lunedì 24 marzo 2014

La città dei formaggiai e il bambolone nano





La città dei formaggiai e il bambolone nano
( Racconto su uno scommettitore di cavalli)



Lo scommettitore

Nevicava da parecchie settimane e la città era immersa nella neve. Lactes vestì un vestito giallo e stinto e mise una tuba nera per cappello, prese la macchina lunghissima e lussuosissima e si diresse in un noto bar del centro. Le vie erano piene di neve, nevicavano grossi fiocchi dal cielo e al posto della luna per un arcano ribaltamento delle traiettorie degli astri c'era il sole gioioso e balzano che per le foschie e le brume del cielo mostrava la sua febbricina passita.
Quando Lactes entrò nel bar ordinò un caffè e vide un signore sui settant'anni avvicinarsi a lui. Costui ordinò una birra al latte e disse mi chiamo Rubini e sono uno scrittore, poi chiese chi era Lactes e lo scommettitore disse il suo nome e che giocava d'azzardo puntando soldi sui cavalli e con gli introiti delle scommesse cercava di dominare il mondo . Chiese a Rubini che tipo di libri scrivesse e Rubini rispose che scriveva sulle lesbiche. I due si salutarono e si diedero appuntamento a casa di Lactes dove Rubini avrebbe portato il volumetto "Le lesbiche maledette".
L'indomani nevicava ancora. Nella villa gialla imperiale, sita in centro, si accedeva per un cancello di ferro battuto. La villa al suo interno era tutta buia e non appena Rubini depositò il volumetto su una credenza mangiarono ostriche gratinate bevendo dello champagne giallino. Del libro in marocchino rosso intitolato "Le lesbiche maledette" Lactes ne lesse una pagina che iniziava così: "Delle lesbiche maledette una aveva occhi castani e capelli neri lunghi sul collo, calzari che calzavano piedi bellissimi e le legavano polpacci tondi, l'altra era bionda con scarpe di camoscio basse e le due avevano limonato in una discoteca di mare al cospetto di ragazzi.



Le Lesbiche

Il giorno dopo nevicava ancora e nella città dei formaggi la neve nelle strade sembrava caglio. Su tutta la città si sentiva profumo di caseifici e Lactes e Rubini entrarono nella casa antica del pittore chiamato Parco Castagna.
Appena dentro Rubini tirò fuori dalla tasca il libro maledetto e lo depositò su un tavolo. Lo scrittore lesse il passo su delle donne sorprese a fare il bagno assieme e scambiarsi dalle bocche tisane indiane o infusi di thè. Il pittore, infine, fece vedere ai due una botola alla quale si accedeva da un passaggio segreto sotto terra lungo migliaia di chilometri o all'incontrario si arrivava a una villa africana piena di palmizi e di cerri fosforescenti per le luci e i lampioni del giardino nella quale abitava un bambolone nano di Asti, un pupattolo omofilo con i suoi servitori drudi, novizi e allegre brigate di servi, scrittore di novelle in cui giovani montavano sirocchie. Il bambolone nano viveva nella villa insieme a maiali senesi più ingioiellati di donne. Parco Castagna aveva raccontato che nel tragitto avrebbero prima incontrato topi, faine, talpe e scoiattoli e poi bisce, tigri, gru e orsi per arrivare alla casa del nano. L'antico passaggio sotterraneo era anche sotto il mare. Se i servi disubbidivano, raccontava il Castagna, che il bambolone di Asti li impiccava. La villa africana aveva la forma di un casale giallo dai muri che finivano a zampa d'elefante e in più questi faceva collezione di formaggio di plastica e alberi di Natale sempre addobbati e giostre pacchiane ed accese di antichi luna-park. La villa era piena di mosici con mosaicati imperatori scrofoni in atto di prendere il caffè. La cantina era piena di spumanti Cinzano dall'intenso profumo di muschio. Il Castagna diede a Rubini un libro dell'antico novelliere bambolone di Asti che si rifaceva al Lasca, al Fiorenzuola, al Fortini, al Sercambi, al Costo e al Pona in cui si parlava di una torre della Lunigiana che incombeva nella notte, dalla luna a forma di damigiana, dove lui in veste di un figlioccio di un feudatario montava il pelo del montone di donne carine e succhiava i peni a contucchioli, e il Castagna raccontava che il nanolone era uscito dal ventre di sua madre in un ufficio di un ippodromo in epoca romana e che ancora bagnato di liquido amniotico era stato punto da un papataccio dorato a forma di minuscola biga di cui aveva ancora l'escoriazione, e poi prendendo un'erba segreta era riuscito a vivere per secoli e per l'esattezza era nano e mostruoso, più grasso del frutto della peponide e vestiva vesti color della zucca di Cenerentola.



