Villa
il nano, una notte della sua vita, la passò in un night sito
sulle colline torinesi, pieno di donne, in cui su delle poltroncine
aveva bevuto un intruglio. Si era trattato di un frullato di sedano
con Gin consumato insieme al calciatore del Torino Gigi Meroni che,
transgenico qual era, si divertiva camaleonticamente a tramutarsi in
ragazza.
Nel
locale una delle graziose entranouse mostrava dei piedi femminei
meravigliosi e dei polpacci sviluppatissimi.
Era
una notte di ottobre e le colline avevano erano provviste di aureole
di nebbia come gobbe di santi e da giù si poteva scorgere
Torino nella notte.
Meroni
indicò a Villa il nano, dall'alto di quella località,
nel traffico della notte, in un corso della città, una
macchina guidata da uno ragazzo zazzeruto e studente di
giurisprudenza; si trattava di un certo Attilio Romero e rise con
lui.
Villa
il nano continuò a frequentare questo calciatore, il quale
passeggiava nelle strade del centro con una gallina al guinzaglio,
ora ragazzo barbuto, ora imberbe, ora ragazza, nelle trattorie calme
della bella Torino, sui corsi che costeggiavano il Po, dove
mangiavano bagnacauda e pappardelle alla lepre.
Negli
anni cinquanta, Villa il nano, si divideva a fare il garzone nelle
barberie di Parma e Torino, gestite rispettivamente dal grande
coiffeur Tosi e Molè, e aveva clienti frequenti e abituali
come il nano Smoking e il nano Fecolo Purè.
A Torino, in giro su un taxi,
il cui conducente aveva guanti dorati con dei passadita a forma di
gianduiotti, nella nebbia di quel giorno di maggio, in una strada
dalle fila di abitazioni dorate liberty e rococò, vide
l'apparecchio del grande Torino che andava di qua e di là,
come fosse un calabrone, cercando invano di atterrare, per poi andare
a schiantarsi contro la basilica di Superga. Prima dell'impatto
scorse il portiere della squadra granata Bacigalupo il quale, da un
finestrino, lo salutava con simpatia ingenua.
La
sera, attonito, con il barbiere Molè andò in un
ristorante del centro a mangiare agnolotti al ripieno di cardi gobbi
di Nizza mentre nella gente echeggiava la notizia della tragedia.
Molti
anni prima il nano Villa fu con il Duca di Modena scrittore Delfini
Antonio nelle profonde campagne modenesi in una trattoria a mangiare
riso mantecato dentro una forma svuotata di formaggio. In quella
occasione il Duca era vestito con un abito bianco panna, dai bottoni
come canarini imbalsamati, con alcune piume color lambrusco e color
aceto balsamico.
Nell'atrio
del locale giocava al Dio pacchiano calcio balilla, una specie di
flipper manuale plastificato e rudimentale, dove con le manopole il
nano emulava le parabole di Biavati e i colpi di testa di Meazza,
giocando con i chierichetti detti o chiamati Nozze di Canarino, Moda,
e Disvetrone, mentre dei moscerini gialli, a forma di minuscoli
canarini, giravano attorno a un bicchiere di plastica pieno di una
granatina al vero limon d'oro posato sul ripiano del calcetto.
Arrivati
nel centro di Modena i due videro le corriere del Modena e Bologna
Calcio, rispettivamente di color giallo uccellino da miglio in
gabbietta e l'altra color grasso di mortadella, con le
caratteristiche chiazze rosa e verde pistacchio di cui è
ripieno il salume, che partivano dal cortile dello stadio dove si era
giocata la loro partita e attorno al pullman del Modena in viaggio,
poi svolazzava un maiale sgrodenfio, piumato giallo limone, a forma
di canarino gigante il cui grugno era a sua volta a forma di becco.
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