sabato 19 ottobre 2013

La notte dentro la notte






Villa il nano al ristorante Leon d'Oro, altrimenti soprannominato Tigher d'Or, dove mangiava con alcuni amici misteriosi, chiamati Ceffone di Sedanora e Finocchiotoro, raccontava di avere soggiornato nell'abitazione del signor Spadaforte, vestito di una giacchetta di peli a istrice, sita a Siena. In un giro di notte nella maremma aveva trovato una neonata morta, dalla carne del corpo fatta di polpa di lumaca e lombriculilubrifichi.
Il taxista li aspettava con il tachimetro acceso al volante del taxi durante tutta la cena e, risalito poi con gli amici, Villa il nano, gli ordinò di raggiungere un caffè dove bere qualche liquore. Fu così che li portò in borgo Naipper, al bar Napoleone, sito in un palazzo napoleonico a forma di leone in una Parma irreale, ma dentro la città e dentro la notte dai fanali gialli, a forma di libri tascabili gialli, il borgo era una strada per così dire felliniana frequentata da scrittori e poeti della città che elargivano gratis sigarette delle più rare nei vari locali multietnici.
In fila dei marocchini afrorizzanti di profumi nella notte vendevano oppio, pesandolo sopra delle bilancine microscopiche, mentre barboni ricchissimi e dotti tenevano lezioni sul momento su Cartesio ed Aristotele.
Nel borgo poi c'era una chiesa antica dalle dimensioni cubiche color del caffè e l'interno era di porpora con dentro un tombone a forma di cassettone cinquecentesco in cui riposavano gli occhi, il pene e i testicoli del Naipper.
La chiesa sconsacrata era diventata sede di un cinema dove proiettavano film pornografici. Una notte dal tetto in rovina del cinema cadde un micione sbodenfissimo color giallo Parma proprio sopra la poltroncina dove Villa il nano era intento a guardare un film e il deretanto del gatto inghiottì il nano e poi fuggì.
Villa il nano si ritrovò nella notte dentro la notte e per incantesimo dentro il felino e sognava i sogni di questo, scappato poi a Mariano, Porporano e Marore vagabondo fino a Coloreto dove mangiò un topone rosso di campagna che, finito al suo interno, mangiò a sua volta.
Il topone lì dentro fumava il pene del Naipper inghiottito dal micione nella tomba con i testicoli e gli occhi, divenuto un sigaro mortuale, e si era pappato anche i maroni buoni come due marron glacè. Inoltre si era messo agli occhi come due lenti a contatto i bulbi oculari dell'amante di Maria Luigia e così dentro voltolavano come visioni i sogni del gatto e del topo che il nano sognava. Il micione sempre a Coloreto fu urtato da una automobile e facendo un gran volo il topone uscì dal deretano del gatto.
Villa il nano dal topo, così uscito da dentro la notte dentro la notte perdendo di vista i suoi due compagni, fu davanti all'abitazione dell'eternità, fornita di antennone che captavano l'aldilà che illuminava la casa di luci d'oro come un luna park, dentro la quale vide la servitù che finite le faccende per la famiglia che serviva si era messa a mangiare alle tre e mezzo di notte.
Edipopò, uno dei servitori, lo invitò a salire in casa e chiacchierarono di borgo Naipper, sita nella Parma immaginaria, dove il cameriere una notte aveva visto lo scrittore Bevilacqua lanciare in un locale e regalargli dei sigari livornesi e dei mazzi di banconote e poi il servo consigliò al nano di recarsi in borgo del Toponeformaggiogiggione dove c'erano delle trattorie in cui si mangiavano ottimi tortelli, asciugati in formaggio grattugiato prelibato, e la strada era frequentata da pittori naif.
Erano le quattro di notte quando Villa il nano chiamò un taxi che girò e rigirò senza trovare il posto in vicinanza presunta a Borgo delle Colonne, ma esistente in una fodera irreale, immaginaria, magica e surreale della città.
Il taxista per mezzo del radiotaxi chiamò un suo collega detto il Reggianaformaggiaio che sapeva dov'era la strada e arrivò a caricare il nano sul suo taxi, color melone, dalle poltrone interne, color prosciutto, e lo fece scendere in borgo del topone formaggiggione, posto che era un colonnato di colonne a forma di formone di parmigiano-reggiano in muratura, sovrapposte le une sulle altre, e intonacate color giallo unto e dall'acciottolato di porfidi a forma di volti minuscoli di tutti i pittori di tutti i secoli a Parma, dai pittori naif della domenica, agli affrescatori di chiese. Tutt'a un tratto vide sotto gli archetti del borgo di colonne due toponi fiabeschi e reggiani camminare ritti sulle zampe posteriori e dai grossi culi e parlare del derby calcistico del grana tra il Parma e la Reggiana.
Villa il nano mangiò tortelli in una trattoria del borgo con un pittore naif chiamato Ampollino Galline e con loro c'erano altri tre pittori detti: la Neva con delle ciglia a forma di fiocchi di neve e Isissidore Duecazzoni e Camamillamammolino.
Il locale era pieno di quadri minuscoli, coloratissimi e naif, tutti di pittoruncoli che frequentavano la bettola. Dei pittori sopra citati c'erano quattro quadri che Ampollino aveva pitturato dei chierichetti che giocavano a calcio con un pallone di gomma a forma di ampollina.
La Neva aveva dipinto Parma su cui cadeva neve dai fiocchi giganti a forma di dromedari e cammelli. La neve caduta erano mucchi di questi animali bianchi algidi come esangui e buttati gli uni sugli altri in fosse comuni.
Camamillamammalino aveva raffigurato un isolotto minuscolo a forma di testa di porchetta, in mezzo al Po, dove prendeva il sole su una sdraio la duchessa Maria Luigia.
Isissidore Duecazzoni aveva pennellato un domatore dentro un gabbia sotto un tendone da circo il quale faceva saltare, dentro ai cerchi infuocati, tigri e leoni che, spelati, avevano la pelle color ciliegia e corpo affusolato a forma di pene e da un buco del pavimento sotto si vedevano le cantine con tanti culatelli appesi al soffitto come tanti pungibol.
Infine, arrivata l'alba, Villa il nano dormì per tre giorni di fila in un letto mastodontico nel buio color petrolio nella canonica del reverendo chiamato Maionesega Geovo. E il buio si infiammava e si sfiammava di lampi per i sogni di Villa il nano.

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