Tutte
le estati, appena finiva il caldo torrido del ferragosto, c'era il
Palio dell'Assunta del 16 agosto a Siena, dove Villa il nano andava a
seguirlo, questi cominciava a pensare all'inverno favoloso di neve,
di fiamme di camini e fuochi nei greti e pensava alle sue feste:
quella dei morti e di Sant'Ilario con le cialde glassate a forma di
ossa e di ciabattine.
Per
Natale, quando andava dallo zio Gosinoni a scegliere il cappone da
strozzare per il brodo con gli anolini, e anche il carnevale e per
tutto l'inverno, girava di notte su taxi color cammeo da pagare la
parcella municipale sul tachimetro al conducente con pittori a turno
quali: lo spirlungone Valeo, il Sirocchi, il Barili e il Carmignani,
che il 3 novembre si erano dati appuntamento anche con lo scrittore
Proust, insieme a quel bambino di mio nonno, per mangiare dei
pasticcini a forma di tibie, sorbendoci insieme thé al tiglio,
oppure in un ricordo remoto Villa il nano era sul greto della Parma,
davanti a uno dei fuochi accesi in fila, attorno ai quali dei
pupattolini festeggiavano il carnevale e a uno di questi, che voleva
bruciare il burattino Fagiolino, sparò con una pistola ferendo
Villa il nano che conosceva il bambino perché il rampollo
della famiglia dei Conti chiamati con tre cognomi, quali: Salino
Saltacchino, Salsignore, e il Bambino, aveva in testa una saliera e
un vecchio cieco affermava che tali condimenti simboleggiavano il
messia.
Il
sale e il pepe l'ascensione, l'aceto la croce, e l'olio il
peccaminoso perché l'unguento multierbe. Invece il Natale
Villa il nano lo passava insieme alla mamma mammolosa nana, agli zii
chiamati Gosinoni, ai pittori Valeo e Sirocchi, a sorbire brodo con i
galleggianti ripieni di carne mestolati dal cameriere scimmia
chiamato Cicalesse che portava in tavola anche dei cotechini, a forma
di putti correggeschi, e per contono crauti, spinaci e cavolini di
Bruxelles che sembravano i festoni della camera di San Paolo dentro
cui erano dipinti. Dovevano fare presto a mangiare e scartare i
regali sotto l'albero. Il cameriere doveva essere svelto a
sparecchiare e a lavare i piatti perché poi partivano per
Torrile dove avrebbero aspettato la mezzanotte dal vecchio panzone
chiamato Gigioneggione Leonetti Grassi, in uno scrofodromo antico
romano e in disuso dove, anticamente, i maiali correvano corse e dove
all'interno era sita la sua casa, dal cancello con su ai pilastri
scrofe leonesse di marmo mangiarono il panettone e bevevano una
malvasia con il tappo a forma di messia del Correggio che, stappato,
ascendeva al soffitto e lo zio Gosinoni, conte Maialoni, e duca
Maialoffi, esclamava che era la festa di Gesù.
La
mamma mammolosa del nano parlava della resdora pramzana Lina che
aveva preparato gli anolini e il vecchio Leonetti Grassi di
Bistecchetto, il macellaio da cui aveva comprato l'arrosto guarnito
di rosmarino dalle bacche a forma di minuscolissimi limoni.
Poi
fuori cominciò a nevicare e partiti per ritornare a casa
vedevano un bagliore giallastro nel cielo come nella cupola del
Correggio, infine passarono per la stazione dove aspettavano di
partire dei viaggiatori su taxi color melone, mughetto e prosciutto.
Fatto
esilarante successe a Villa il nano per un'altra festività
invernale, precisamente per la festa della luce altrimenti per Santa
Lucia.
In
una palazzina del centro di Parma a tre piani dove a ogni finestra,
in una notte di gelo e di neve in cui la luna era un bif al limone, i
nani Villa, Nonantola e Melanio aspettavano la Santa che doveva
portare loro i doni ed esclamavano: “adesso arriva”, ma quella
non giungeva mai. La mamma mammolosa nana di Villa il nano si era
messa d'accordo con gli astuti pittori Sirocchi e Valeo, i quali, nel
cortile dietro casa, avevano spremuto tempera turchina su stronzi
d'asino come per simulare che era arrivata la Santa cieca sul suo
asinellino che, stando ad un'antologia infantile defecava degli occhi
blu della Santa del 13 dicembre e così i tre bambini
credettero fosse arrivata nel retro dove le mamme avevano depositato
i balocchi.
C'era
una maglietta del Cesenatico calcio con per stemma una chiesa a forma
di natica il cui portale era a forma di perizoma a sua volta a forma
di cavalluccio marino, un topo della dinastia delle arvicole che
avevano spaventato gli elefanti di Annibale e tante cavie dagli
organini al loro interno a forma minuscolissima di monumenti di
Parma: il fegato a forma di Certosa, il duodeno di teatro Regio, il
pancreas di Pilotta e via dicendo.
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