martedì 14 gennaio 2014

Santa Lucia



Tutte le estati, appena finiva il caldo torrido del ferragosto, c'era il Palio dell'Assunta del 16 agosto a Siena, dove Villa il nano andava a seguirlo, questi cominciava a pensare all'inverno favoloso di neve, di fiamme di camini e fuochi nei greti e pensava alle sue feste: quella dei morti e di Sant'Ilario con le cialde glassate a forma di ossa e di ciabattine.
Per Natale, quando andava dallo zio Gosinoni a scegliere il cappone da strozzare per il brodo con gli anolini, e anche il carnevale e per tutto l'inverno, girava di notte su taxi color cammeo da pagare la parcella municipale sul tachimetro al conducente con pittori a turno quali: lo spirlungone Valeo, il Sirocchi, il Barili e il Carmignani, che il 3 novembre si erano dati appuntamento anche con lo scrittore Proust, insieme a quel bambino di mio nonno, per mangiare dei pasticcini a forma di tibie, sorbendoci insieme thé al tiglio, oppure in un ricordo remoto Villa il nano era sul greto della Parma, davanti a uno dei fuochi accesi in fila, attorno ai quali dei pupattolini festeggiavano il carnevale e a uno di questi, che voleva bruciare il burattino Fagiolino, sparò con una pistola ferendo Villa il nano che conosceva il bambino perché il rampollo della famiglia dei Conti chiamati con tre cognomi, quali: Salino Saltacchino, Salsignore, e il Bambino, aveva in testa una saliera e un vecchio cieco affermava che tali condimenti simboleggiavano il messia.
Il sale e il pepe l'ascensione, l'aceto la croce, e l'olio il peccaminoso perché l'unguento multierbe. Invece il Natale Villa il nano lo passava insieme alla mamma mammolosa nana, agli zii chiamati Gosinoni, ai pittori Valeo e Sirocchi, a sorbire brodo con i galleggianti ripieni di carne mestolati dal cameriere scimmia chiamato Cicalesse che portava in tavola anche dei cotechini, a forma di putti correggeschi, e per contono crauti, spinaci e cavolini di Bruxelles che sembravano i festoni della camera di San Paolo dentro cui erano dipinti. Dovevano fare presto a mangiare e scartare i regali sotto l'albero. Il cameriere doveva essere svelto a sparecchiare e a lavare i piatti perché poi partivano per Torrile dove avrebbero aspettato la mezzanotte dal vecchio panzone chiamato Gigioneggione Leonetti Grassi, in uno scrofodromo antico romano e in disuso dove, anticamente, i maiali correvano corse e dove all'interno era sita la sua casa, dal cancello con su ai pilastri scrofe leonesse di marmo mangiarono il panettone e bevevano una malvasia con il tappo a forma di messia del Correggio che, stappato, ascendeva al soffitto e lo zio Gosinoni, conte Maialoni, e duca Maialoffi, esclamava che era la festa di Gesù.
La mamma mammolosa del nano parlava della resdora pramzana Lina che aveva preparato gli anolini e il vecchio Leonetti Grassi di Bistecchetto, il macellaio da cui aveva comprato l'arrosto guarnito di rosmarino dalle bacche a forma di minuscolissimi limoni.
Poi fuori cominciò a nevicare e partiti per ritornare a casa vedevano un bagliore giallastro nel cielo come nella cupola del Correggio, infine passarono per la stazione dove aspettavano di partire dei viaggiatori su taxi color melone, mughetto e prosciutto.
Fatto esilarante successe a Villa il nano per un'altra festività invernale, precisamente per la festa della luce altrimenti per Santa Lucia.
In una palazzina del centro di Parma a tre piani dove a ogni finestra, in una notte di gelo e di neve in cui la luna era un bif al limone, i nani Villa, Nonantola e Melanio aspettavano la Santa che doveva portare loro i doni ed esclamavano: “adesso arriva”, ma quella non giungeva mai. La mamma mammolosa nana di Villa il nano si era messa d'accordo con gli astuti pittori Sirocchi e Valeo, i quali, nel cortile dietro casa, avevano spremuto tempera turchina su stronzi d'asino come per simulare che era arrivata la Santa cieca sul suo asinellino che, stando ad un'antologia infantile defecava degli occhi blu della Santa del 13 dicembre e così i tre bambini credettero fosse arrivata nel retro dove le mamme avevano depositato i balocchi.
C'era una maglietta del Cesenatico calcio con per stemma una chiesa a forma di natica il cui portale era a forma di perizoma a sua volta a forma di cavalluccio marino, un topo della dinastia delle arvicole che avevano spaventato gli elefanti di Annibale e tante cavie dagli organini al loro interno a forma minuscolissima di monumenti di Parma: il fegato a forma di Certosa, il duodeno di teatro Regio, il pancreas di Pilotta e via dicendo.

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