Sull'Alfetta
guidata da Pasolini Villa il nano vide davanti a una raffineria di
petrolio dalle ciminiere fumose la Grigia, una lucciola del
“palazzo”, la quale mostrò ai due che passavano in
automobile un preservativo con la cappella terminante a forma
minuscola di volto del politico Giulio Andreotti.
Stavano
andando da Roma a Parma a mangiare al Leon D'or dove desinarono un
brodo, in compagnia del nano chiamato di nome Gabbatolosanto e di
cognome Mora, bambolone nato da un neo nero e morbido come una mora
sulla pelle di una parmigiana del sasso chiamata Parigina Anoldor.
Dal
punto nero si era sviluppato come un neonato nella placenta e a
crescita ultimata si era staccato e nero come un frutto di bosco, con
gli occhi turchini, per i quali assomigliava alla madre e sorbiva con
un cucchiaio d'oro il brodo color broccato specchiandosi nel liquidi
come un africano nero e gli occhi blu tingevano di blu la carne del
ripieno fuoriuscente dagli anolini e questi era parecchio birichino
come quando aveva rubato ciabattini confezionati nella moda di Ilario
di Poitier dal calzolaio detto Puzza di Mastice.
Poi
in tavola era arrivato il mansolone lesso, stopposo e cordato di
fibre, come il canape del Palio di Siena, spettacolo che tanto
piaceva a Villa il nano e i tre lo sbaffarono con le salse e gli
acetelli. Parma era linda e provinciale e il sole pacchianamente
antico come i gialli del Parmigianino.
Prima
che finissero di cenare passò la Parigianina con un amica
molto checca e rideva e rideva prendendo in giro il figlio che a sua
insaputa era nel locale con Villa il nano e Pisolini. Poi i risolini
come tintinnii di posate d'argento si allontanarono e Mora emulò
la firma dell'omonimo calciatore del Parma e Felinone il cuoco mostrò
una foto autografata del giocatore e dedicata al ristorante e disse:
“è uguale”.
Poi
disse: “come starà giocando Bruno al Tardini e cosa staranno
facendo gli animali allo stadio”. Molte volte le pantere dei
gladiatori sono le loro mamme.
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