Nel
1910 al trentenne bambino, futuro scrittore Albero Moravia, vestito
da pupattolo coloniale, a spasso con la madre mastodontica matrona di
Ancona, si trovò a Roma in una giornata di scirocco profumato,
illuminato da un sole a forma di ananas, mentre delle scimmie,
arrampicatesi sui palmizi, lo salutavano discendevano gli scalini di
piazza di Spagna, scalinata dalle statue di marmo scolpite a forma di
Papi e inforcati alcuni vicolini, apparve nella vetrina di una
minuscola libreria la copia delle illuminazioni di Rimbaud, nel cui
libro si parlava del poeta in Africa, il quale, fumante in pipe a
forma di trombe dell'apocalisse erbe oppiacee, viaggiava su cammelli
panzoni con dei beduini dagli occhi turchini e scintillanti come
stelle, con le tuniche fatte di puntini rossi marocchino, avanzanti
nel deserto. Una immensa torta lievitata al Pan degli Angeli-lontana
la scia dei calpestii delle zampe della cammellata.
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