcata in testa una bombetta color porpora, il quale gli veniva a dire che se fosse morto, anche se era già in atto sulla pelle la desquamazione furfuracea delle macchie rosse color vino fragolino sfumanti in colore dell'aperitivo Bellini, e l'abbassamento della febbre altissima, sarebbe stato santificato e come per il giorno di Sant'Ilario le pasticcerie avrebbero venduto delle cialde glassate con il suo nome.
Sognava, una volta uscito dall'ospedale, di essere aspettato fuori dal cancello da un taxi con su lo zio Gosinoni, il quale, vestito di un cappotto di coteca di maiale, aveva un cappello guarnito di palle di Natale luminose.
Mentre viaggiavano per Cortina e vedevano un lago dallo strato ghiacciato trasparente e color diamante sotto il quale guizzavano delle trote verdi, dove invece, muniti di pattini, pattinavano un gatto soriano color cappuccino e la nana Angelilla dai capelli gialli color liquore di Benevento.
Sul taxi, tornando a casa, e passando per Asiago lo zio Gosinoni volle fermarsi con Villa il nano in una locanda a mangiare un toccone di formaggio Asiago.

venerdì 10 gennaio 2014

Il comico Boldi





Villa il nano, negli anni ottanta, guardando i film demenziali di Vanzina, Pieraccioni e De Sica il figlio, si sognò che Pasolini avrebbe girato un film intelligente sul paese di Gorgonzola facendo recitare l'attore Boldi che avrebbe mangiato una fetta di gorgonzola a forma e stampata come una banconota emessa dal banco di Roma di Giolitti.

Il ponte Caprazucca



Il nano detto il Nea del Pecoraccio faceva sesso sotto il ponte Caprazucca con Villa il nano, il garzone barbiere chiamato Cavillo Anolanosi, e il barbiere detto Umberta re.
I nostri nel greto si facevano calare mastelle di tortelli di zucca o al ragù di capra ancora fumanti da qualche cameriere di servitù all'Hote Toscanini, poi nel buio, quando arrivavano gli altri pupattolini prostituti nani, chiamati Bela Bela, Belè, Belasio e Tortellefono, riscaldati da qualche falò, li mangiavano, giocavano con burattini a forma di pongoni e sventolavano bandiere del partito comunista color lambrusco.
Il Bela Bela aveva una copia maccheronica della Gazzetta di Parma, la cui testata era intitolata “La Gassosetta di Parma” con stampato un bellissimo articolo sul ciclista Adorni, vincitore al Giro d'Italia.
I nostri risalivano le balaustre del torrente e camminavano sullo stradone fumando pipe olandesi lunghissime e si dirigevano al Petitot. Bela Bela-dindolante il suo campanellino al collo come una pecora-si soffiava i moccoli a forma di feti di uccellini in un fazzoletto di seta ascolano a strisce bianco e nere.
Da una finestra del casino Villa il nano vide passare il barbone miliardario detto il Capranera, profumato di mille afrori e con dei mazzoni di banconote flosce e penzolanti come pesci dalle tasche.
Il nano Bela Bela appunto per le feste aveva invitato Villa il nano a mangiare gli occhi di pecora lessi nel risotto al pecorino e per dolce Moretti Sammontana a forma di volti di marocchini che il nano trovò prelibatissimi come erano pieni di liquore e che il padre di Bela Bela aveva portato dall'industria Italgel dove passava le notti, lavorando da operaio, a produrre i bif e dei coni gelati.
Il padre offrì a Villa il nano uno di questi bif dal ghiacciolo a forma minuscola di Petitot e alla vaniglia, poi mangiarono il panettone della marca “Mammotta Mammandorlata” e bevvero dell'Asti Cincinzano.

martedì 7 gennaio 2014

La mora





Sull'Alfetta guidata da Pasolini Villa il nano vide davanti a una raffineria di petrolio dalle ciminiere fumose la Grigia, una lucciola del “palazzo”, la quale mostrò ai due che passavano in automobile un preservativo con la cappella terminante a forma minuscola di volto del politico Giulio Andreotti.
Stavano andando da Roma a Parma a mangiare al Leon D'or dove desinarono un brodo, in compagnia del nano chiamato di nome Gabbatolosanto e di cognome Mora, bambolone nato da un neo nero e morbido come una mora sulla pelle di una parmigiana del sasso chiamata Parigina Anoldor.
Dal punto nero si era sviluppato come un neonato nella placenta e a crescita ultimata si era staccato e nero come un frutto di bosco, con gli occhi turchini, per i quali assomigliava alla madre e sorbiva con un cucchiaio d'oro il brodo color broccato specchiandosi nel liquidi come un africano nero e gli occhi blu tingevano di blu la carne del ripieno fuoriuscente dagli anolini e questi era parecchio birichino come quando aveva rubato ciabattini confezionati nella moda di Ilario di Poitier dal calzolaio detto Puzza di Mastice.
Poi in tavola era arrivato il mansolone lesso, stopposo e cordato di fibre, come il canape del Palio di Siena, spettacolo che tanto piaceva a Villa il nano e i tre lo sbaffarono con le salse e gli acetelli. Parma era linda e provinciale e il sole pacchianamente antico come i gialli del Parmigianino.
Prima che finissero di cenare passò la Parigianina con un amica molto checca e rideva e rideva prendendo in giro il figlio che a sua insaputa era nel locale con Villa il nano e Pisolini. Poi i risolini come tintinnii di posate d'argento si allontanarono e Mora emulò la firma dell'omonimo calciatore del Parma e Felinone il cuoco mostrò una foto autografata del giocatore e dedicata al ristorante e disse: “è uguale”.
Poi disse: “come starà giocando Bruno al Tardini e cosa staranno facendo gli animali allo stadio”. Molte volte le pantere dei gladiatori sono le loro mamme.
   

