Negli
ultimi anni dieci, a Parigi, posati sulle verdi acque della Senna,
c'erano bar-barconi a forma di cigni, cicogne e madleine. Mio nonno
bambino, Villa il nano, con lo scrittore Marcel Proust, andavano a
bere il caffè leggendo le pagine di ippica, sport, letteratura
e politica. Guardavano in fondo ai boulevard e in uno di questi era
sito un minuscolo night alla cui saletta, quella degli spogliarelli,
si accedeva per mezzo di una scaletta dai pioli a forma di chicchi di
caffè giganti.
La
moquette e le pareti erano di colore caffelatte e allo scoccare della
mezzanotte nel locale ballava una ragazza delle Antille Olandesi,
scura cioccolata alla carnagione, dotata di un pene da maschio,
esageratamente e ipertroficamente muscolosa, vera attrazione del
luogo come la donna baffuta e barbuta delle giostre del luna-park.
Per
lei avevano perso la testa industriali, ragazzini, deficenti
giocatori di flipper, stallieri di cavalli d'ippica e qualche
lesbica. Nel locale si poteva parlare con le entrenuose tra le quali
la ragazzona dai bicipiti grossi come sei cocomere mentre negretti in
divisa rosso ciliegia, con i gradi dorati alle spalline, portavano
spumanti e caramelle pacchiane.
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