La
mattina seguente Villa il nano andò a lavorare, da garzone
coiffeur, nel salone di acconciature del barbiere detto il Cavilletta
e lì tingeva ai clienti i capelli di color violetta.
Smontò
dal lavoro alle otto di sera e, tornato a casa, si vestì da
prostituto con un abito di pelo di caprone, ricamato di araldi a
forma dei leoni del Duomo e cuciti d'oro. Sopra un autobus color
ripieno di tortello di zucca andò in pensilina a battere fino
all'alba insieme ad altri prostituti tra i quali quelli chiamati
Aproni, Portaleculo, Troiacapretta, Segasessegatta, Alcebiade il
cornuto, Segaculatte e Lattanzio.
Villa
il nano portava nel suo biuty dei profilattici, una mano di gomma per
masturbare e uno spumone pieno d'acqua per pulire il culo del cliente
prima di penetrarlo.
Era
il 1921, anno di stecche colossali alle opere liriche, e arrivavano
nell'inverno gelido di fianco alla pensilina dei clienti di sesso
quali un cameriere del caffè Biffi e un prete chiamato
Eternatico, che teneva nella mano un pene lunghissimo e imbalsamato
di cavallo. Nessuno dei puttani voleva salire sulla sua macchina,
cosicché vi montò su Villa il nano che persuase il don
a farsi stimolare da lui quella bardana equina il sedere e non
altrimenti il contrario.
Nel
viaggio fino alle carraie di Porporano Villa il nano fumava sigarette
marca Regine Umbertiche. Il nano detto Rana Porporina apriva il
cancello di una camporella nei campi del paese ai due e Villa il
nano, raccontando barzellette sul barbiere Pier, penetrava nel mentre
il deretano del reverendo ridente e ridanciano.
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