Villa
il nano raccontava di sé ad amici, nel 1923, quando a Parigi,
nei boulevard e nelle strade di asfalto color tortora, come lunghe
penne di colombi grigi, nella casa del poeta surrealista Desnos
stavano supini sopra i letti a fumare e Robert, il poeta, le
sigarette le spicchiava sopra un portasigarette d'argento a forma di
minuscola casba, mentre da un anello-scrigno, aprendolo, mangiava
mescalina.
L'abitazione
faceva angolo tra due strade laterali di un boulevard ed era sopra
una tabaccheria aperta tutta la notte durante la quale, da una porta
di servizio interna alla palazzina, sita sulla rampa delle scale,
entrandovi, compravano stecche e così fumavano e leggevano sui
giornali dell'epoca delle vittorie del pugile detto “Topo Tigre”
perché nero come un topo, con un ammasso di muscoli le cui
fibre tese gli formavano sulla carne della schiena una testa di tigre
con i denti canini all'infuori, le cui fauci sembravano un
acquasantiera.
Il
boxeur era anche detto il “Butta in fogna”, con i suoi schiaffi
dentro i guantoni, perché partorito da una negrona nel paese
parmense di Fognano.
Lo
zio di Villa, chiamato Gosinoni, appena nato gli aveva regalato
pungiboll a forma di mortadella e culatello gigante, rosato, color
budello e ripieni di muffa perché si allenasse a praticare la
boxe.
All'interno
del salone sontuoso del caffè c'era un quadro naif e una
minuscola miniatura che ritraeva Villa il nano con mio nonno e suo
cugino Renzo Amarie. All'appuntamento estivo con l'annuale corsa del
Palio degli Scoiattoli, alla quale concorreva anche una scimmietta
che ruzzolando in curva ed era precipitata nella pettinatura
all'Umberta banana di Villa il nano.
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