Il Palio di Siena

Lactes era uno sgorbio, biondino con le efelidi sulla pelle. Quando era povero viveva sulle panchine di una piazzetta e accendeva di notte fuochi per scaldarsi e gli piaceva gironzolare per la città. Guardava le scritte sui muri e le luci dei semafori e delle automobili che trovava poeticissime. Un giorno trovò cinquemilalire, e li giocò a un agenzia ippica sul cavallo Caligola, trotter signor Pozzo, e con il ricavato della vincita si mise a giocare ai cavalli e così guadagnò miliardi. Si comprò casa, macchina, uno stock di vestiti giallo Parma e una tuba per cappello e voleva dominare il mondo. Lactes Camorani aveva antenati etruschi e si chiamava Cam Ran, greci ed era Camus Batròs e romani e fu Camus Ranus. Raccontano gli scritti su di lui che partecipò con il figlio di Creso alla caccia al cinghiale, bestione enorme, descritta da Erodoto in cui a Creso, in un sogno, avevano predetto che sarebbe morto del proprio figlio e Lacte vide trafiggere da una lancia di uno schiava quest' ultimo ovvero Ciro.
Così lo scommettitore guadagnava 80 miliardi alla settimana e frequentava da scommettitore gli ippodromi romani e scommetteva sulle corse delle bighe. Lactes in quegli anni frequentava l'agenzia ippica vicino alla piazzetta dove abitava.
Andato a Parigi a vincere un'altra bella cifra a una corsa di siepi si fermò al museo del Louvre e fu estasiato da un quadro di un pittore greco che sfruttava la tecnica del mimiaturismo e del puntinismo e aveva descritto la caccia al cinghiale con le lance ai tempi del re Creso e vi si vide raffigurato e si mise a piangere. Il cinghiale era fuggitivo, marroncino, porco peloso e leggendario. Il figlio di Creso rosso ai capelli, lo schiava dalla carnagione olivastra, magrissimo e con una tunica bianca come veste, il bosco di foglie autunnali e lui descritto in bianco e nero, il pallore del viso bianco e la redingote nera, figurini persi nella nebbia di una notte stellata, la stessa in cui, uscito dal museo, gli sembrò di scorgere Villa il nano in groppa a un ranone, verde, viscido e con la testa di un cavallo dal massetere buffo e sempre viride, simbolo di Lactes Camorani e il nano sulla rana saltavano da stella a stella e da una di queste nella costellazione di Pegaso il ranocchio fu fritto e Villa il nano poi ne sbocconcellava ghiotto le cosce, indizio della prossima sciagura dello scommettitore. Invece andato al Palio d'Asti aveva visto in un caffè letterario una scatola di cioccolatini con una foto in bianco e nero di fantini sui cavalli e si vide nella folla fotografato con gli occhi ammiccanti e la tuba.
Lactes Camorani visse a Siena una esperienza mirabile. Infatti, per il palio tra i fantini c'era anche una scimmia che rappresentava e simboleggiava la morte.
Incombeva un non so che di mortuale e luttuoso e delittuoso nel suo sfilare sul suo cavallo da parata, con una tuba a forma di teschio bianco e vestita di un abito nero da mercenario buffone necro fante, e negli occhi iniettati di invidia, calma e rivalsa ma gli altri fantini erano annoiati e calzavano scarpette da ginnastica dalle marche introvabili, più paesane dei cagliatori cagliaritani di caciola e pecorino.
Questi, prima della corsa, avevano sfilato su cavalli da parata vestiti di abiti gonfi e ricamati da capitani di ventura e la scimmia di nero da morte, con un tubino per cappello, perché allenata nell'isola sarda. Tutti avevano scommesso sulla scimmia ma Lactes Camorani su un certo Meloni che poi aveva vinto facendogli guadagnare una bella cifra. Si era trovato nella folla dopo che alla mattina aveva assistito allo spettacolo di omini del comune che spargevano tufo sugli acciottolati di Piazza del Campo per preparare la pista e poi la picchiettavano dei piccioni e colombi grigi, gonfi e goffi, tra la diossina della suspance che i fantini, sfilando con lo sguardo, disossavano al cicalio delle cicale.
Villa il nano intanto, con gli scommetitori, alcuni piemontesi, altri senesi detti o chiamati Asti Astio, Spumanto Zano, Cencio Paglione, Quadrupedonio Stallone, Cantino Chiantina e Dei Cavalli Impagliati di agli secchi era ad assiepare Piazza Alfieri dietro lo steccato di fianco la mossa del palio d'Asti, oppure sul pullman dorato a forma di Coppa Rimet con la comitiva della nazionale azzurra e italiana di calcio di fianco all'allenatore detto Il Bearzotico e al calciatore Paolino del casto dei Rossi in compagnia dello scommettitore di football Osso Calcio e del poeta lumacone e barbone Jimenez, studioso di filologia romanza e del Manzoni contro il quale avevano cercato di sparare Bravi come dei Promessi Sposi con il superciuffone pampurioco raccolto in una velina, in una rete a forma di calcio balillina, oppure era sulla torre della chiesa di sant'Antonio a Parma alla corsa delle giraffe in un percorso cittadino con i pittori chiamati Scoregge e Sirocchi e i nani chiamati Giracaraffa e Coriandoli che lanciavano coriandoli giganti come pizze colorati di pommarola e mozzarella fusa tra la folla sotto a seguir l'agone.
Con Villa il nano c'era anche il nano chiamato Sempioldo degli Stupidini, sviluppatosi gonfiandosi da un neo della madre chiamata Stupidè del Greto Cretè, e il bambino staccatosi dalla pelle della madre a crescita ultimata era stato abbandonato nel torrente Parma che si era arricchito a scommettere a queste corse su giraffe dette Giallaraffa e Malvagira. Era nero rosso come il neo color lambrusco della madre e dagli occhi color malvasia e quel giorno aveva puntato su tre fantini frustatori detti, come gli scrittori di Parma, Guareschino, Ubaldone Bertolino e Bevisanlacquino dai caschetti con banane di cuoio cucite tra loro o papaline a forma di metà pompelmo plastificato e giallo.



