Villa
il nano al ristorante Leon d'Oro, altrimenti soprannominato Tigher
d'Or, dove mangiava con alcuni amici misteriosi, chiamati Ceffone di
Sedanora e Finocchiotoro, raccontava di avere soggiornato
nell'abitazione del signor Spadaforte, vestito di una giacchetta di
peli a istrice, sita a Siena. In un giro di notte nella maremma aveva
trovato una neonata morta, dalla carne del corpo fatta di polpa di
lumaca e lombriculilubrifichi.
Il
taxista li aspettava con il tachimetro acceso al volante del taxi
durante tutta la cena e, risalito poi con gli amici, Villa il nano,
gli ordinò di raggiungere un caffè dove bere qualche
liquore. Fu così che li portò in borgo Naipper, al bar
Napoleone, sito in un palazzo napoleonico a forma di leone in una
Parma irreale, ma dentro la città e dentro la notte dai fanali
gialli, a forma di libri tascabili gialli, il borgo era una strada
per così dire felliniana frequentata da scrittori e poeti
della città che elargivano gratis sigarette delle più
rare nei vari locali multietnici.
In
fila dei marocchini afrorizzanti di profumi nella notte vendevano
oppio, pesandolo sopra delle bilancine microscopiche, mentre barboni
ricchissimi e dotti tenevano lezioni sul momento su Cartesio ed
Aristotele.
Nel
borgo poi c'era una chiesa antica dalle dimensioni cubiche color del
caffè e l'interno era di porpora con dentro un tombone a forma
di cassettone cinquecentesco in cui riposavano gli occhi, il pene e i
testicoli del Naipper.
La chiesa sconsacrata era
diventata sede di un cinema dove proiettavano film pornografici. Una
notte dal tetto in rovina del cinema cadde un micione sbodenfissimo
color giallo Parma proprio sopra la poltroncina dove Villa il nano
era intento a guardare un film e il deretanto del gatto inghiottì
il nano e poi fuggì.
Villa
il nano si ritrovò nella notte dentro la notte e per
incantesimo dentro il felino e sognava i sogni di questo, scappato
poi a Mariano, Porporano e Marore vagabondo fino a Coloreto dove
mangiò un topone rosso di campagna che, finito al suo interno,
mangiò a sua volta.
Il
topone lì dentro fumava il pene del Naipper inghiottito dal
micione nella tomba con i testicoli e gli occhi, divenuto un sigaro
mortuale, e si era pappato anche i maroni buoni come due marron
glacè. Inoltre si era messo agli occhi come due lenti a
contatto i bulbi oculari dell'amante di Maria Luigia e così
dentro voltolavano come visioni i sogni del gatto e del topo che il
nano sognava. Il micione sempre a Coloreto fu urtato da una
automobile e facendo un gran volo il topone uscì dal deretano
del gatto.
Villa
il nano dal topo, così uscito da dentro la notte dentro la
notte perdendo di vista i suoi due compagni, fu davanti
all'abitazione dell'eternità, fornita di antennone che
captavano l'aldilà che illuminava la casa di luci d'oro come
un luna park, dentro la quale vide la servitù che finite le
faccende per la famiglia che serviva si era messa a mangiare alle tre
e mezzo di notte.
Edipopò, uno dei
servitori, lo invitò a salire in casa e chiacchierarono di
borgo Naipper, sita nella Parma immaginaria, dove il cameriere una
notte aveva visto lo scrittore Bevilacqua lanciare in un locale e
regalargli dei sigari livornesi e dei mazzi di banconote e poi il
servo consigliò al nano di recarsi in borgo del
Toponeformaggiogiggione dove c'erano delle trattorie in cui si
mangiavano ottimi tortelli, asciugati in formaggio grattugiato
prelibato, e la strada era frequentata da pittori naif.
Erano
le quattro di notte quando Villa il nano chiamò un taxi che
girò e rigirò senza trovare il posto in vicinanza
presunta a Borgo delle Colonne, ma esistente in una fodera irreale,
immaginaria, magica e surreale della città.
Il
taxista per mezzo del radiotaxi chiamò un suo collega detto il
Reggianaformaggiaio che sapeva dov'era la strada e arrivò a
caricare il nano sul suo taxi, color melone, dalle poltrone interne,
color prosciutto, e lo fece scendere in borgo del topone
formaggiggione, posto che era un colonnato di colonne a forma di
formone di parmigiano-reggiano in muratura, sovrapposte le une sulle
altre, e intonacate color giallo unto e dall'acciottolato di porfidi
a forma di volti minuscoli di tutti i pittori di tutti i secoli a
Parma, dai pittori naif della domenica, agli affrescatori di chiese.
Tutt'a un tratto vide sotto gli archetti del borgo di colonne due
toponi fiabeschi e reggiani camminare ritti sulle zampe posteriori e
dai grossi culi e parlare del derby calcistico del grana tra il Parma
e la Reggiana.
Villa
il nano mangiò tortelli in una trattoria del borgo con un
pittore naif chiamato Ampollino Galline e con loro c'erano altri tre
pittori detti: la Neva con delle ciglia a forma di fiocchi di neve e
Isissidore Duecazzoni e Camamillamammolino.
Il
locale era pieno di quadri minuscoli, coloratissimi e naif, tutti di
pittoruncoli che frequentavano la bettola. Dei pittori sopra citati
c'erano quattro quadri che Ampollino aveva pitturato dei chierichetti
che giocavano a calcio con un pallone di gomma a forma di ampollina.
La
Neva aveva dipinto Parma su cui cadeva neve dai fiocchi giganti a
forma di dromedari e cammelli. La neve caduta erano mucchi di questi
animali bianchi algidi come esangui e buttati gli uni sugli altri in
fosse comuni.
Camamillamammalino aveva
raffigurato un isolotto minuscolo a forma di testa di porchetta, in
mezzo al Po, dove prendeva il sole su una sdraio la duchessa Maria
Luigia.
Isissidore
Duecazzoni aveva pennellato un domatore dentro un gabbia sotto un
tendone da circo il quale faceva saltare, dentro ai cerchi infuocati,
tigri e leoni che, spelati, avevano la pelle color ciliegia e corpo
affusolato a forma di pene e da un buco del pavimento sotto si
vedevano le cantine con tanti culatelli appesi al soffitto come tanti
pungibol.
Infine,
arrivata l'alba, Villa il nano dormì per tre giorni di fila in
un letto mastodontico nel buio color petrolio nella canonica del
reverendo chiamato Maionesega Geovo. E il buio si infiammava e si
sfiammava di lampi per i sogni di Villa il nano.
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