Al
matrimonio di Elisabetta Farnese, in una notte di luna gonfia come
una tortafritta e di cielo turchino, sfilavano carrozze di ogni tipo
con sopra arcivescovi, preti e cardinali, notai e commercialisti
dell'epoca, cuochi con pentoloni di brodo, zucche, maiali, veli di
pasta per preparare anolini e tortelli e dischi di spumino per
meringhe.
Il
pittore del regno Ilario Mercanti, detto Spolverini, con calcato in
testa un tubino color caco, impegnato a dipingere sul momento e
sull'attimo l'evento delle nozze con una tavolozza, come una pizza
napoletana sporca e farcita di colori. Villa il nano stava seduto
con due soldati, angioloni bianco vestiti di pizzi a forma di chicchi
di riso, chiamati Malvasione e Zabaionezaccherazzozzero, che erano le
sentinelle delle nozze chiamati a difendere gli sposi dai
malintenzionati, che fossero sbucati dai borghi con qualche pistola e
dai proiettili a forma di gamberoni e di fossili come quelli
incastrati nelle piastrelle del Duomo.
Villa
il nano non stette al banchetto nuziale perché salutò
tutti e, non prima di essere entrato in una latteria e aver giocato a
un gioco elettronico, in cui aveva inserito una moneta gonfiolina e
d'oro a forma minuscola di volto di Ranuccio Farnese, salì
alla svelta sul carozzone e andò a Fontanellato, paese pieno
di fontanoni zampillanti, malvasia e lambrusco, nella cui Rocca,
Villa il nano era dipinto dal pittore Pip come un coiffeur pompettaio
di profumi e lozioni, vestito con un camice con per bottoni dei
pidocchi imbalsamati con le tibie unite a una unghia.
Le
pinze per attaccarsi al capello all'interno di una barberia,
splendente di specchi che ingigantiva la sua manona, con un rasoio
dalla lama affilata a forma di un profilo da mendicante, dove
partecipò alle nozze di un grillo e di una cavalletta vestita
da valletta pittricessa e al cui banchetto era pieno di notabili di
Parma tra i quali il calciatore Asprilla che, con una colombaia in
testa mangiava tortelli alle erbe di campo.
Villa
il nano risalutò tutti e corse nella notte in carrozza sino a
Soragna dall'amante. Un nasone plurivincitore al concorso dei nasi
che lo aveva lungo e a forma di pene, e dalla punta a forma di
cappella. Con questi fece sesso penetrando il suo penino, microbo
sessuale, nella narice e il campione del naso se lo soffiò con
un fazzoletto come si fa con il raffreddore.
I
due stettero davanti ad una finestra dal vetro giallo malvasia a
guardare nella notte la torre di Soragna a forma di nasone bislungo.
Il
soragnese dalla casa, piena di trofei vinti per il difetto di
oblunguità del naso, chiese a Villa di potergli penetrare con
questa cartilaginosità, allungata, il sedere, ma il nano
preferì mangiare una spongata a forma di pongona, imbiancata
di zucchero a velo, bevendoci dietro il liquore fermentato di
zafferano.
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