L'assassinio

Quel giorno Lactes non andò all'agenzia ippica ma gironzolò di notte in città. Intanto il bambolone nano, vestito da chierichetto cinquecentesco parmigiano, con una cotta alle maniche gonfie di ricami e color lambrusco in compagnia dei suoi novizi:drudi, zingari dalla carnagione scura e raccattati in antichi luna park luminosi e pacchiani, si erano messi in cammino nel cunicolo-corridoio sotterraneo e quando arrivarono aParma la città era sommersa di neve.
Si diressero nella casa di Lactes, forzarono la serratura dalla toppa a forma di massetere di cavallo, e accoltellarono lo scommettitore. Il bambolone nano vide sul comodino il libro di Rubini, lo aprì e lesse una pagina che diceva : "due donne grasse e muscolose si infilavano anelli ai piedi sul letto".
Allora costui esclamò:"sublime ma porco"" e rubò il libro poi fuggirono in taxi a Busseto e siccome era il giorno di carnevale si nascosero dentro un pupazzo di carnevale gigante a forma di topone dalle guardie papali comiche, buffissime, e dagli abiti gonfi e ricamati che li cercavano. Il giorno dopo sulla Gazzetta di Parma era scritto su una grossa testata che era stato assassinato il gran scommettitore Lactes Camorani e sul delitto incombeva un grande mistero, ma si capì che erano venuti a contrastare due mondi: quello delle donne di Camorani e quello del bambolone nano che indispettito aveva pugnalato Lactes per mano di uno zingaro.



Il bambolone nano torna nella villa.