Gli scherzetti







In piazza Navona, dall'acciottolato fatto di porfidi a forma di volti di pittori che avevano lavorato a Roma, c'era anche quello del Panini, pittore oggetto di scherzi balzani da partedi nobili che lo chiudevano in abitazioni piene zeppe di gatti soriani, ma anche di torroni, e questi terrorizzato in quei pomeriggi sentiva fuori il clac, clac degli zoccoli dei cavalli dei calessi e il nobile arrivava dopo un'ora ad aprirgli una porta di servizio secondaria per liberarlo.

La torre degli asinelli






Con il nano detto Candelo Annunciata, nell'anno gelato del 1913, un anno ammazza barboni, Villa il nano aveva fatto un viaggio sino a Bologna. Davanti a San Petronio, chiesa rosata color mortadella, dalle guglie a forma di siluri di questo salume, aveva catturato un topo, metà maialino minuscolissimo, chiamato Zamponino, ed era poi andato a mangiare con un nobile sulla postazione della torre degli asinelli.
Il topo si era intrufolato nelle lenticchie e siccome minuscolo come quelle era stato ingurgitato e poi defecato e così lo cercarono per tutta Bologna, dalle torri delle chiese a forma di zamponi finché non lo trovarono in una discarica di una fogna nel Reno ancora vivo.

L'ascensione





Villa il nano prese un taxi e passò davanti al liceo artistico Toschi dove, nella notte, vide negli abbaini dello stabile dei giovani studenti pittori, con piume alla testa, dipingere, copiando, modelle nude, e uno di questi aveva dipinto il quartiere dei cinema morti e in rovina di Parma dalle insegne ormai fioche e mutilate di qualche lettera.
Guardando una insegna del nome della sala di proiezione riconobbe Mammuriumidità, ottimo affrescatore e Parmammolone, strabiliante pittore naif della domenica. Il Testa Quadra di Reggio, un nano pittore vestito di un montone tinto color rosa dentifricio, andava a notte fonda a fare il puttano in pensilina e, smontato dalle Ferrari color maionese dei clienti di sesso, andava poi a lavare le turche, dopodiché svolgeva durante la mattina il mestiere di garzone di barbiere, dormendo tutto il pomeriggio fino alle otto di sera in una cantina piena di topi, orario dopo il quale frequentava una bottega dove dipingeva soggetti per cupole, poi ricominciava gli altri mestieri e così ricominciando aveva il portafoglio pieno, il frigo pieno di malvasia, e tanti tortelli da mangiare.
Villa il nano insieme a lui andava di notte nei quartieri dove a Parma si mangiavano anolini e il Testa Quadra gli apriva, con dei chiavoni a forma di testa di capponi, abitazioni mentre i proprietari russavano sotto le coperte e gli mostrava le sue cupole dipinte.
Quella del topo ascendente fuggitivo da trappole, colle e gatti saltanti per afferrarlo, quella del gatto da cani inferociti, quella del messia a cui legionari di Ponzio Pilato gli lanciavano fichi, quella di un barbone che sullo Space Seattle di un tappo sospinto dal gassissone dell'anidride carbonica del vino saliva su Pluto e quella di un maiale che si librava per mezzo di una scoreggia lasciando sotto dei norcini con le lame.
Lo stesso Testa Quadra quando morì, dopo tre ore, risorse e ascese in cielo. Un anelo soldato bellissimo tanto femmina da apparire mostruoso, il quale sentinellava nel cimitero non riuscì a vederlo uscire dalla tomba, ma arrivò davanti alla pietra tombale trovandola già scoperchiata.
Villa il nano stava festeggiando un festino, a base di ciccioli e sauvignon, con pittori in un abitazione antica tra i palazzoni immensi dei conventi di suore del centro e vide salire il pittore in cielo, mentre al ristorante Canon d'or con il bollitore del brodo più simile ad un cannone d'arsenale sparavano in cielo cani d'oro lessati e questi però ricadevano giù.