giovedì 14 novembre 2013

Il bazooka









Sul taxi del taxista chiamato di cognome Fantasmatici, dai guanti bianchi come due lenzuolini di fantasmi, da gran autista maggiordomo, Villa il nano viaggiava ed arrivava fin dentro a una carraia di Casalmaggiore dove c'era la trattoria chiamata la “Buca della mosca” e un certo Moscagatti gli aveva servito dei tortelli alla suclona.
L'inverno a Casalmaggiore, nella piazza circondata da palazzi antichi color semolino, le persone accendevano il falò e Villa il nano con il taxista stava lì a rimirare il fuoco finché non arrivò, sul suo motorone, il pittore naif detto il Naiffiga, il quale sul suo rombo a due ruote fece tre giri intorno al fiammone.
Al taxista Villa il nano raccontava di aver soggiornato nell'albergo chiamato la “Morta della mortadella” e in una serratura a forma di sagoma di chiesa di San Petronio, in cui si girava una chiave della stessa forma, e di aver spiato due donne meravigliose dalle dimensioni dei corpi budlosamente muscolati ipertroficamente.
Tutt'e due sdraiate sul letto si infilavano anelli alle dita dei piedi e una di queste a una cosciona aveva allacciata una giarrettiera color fetta di mortadella. Villa il nano disse che a Bologna nel suo soggiorno aveva frequentato una biblioteca il cui bibliotecario si chiamava Safforano Bolognoli che, preferendo solo il grasso del salume, poiché la parte rossa la scartava, era diventato gigante come Balanzone e questi gli fece vedere un libro meraviglioso in una pagina del quale era raffigurato il poeta Montale, visto da nano con i capelli grigi, pettinati all'Umberta, a forma di spazzola, che somministrava un osso di seppia a un canarino a forma di minuscolo culturista, giallo piumato dentro una gabbietta, il quale in un'altra litografia era diventato gigante e gonfio per lo spuntino marino pomeridiano e fuggiva.
Villa il nano gli raccontava di un night nella profonda città di Parigi, frequentato con lo scrittore Proust e quel bambino di mio nonno, a cui si accedeva attraverso un cunicolo ricoperto da un tendone, tipo il sottopassaggio coperto dello stadio di San Siro quando entrano i giocatori in campo, così protetti dai lanci dei soldini, ad attenderli davanti all'ingresso c'erano maschere di portieri meticci dalle livree color ciliegia con i gradi dorati alle spalline, come i bigliettai circensi, ed entrati nel locale notturno potevano mangiare caramelle pacchiane e bere champagne parlando con la prostituta chiamata Mirtillona, una nera color cioccolata alla mandorla, mastodontica con i bicipiti, le cosce e i polpacci gonfi come sei sette cocomeri, dotata e bardata anche di un pene da uomo che inturgidiva stando seduta su un divanetto, con una collanina alla caviglia sinistra, vera attrattiva del night, in cui sui ribaltabili si bevevano anche filtri e filtrazioni di sedano e finocchio.
Ella raccontava che aveva viaggiato su un taxi di un taxista vietnamita, giallo limone, dal corpo pieno di vaioli e cicatrici, e con un bazooka a forma di chiappa di Kennedy aveva distrutto culturisti americani, facendo irruzione in una palestra, colpendoli fino a farli scoppiare con il sangue che schizzava dappertutto come pomodori spatassati. Il taxista spegneva le sigarette sul petto come facevano James Dean e il poeta Desnos.
Villa il nano scese dal taxi davanti al night chiamato il “Lobolone” dove stava entrando il ragazzo gay Camomillinghton, dai capelli color camomilla, vestito di un abito color panna montata con effigiati dei coni gelato al limone ed era accompagnato dal un ragazzo culattone chiamato Gruvierenghton, dal completo giacca e pantaloni giallo color gruviera con stampati sulla stoffa i buchi caratteristici di questo formaggio.
A Villa il nano, una notte, un signore gli indicò il taxista vietnamita che ballava sbronzo con la faccia chirurgicamente ancora più contorta e butterata in un locale notturno di San Francisco insieme a un trans.
Il taxista reo di aver sfracellato culturisti afro e japo americani, color nutella o maionese al limone, appena dopo l'omicidio era fuggito nell'Arkansas sigillandosi dentro una tomba murata in un avello. Successivamente l'aveva riaperta con un coltellino e aveva seguito un percorso interno tra le ossa e la carne marcia dei morti fino ad arrivare in un cunicolo sotterraneo.
Camminando migliaia di chilometri era saltato fuori una botola dentro a un alberghetto sgangherato a Roma chiamato “Romeolo” dove, in una cameretta, il vietkong si sciacquò il sangue in viso in un lavandino, riproduzione in miniatura della fontana di Trevi con i tritoncini in maiolica, poi chiese un passaggio a Albero Sordi, il quale, guidando, lo portò in una clinica dove venivano fatte delle plastiche facciali e con un chirurgo si mise d'accordo per cambiare completamente volto.
Con il chirurgo il vietnamita andò infine nell'alto Lazio in una osteria a bere una Cinara. Villa il nano raccontando tutti questi aneddoti dimostrava che con il passare degli anni, girando su tutti i taxi della notte, aveva riconosciuto i mutamenti antropologici e le mode: dai tubinio anni venti, alla rinascita del dopoguerra, ai pantaloni a zampa d'elefante anni sessanta, le basette anni settanta, il piumino e le scarpe thimberland anni ottanta, e poi il boom dei dj anni novanta, il codone, il piercing, l'emancipazione femminile e il calo della virilità del maschio degli anni duemila.
Come era successo per il papillon ottocentesco dopo la parrucca illuminista, dopo la gorgera seicentesca, dopo la gorgera seicentesca, e riconosceva nell'umanità una scimmia come del carnevale che si involgeva, giorno dopo giorno, dotta, solo del presente, dimentica dello ieri.
La mirabile esperienza ebbe infatti sul taxi del taxista Perassi con il quale girò per tutti i castelli dei Rossi, dei Landi, e dei Pallavicino oppure verso quelli Matildici , chiedendo a Perassi, vero scienziato ed esperto sull'argomento, se i fantasmi si potevano drogare, bere spiriti e mangiare, e se nei castelli scambiavano qualche chiacchiera con i custodi, vecchi arzilli canuti con i peli bianchi fuoriuscenti dal naso, i quali erano degli scommettitori d'ippica e del Palio di Siena, del quale conoscevano i segreti delle contrade. L'Aquila per loro era il bicipite femmineo, la Pantera la mostruosità muscolata, il Montone la scopata e il Nicchio la clausura.













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