lunedì 8 aprile 2013

I bagni turchi








  Villa il nano arrivò nella chiesa di Tortiano una notte, durante una bufera di neve, alla presenza di Don Razzo Natalizio e la sua perpetua detta SantoMarmellata. Sotto la fitta nevicata vide due cacciatori: un chierichetto della chiesa vestito di un cappotto boccoloso di lana tinto color voto ossidato, chiamato merdaiolo, delle processioni dei diavoli e un ragazzo detto CrostatoSusino,  sparare con un fucilino dal calcio piatto di legno, laccato color spumino e intagliato a forma di forma di meringa, sparare a un fuco di api a forma di un minuscolo orso il quale, colpito di sfioro, colò mela che in dialetto pramzan  significa miele. Ferito prese posto come un peluche nel lettone di noce di fianco a Villa il nano che dormiva nel refettorio quella notte.
   Il fuco orso con il pungiglione pene a forme di susinino, posto nel culo, per affetto punse la guancia disegnandogli un minuscolo letto di falò.
   Villa il nano, mentre Don Razzo diceva il rosario con grani a forma di volti di piccolissimi politici della Democrazia Cristiana, tra i quali quelli di Andreotti, aveva nel taschino una foto di un poeta omolentesco di Tortiano chiamato Melocotone Tortone, dal cappello a forma di torta allamarmellata plastificata, e un penone di una mucca stranamente così armata e barrata con un bollo di una schedina del Totocalcio, con partite tra suore e seminaristi nei quali aveva fatto dodici sbagliando il risultato tra la squadra del neonato Gesù e quella chiamata del Seminarese.
   Villa il nano nella notte aveva sognato un fucile dal calcio di legno intagliato, a forma di torta crostata, con le listarelle di righe della pasta, che in un portafucili avevano sparato in aria per sbaglio nel ripostiglio buio dello sgabuzzino della canonica, siccome un topo si era intrufolato nel grilletto a forma di pera di una lupara. In questo modo aveva colpito la frangetta dorata di un gagliardetto della Bogolese calcio che stava appeso alla parete insieme a altri stemma di Club parmensi.
   Villa il nano era stato invitato da Don Razzo, in occasione del referendum pro Monarchia e della Repubblica, e all'atto di servire un tiramisù con savoiardi a forma dei volti dei Savoia. Un ragazzo chiamato Repubblichella avevo sparato con una pistola al dolce, distruggendola, facendo schizzare la crema ovunque nella stanza con i pezzi di savoiardi a forma dei volti dei Re.
   Rosario Villa il nano aveva raccontato a Don Razzo Natalizio, e al Don Peccatoriostracotta, di un suo giro al mercato delle pulci, a Parigi, dove aveva visto delle foto di alcune lesbiche dai capelli ricci a forma di more e con alle caviglie delle catenine, uno scricciolo imbalsamato, ipertoficamente, grosso come un elefante che un bambino africano aveva catturato con le palme e lo vendeva a una bancarella di gare di salti di pulci in cui si poteva scommettere, e c'erano anche dei denti d'oro a forma di ponti minuscoli di Parigi, sulla Senna, e una cartomante che facendogli le carte gli predisse che da sonnambulo avrebbe scritto una pagina del romanzo la "Ciociara" di Alberto Moravia. Infatti, una mattina, spiegava di avere scritto su di una scrivania una pagina scritta che descriveva una certa donna, detta la Stupracipra, che aveva stuprato una ragazza di suo pugno ma dalla cameriera detta la ServaCaffeet  DonStracotta.
   A Villa il nano gli ricordava quando in una chiesa, un mendicante, per guadagnare qualche monetina faceva scrivere le somme ad un topolino metà asino che aveva la peluria grigia e azzurra, e immancabilmente sbagliava. Villa il nano e Stracotta da una finestra avevano visto nuvoloni correnti a forma di grossi cavalloni montati a loro volta da cirri a forma dei più leggendari fantini del palio di Siena, ai quali una nube a forma di guardia comunale passava con la mano un nerbo a forma di bue: sempre sul culo.
