giovedì 10 ottobre 2013

Il matrimonio







Al matrimonio di Elisabetta Farnese, in una notte di luna gonfia come una tortafritta e di cielo turchino, sfilavano carrozze di ogni tipo con sopra arcivescovi, preti e cardinali, notai e commercialisti dell'epoca, cuochi con pentoloni di brodo, zucche, maiali, veli di pasta per preparare anolini e tortelli e dischi di spumino per meringhe.
Il pittore del regno Ilario Mercanti, detto Spolverini, con calcato in testa un tubino color caco, impegnato a dipingere sul momento e sull'attimo l'evento delle nozze con una tavolozza, come una pizza napoletana sporca e farcita di colori. Villa il nano stava seduto con due soldati, angioloni bianco vestiti di pizzi a forma di chicchi di riso, chiamati Malvasione e Zabaionezaccherazzozzero, che erano le sentinelle delle nozze chiamati a difendere gli sposi dai malintenzionati, che fossero sbucati dai borghi con qualche pistola e dai proiettili a forma di gamberoni e di fossili come quelli incastrati nelle piastrelle del Duomo.
Villa il nano non stette al banchetto nuziale perché salutò tutti e, non prima di essere entrato in una latteria e aver giocato a un gioco elettronico, in cui aveva inserito una moneta gonfiolina e d'oro a forma minuscola di volto di Ranuccio Farnese, salì alla svelta sul carozzone e andò a Fontanellato, paese pieno di fontanoni zampillanti, malvasia e lambrusco, nella cui Rocca, Villa il nano era dipinto dal pittore Pip come un coiffeur pompettaio di profumi e lozioni, vestito con un camice con per bottoni dei pidocchi imbalsamati con le tibie unite a una unghia.
Le pinze per attaccarsi al capello all'interno di una barberia, splendente di specchi che ingigantiva la sua manona, con un rasoio dalla lama affilata a forma di un profilo da mendicante, dove partecipò alle nozze di un grillo e di una cavalletta vestita da valletta pittricessa e al cui banchetto era pieno di notabili di Parma tra i quali il calciatore Asprilla che, con una colombaia in testa mangiava tortelli alle erbe di campo.
Villa il nano risalutò tutti e corse nella notte in carrozza sino a Soragna dall'amante. Un nasone plurivincitore al concorso dei nasi che lo aveva lungo e a forma di pene, e dalla punta a forma di cappella. Con questi fece sesso penetrando il suo penino, microbo sessuale, nella narice e il campione del naso se lo soffiò con un fazzoletto come si fa con il raffreddore.
I due stettero davanti ad una finestra dal vetro giallo malvasia a guardare nella notte la torre di Soragna a forma di nasone bislungo.
Il soragnese dalla casa, piena di trofei vinti per il difetto di oblunguità del naso, chiese a Villa di potergli penetrare con questa cartilaginosità, allungata, il sedere, ma il nano preferì mangiare una spongata a forma di pongona, imbiancata di zucchero a velo, bevendoci dietro il liquore fermentato di zafferano.

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