giovedì 7 novembre 2013

Il piccolissimo Attilio








Ad Attilio Bertolucci



Sognai il piccolissimo poeta Attilio in culla come il piccolo bambino Gesù nella mangiatoia o come un putto correggesco adagiato sulla culla, visitato da alunni asinelli periferici e da un valletto tarchiato, analfabeta, e somigliante a un bue che gli serviva dei tortelli di zucca a forma di lettere.
Attilio era il bambino dei maiali, ubriacato con gli occhi d'oro e giallo Parma, della luce della cupola di un signore, che giurava di essere il più piccolo, con la luna in mano dal colore che assomigliava a quegli impasti, sfera a tratti a forma di Petitot, color zabaione e a tratti invece come il Palazzo della Pilotta, dal colore di un enorme biscottone al cioccolato, velato da un cirro a forma di pecora cornigliese.
Il bambino Attilio che all'inizio del secolo, insieme al nano di Villa Rosario, correva in una Parma che lo guardava dagli occhi beffardi dei camerieri sulle balaustre delle abitazioni delle famiglie nobili, per le quali servivano e sfilavano, davanti ai due, nella notte, i portoni intagliati grottescamente a forma del volto del burattino Sandrone, colorato di una tempera color mousse alla fragola.
Entrarono dentro un cortile, retro bottega di una macelleria equina, il cui cavallaio faceva porzioni in un vassoio di un mucchio di pesto, carne tritata posata lì e agglomerata per mezzo di uno stampo a forma di massetere di cavallo, dopodiché fecero fuggire dei cavalli vecchini, ormai in pensione, da calessini e frustini di vetturini.
Al bambino Attilio per il cui apprendistato officina poetica don Tramaloni aveva regalato una Gerusalemme liberata, dalla copertina in osso a forma di volto piatto del Tasso con il naso aquilino, le cui pagine erano a forma di gorgera, un collare gonfio e ricamato in uso nel vestiario cinquecentesco.







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