     Nel bar Bettola chiamato "La Bara" un cameriere nano chiamato Baganzoloide faceva dei caffè espressi a Villa il nano, vestito di una redingote di raso variopinto color pappagallo, e calzando scarpine a forma di volto del presentatore televisivo Enzo Tortora conversava con un certo siciliano detto il Canedito, dalle Dita Tatuate color dei canditi. Su una parete c'era un gagliardetto della Juventus sfrangiato di seta dorata negli occhi della zebbrella rampante del quale, Villa il nano, vide i corsi delle strade di Torino tappetati di strisce di tappeti d'oro come i corridoi di un hotel sui quali lui, sulla macchina di ragazzi etiopi meravigliosi, tifosi della Juve e camerieri dell'albergo Tourin, chiamati Jiuvennari, e dalle unghie laccate oro dalla forma di gianduiotti in caroselli di migliaia di automobili Fiat aveva festeggiato lo scudetto del 1951, vinto dalla squadra bianconera di Boniperti, dove, sull'utilitaria con Villa il nano, c'erano anche i nani detti o chiamati Goccino di Uve e Cauda.
   Villa il nano poi tornava a fare il garzone nella barberia splendente di ottoni di Piazza della Steccata dal barbiere chiamato Squamo Forforo Follicolopeliferolozione. Durante la notte il lavatore di turche dei bar di Via Farini, Cavour, D'Azeglio e Bixio dagli scoli di porcellana delle turche a forma dei volti degli omonimi politici e con i soldi che racimolava sceglieva una delle tante trattorie in fila in Via D'Azeglio dai nomi come L'Ano d'Oro o la Gigia Maria.
   All'Ano D'Oro, bevacchiando lambrusco a forma di ani, Villa il nano sorbiva brodo con anolini a forma dei volti minuscoli dei deceduti che apparivano in foto sulla pagina dei morti della Gazzetta di Parma del giorno. Una sera in una di queste trattorie, chiamata Il Nano Porongone, Villa il nano vide trasmesso dalla tivù il Papa che per le Ceneri lavava i piedi ai cardinali. Uno di questi ecclesiastici bodenfio a dismisura aveva un piede gonfio che assomigliava a un neonato la cui testa era l'alluce.
   Villa il nano con il nano BIsestile  camminava in una Parma misteriosa, alternativa e costruita in maniera maccheronica, dalle torri intonacate a forme di salami noccuti, intonacati colore del budello, e gli piaceva molto una chiesa a forma di anolino gigante,  dal colore giallo brodo, dentro la quale, sulla cupoletta c'erano dipinte, sullo sfondo di un cielo apocalittico, delle navicelle extraterrestiche a forma di minuscoli anolini di alluminio fornite di luci psichedeliche.
   Davanti alla chiesa c'erano sentinelle dell'aldilà: ragazzi graziosi come ragazze dalle vesti pizzate e dai riccioli d'oro a forma di capponini e per cappelli dei pentoloni chiamati Pizziecheco e Madamarello Mandamattarello Resdorio  e i pittori Carmignani,  morti in quell'inverno di freddo algido da Tomba da scenografi che dipingevano di rosso dietro il cielo il tramonto. Invece sul tetto del carcere di San Francesco, gonfio di mattoni colo rena calcizzata, con l'acqua dei condotti farnesianii.
   Nella notte delle guardie meravigliose, chiamate Il Baffichetta e lo Sbarri dai capelli napoleonici, con la coccarda a forma di tortelloni di zucca colore canarino, o tube a forma di Petitot giallo o copricapi a forma di anolini sentinellava, avanti e indietro,  sotto gli ordini del maresciallo maggiore chiamato BurroGrazia e vedevano dall'alto Villa il nano che, da cameriere  stagionale, vestito di una divisa dalle maniche cucite a uncinetto, a forma  di due caffetterie, servire i clienti ai tavoli del caffè Bizzi in Piazza Garibaldi portando paste meringhe a forma di cimitero della Villetta minuscolo o malvasia color tempra gialla. Altri nani, suoi colleghi, servivano ai tavolini chiamati San Michelinoaragostagatti Gelatisalati, Gige Pongoni, Mammalina e appartamenti dei topi. Terminato il servizio ai tavolini finirono la notte lucidando i vasoni degli scoli delle turche del bar a forma dei volti dei politici della destra storica e ottocentesca. I nani Villa e GigePongoni  andavano, infine, nel Palazzo Fainardi, dinastia da cui era nato il pittore Nanni, autore di ritratti manieristi e a una finestra, fumando i sigari arrotolati a forma sottile di volto di Garibaldi, vedevano due barboni, chiamati Romanelli e CInemauticoninecittà scolarsi al bar dell'Orologio liquori verdini, fuggendo poi nei loro scarponi dopo avere lasciato pile di banconote, alcune del color cocorite altre color lingotto o incarto di gianduiotti emessi da Cavour e dal Regno sabaudo e il politico era stampato su una delle facce come un gianduiotto fuori corso e di solo valore filatelico.
