Di
quegli anni Villa il nano si ricordava quando, con un barbone
miliardario profumato di acqua di Parma, a frore della città,
insieme ai chierichetti chiamati Ubaldone degli Ubaldoni e Zizzaniero
Zanzarieri, andava a sedersi nel loggione del teatro Regio e se i
cantanti lirici, interpreti delle opere, non facevano stecche allora
suonava, come due piatti da banda musicale sbattendoli l'uno
sull'altro, per applaudire due coperchi di pentole per bollire il
brodo del ristorante Leon d'Or.
E
poi rammentava anche di un ragazzo deficientino chiamato Timbaldoro
che impallinava con un moschetto i colombi di piazza Garibaldi da
sopra una torre.
Villa
il nano si sognò, inoltre, di arrivare a Siena in un tramonto
pieno di cirri e nuvole, color e vino chianti, e l'indomani seguire
il Palio dentro un bicchiere di Coca Cola, color rossa mattone di
Piazza del Campo, cotto nella fornace, come se le bollicine fossero
una scia gassosa a forma di cavalli e fantini, in corsa in quel
Palio, e poi partecipando a una festa di fantini chiedere ad uno di
questi, il gobbo, chiamato Santinelli, l'autografo da quest'ultimo
vergato con una vipera schizzante siero perciò tenuta in mano
come una penna stilografica.
Poi, nel sogno, tornato a Parma
in Oltretorrente, alla trattoria chiamata Padre Linetto, Villa il
nano andava a commentare la corsa con uno scommettitore, un uomo dai
denti lunghi come un cavallo, con la risata come il nitrito di questi
e vestito di spolverini da fantini d'ippica a pois, a scacchettoni o
a strisce, oppure con stampate le balzane delle contrade.
A
volte si sognava di essere sul taxi del taxista chiamato
Cucuriabitaceo, ai tempi della denominazione austriaca, sbucato fuori
da un confessionale della chiesa della Steccata un topo ratto
bislungo con la peluria sotto le orecchie a forma di favoriti tipici
dei soldati austriaci e così pensava che nel Gran Ducato di
Parma anche i topi erano comandati da Radesky.
Villa
il nano si sognava come in un diluvio universale nella piena delle
acque del Po, color caffelatte, che avevano sommerso fino al
campanile anche una chiesa, color melone, e lui vi galleggiava con un
salvagente a forma di culatello plastificato insieme ai cugini di
cognome chiamati Pernani e Nanetti e di nome Pernacchietto e Perno, e
fluiva sul fiume un crocefisso di legno disperso della chiesa, color
popone, e nei fondali sguazzavano bisce d'acqua a forma di salami.
Infine,
nel sogno, il taxista, leggeva una meravigliosa poesia di Leopardi in
cui il poeta si descriveva brutto, con la protuberanza della gobba,
come una palla gigante di gelato sul cono della colonna vertebrale, a
rimirare la figlia dello stalliere di Recanati chiamata Silvia
riflessa da una allodola mentre era intenta a truccarsi e a darsi il
rossetto.
Il
taxi passò nel sogno per la periferica via Mentana dalle
altissime e foltissime piantine di menta sui marciapiedi e Villa il
nano poté scorgere di sfuggita dentro a un appartamento i
quadri appesi dipinti dal pittore detto Nerone che raffigurava sempre
nelle sue tele notturni bui.