Rubini dopo la morte di Lactes impazzì e per la sua fama stava diventando un poeta maledetto. Il bambolone nano con la sua allegra brigata di servi soggiornò in un alberghetto del centro. In sua assenza nella villa africana dei fantasmi, vestiti con lenzuola bianche, avevano rubato dei vini rossi e spumosi nelle cantine.
A notte fonda il bambolone nano svestitosi degli abiti da chierichetto cinquecentesco, messosi un tubino da jazzista meridionale dell'antica Roma, con i suoi zingari rifece il viaggio nel passaggio segreto per ritornare alla villa. Non furono visti dalle guardie papali parmigiane mentre erano in fuga nei borghi per raggiungere la botola e nella città dei formaggi aveva smesso di nevicare.
Dopo un lungo viaggio a piedi il nano rientrò nella casa dove aveva quadri con dipinti scherzetti: per esempio un oco affrescato ad un muro che ad un oca sembrava vero per incantamento e dormì nella stanza da letto dove gli zingari avevano depositato l'angioletto del Duomo di Parma staccato dal campanile e rubato da questi mentre nella teca di una chiesa del Venezuela furono reliquiate le ossa di Lactes.



Il plichino:palium follarum

Villa il nano tornava nel centro urbano di Volterra da un bosco della zona dove aveva trovato tre funghi allucinogeni: uno blu a forma di tartaruga, uno rosso a forma di bottiglia di chianti e l'ultimo bianco a forma di dolcetto ricciarello con la barbetta a modi di zucchero a velo. Nella stanzetta in cui era ospitato da un certo Papirio Patuvio Tuscianolo, ragazzo pallido dai riccioloni color carota, Villa il nano con un coltello tagliava a fettine i funghi eternetici e li fumava nella pipa a forma di torre del mangia.
Fumando queste droghe sotto effetto delle allucinazioni come in un sogno proprio dell'aldilà popolò diverse Siene: quella del buon governo, quella dei tempi del granducato di Leopoldo, nella quale riuscì ad intravedere il mitico fantino Francesco Santini portato in trionfo dopo il palio vinto sulle braccia dei propri contradaioli, e quella dei primi anni venti del novecento dove il fantino, re della piazza, era il nano Angelo Meloni.
Finito di fumare fece un giro nella notte a Volterra, paese costruito di vicoli, acquedotti e archi con mattoni etruschi e in una vetrina luminosa di una libreria, però chiusa, vide un libro intitolato “il palio delle folle” (palium Follarum).
Stava andandosene quando dal buio sbucò fuori un libraio che cominciò a sfogliarlo da dentro la vetrina. Villa il nano salito su un taxi percorse la via Cassia che portava a Roma passando sotto gli archi degli acquedotti antichi romani a forma di culi giganti di culattoni, dentro i buchi anali come viatici di gallerie su uno dei quali, giallastro ai mattoni e dalle erbacce barboniche, li salutò la bambina chiamata Sintesia Clorofilliana.
Villa il nano raccontava quando su un barcone-bomboniera a forma di cicogna navigava nell'immensa piena del po in compagnia dei nani chiamati Giovanni Tortelli e Confetto Maialsudici e l'acqua aveva divelto un campanile a forma di dito indice gigante e l'inquisitore Di Don Bregesuello Iesuisinini, reverendo di Brescello, caricarono sulla barca il chierichetto nano Resimo Ulivi, il quale era attaccato a un inginocchiatoio galleggiante con il chierichetto bambino chiamato Sudatodio Sudario e la suora chiamata Domenica delle Palme, e le boe erano i meloni, anch'essi galleggianti ad uno dei quali era aggrappato l'attore Fer Nandel.
Inoltre narrava di una festa leggendaria tra fantini in una casa dai muri spessissimi in centro a Siena e Villa il nano, fumante una pipa a forma di torre del mangia minuscola, era insieme al padrone dell'abitazione chiamato Tindaro Torquato, un giovane nobile e mingherlino che stava per decadere poiché la bellissima nobile senese, chiamata Fangiola Fagiolai, gli mangiò quella stessa notte la casa antica per mille lire, l'intera somma dei debiti del nobile che truffato e derubato del proprio immobile e senza più un soldo, la cifra guadagnata gliela aveva subito riscattata un creditore, andò sotto un bersò di viti di una trattoria a sentire suonare nella notte delle polke con la fisarmonica dove dei nani tarchiati e dalla testa calva ballavano con le proprie galanti ed ogni tanto una fiaschetta di vino scolata trapassava le foglie dei viticci da questi lanciata e si frantumava più in là sulla strada attigua.
Qualcuno di questi discorreva del fantino Santini che nel lontano ottocento aveva l'ovile sotto terra e nella cute delle pecore aveva cucito chirurgicamente borsellini pieni zeppi di baiocchi guadagnati al palio.

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