    Frate Pentolone, un cuoco di uno dei refettori di una chiesa di Parma, discorreva con Villa il nano che il brodo di cappone variava d'intensità e colore da chiesa a chiesa e che il ripieno degli anolini di Natale era diverso da paese a paese nel parmense, e poi c'era chi per farlo usava il cavallo o il magoncino oppure il manzo o l'impasto di formaggio.
   Villa il Nano con il reverendo Santo Domenico Maria Villa nel 1903 aveva sorbito brodo con anolini a forma di volti minuscoli di curati allora attivi nelle parrocchie di Parma andandoli a mangiare.
  Nella casa del vecchino Baganzolo, dove arrivavano quella sera le voci dei giocatori di una partita di calcio, giocata in notturna nel campo sportivo del prete, nella nebbia a forma di cicogna, tra le squadre del Baganzola e del Colorno, dal colore della maglietta gialloparma, arbitrava il prevosto chiamato Arciciliegia con una borsetta dentro alla quale c'era un fischietto, una penna, un taccuino e i cartellini.
   Baganzola era un mondo alternativo a forma di anolino immenso. Parma, di fianco c'era un altro emisfero della stessa forma. Lì il dio parmense, nelle fattezze di un cappone gigantesco, tanuto e giallo, alle piume, vedeva dall'alto dei fiumi sottili perché lontani dalle acque color brodo. Il cappone gigantesco prese Villa il nano tra le zampe e lo depositò a Baganzola nel bar chiamato Bara dove faceva la cameriera la Bambolaganzola. In quegli anni, con il nano Begosino, Villa il nano andava anche in una trattoria di Vigatto a mangiare fette di tortafritta, gonfiatesi a forma di teschi, oppure andava a farsi tagliare i capelli presso una barberia gestita dal barbiere Romano, emigrato a Parma, detto il Re Bananumberta Carciofola Mammola, e pagava la scravatina con posatone color canarino dai manici a forma di questi gonfi uccellini gialli dai boccolini e riccioli all'implume d'oro, servizio di forchette, coltelli e cucchiai con cui una famiglia andata in malora per cui faceva il servitore.
   La toiletteria-barberia era piena di gagliardetti di squadre minori del calcio parmense e c'era lo stemma del Palanzano che aveva per simbolo il testicolo, e poi lo stemma del Felino con simbolo il gatto, e lo stemma del Porporano dall'araldo a forma di rano rampante color porpora, e poi dell'Ostialido calcio di Roma con simbolo un calice e l'ostia del sacramento. In quell'epoca frequentava un certo nano chiamato Mammarma che possedeva una pistola dal tamburo a forma minuscola del Quirinale, con le minuscole poltroncine dove sedeva la destra e la sinistra storica come porta proiettili, che erano a forma dei vari politici: De Pretis, La marmora, Rattazzi e Giolitti.
   Un giorno per l'incontro di calcio Roma - Lazio davanti allo stadio Olimpico vidi due tifosi arrestati e sequestrati negli autoblinda della polizia i quali si chiamavano Albergentoli e Albertangeli che si ombrellavano e uno di questi urlava: "Evviva il calciatore Giggia".
   Villa il nano nella cantina della chiesa di Catelguelfo, vicino a Pontetaro, piena di vini rossi marca San Quirinole, assistette a tre marocchini che stupravano il culo di Don Guido Turacciolpretino e poi fuggivano nei campi lontani di Noceto rimasti introvabili perché saliti su un noce dove si erano nascosti dentro tre noci bacate bucate e grosse come botti in cui erano riusciti a entrare.    







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