sabato 31 maggio 2014

La cocaina






La cocaina


Villa il nano terminò la notte in un nightclub minuscolissimo con spettacolini di spogliarelli di donnine. Fra tutte le donne presenti scelse l'entraineuse chiamata Ines Grissinès, una donna di Torino dagli occhi color bagna cauda, dalle gambine sottili come grissini che si ricordò frequentare il suo medesimo callista detto la Furba Pernice, la quale portò in una stanzina il nano e lo riempì di mille bacini.
Villa il nano rivide la donna vecchia e rugosa, ma elegantemente ingioiellata da escort di alto bordo, con un signorile barboncino grigio in un hotel del centro di Torino che stava seduta a un tavolo intenta a giocare con il suo amante a Pinacola, specie di gioco torinese delle carte. Questo successe nel 1967, anno in cui il calciatore del Torino Gigi Meroni conviveva con una ragazza, incontrata in un luna park, la quale aveva la carnagione e il colore dei capelli color della luna, come se il suo corpo splendesse come un neon.
All'epoca Villa il nano andava a trovare in un palazzo dormitorio di Settimo Torinese un operaio calabrese della Fiat detto Anduia che gli preparava una cena a base di anduia spalmato su fette di pane e salame pizzicante e diavolo, poi viaggiavano nella notte attratti dal profumo delle panetterie e dei grissini che si sfornavano lì prima che facesse l'alba o con un ragazzino di Torino detto il Fantasma Asmatico, dagli abiti a pizzi e da poeta, debole di salute ma necroforo, dalla casa piena di talismani, il quale, dirò, evocava l'anima di Marcel Proust leggendo un libro illuminato con una torcia militare e con questi andava anche nella basilica di Superga a praticare sedute spiritiche sui giocatori del Torino, precipitati con il loro aereo contro di essa.
Villa il nano aveva soprannominato Gabetto il Bego, Mazzola Malacazzo e Bacigalupo Bacidalupo. Leggendo i nomi delle loro lapidi, e poi arrivava all'aereo della città la cocaina venezuelana confezionata appositamente per l'avvocato Gianni.
Il ragazzo era diventato una specie di asmatico sniffando anche lui con cannucce da bibite da bagnini sabbioni la polvere caina che invece Agnelli aveva soprannominato dama bianca, e il suo cucchiaino era l'unghia di un piccione morto in cui raccoglieva la polverina per tirarla su con il naso.
Villa il nano in quegli anni faceva il garzone coiffeur presso una barberia juventina detta Cavillar Perosa ed aveva imparato a tagliare i capelli da un amico barbiere, amico dell'Asmatico che gli faceva acconciare parrucche posate su calve di teschi.
Nelle sere calme in cui il Po era innevato, come di forfora o cocaina, Villa il nano andava mangiare le specialità torinesi nelle trattorie sui corsi che davano sul fiume frequentate dai giocatori del Torino anni sessanta dai basettoni o favoriti spessi e folti come se fossero ussari e frangette o frangione come se fossero fratini e abatini.




La Strepponi
 
L'abitazione dei cugini di mio nonno si trovava a Pontetaro e l'edificio che la ospitava dava sulla via Emilia. All'interno della casa, in un salotto pacchianamente liberty, stipato di spettatori curiosi, una ponghellina seduta sopra un organetto strimpellava arie di Verdi. All'altezza delle canne dell'organo minuscolissimo spiccava, lontano, l'angioletto sul Duomo di Parma e lungo la strada, dalla finestra, si vedevano in fila migliaia di prostitute nella bufera di neve di quella notte di Natale del 1919.
Bonifaccio Semortina, prete di Semoriva, paese vicino a Busseto, il quale con il vecchio Verdi aveva addomesticato la ponga musica che veniva da un fosso, l'aiutava a sfogliare gli spartiti con le note delle opere liriche. Poi mio nonno bambino, i cugini chiamati di cognome Amaridabar e Villa il nano, nella notte andavano a dire qualche preghierina nella cappellina della rocca di Noceto, dalla cupola a forma di cappuccetto di pene, con dipinte delle passerotte gonfioline e un presunto frate medievale che parlava con gli uccellini. Con la macchina utilitaria bianca e bombata a forma di oca Villa il nano tornò a casa nella notte con l'allegra brigata e l'ocone di metallo voltava e rivoltava le curve. Pescegatto, il vecchio custode di Pontetaro, aprì i cancelli dai quali erano chiuse le porte del paese e Villa il nano lasciò gli altri nelle rispettive abitazioni riprendendo la via per Parma.
Dopo quel Natale ponghellino morì e non suonò più Verdi a casa Amari, dal bel carellino-bar pieno di liquorini simbolo dipinto nella loro balzana dal quale i signori offrirono un fernet con la bottiglia, dall'etichetta unica ed originale, in cui era stampata a colori una tennista che scagliava con un racchetta, in un campo erboso verde color dell'amaro, una pallina che inciampava sul net passando nella metà campo dell'avversaria.
Si racconta che la ponghella musichella entrò nella casa di Verdi, ormai morto, piena di grammofoni a forma di verdure da lanciare dal loggione e suonò opere di Verdi con un piffero dalla forma allungata di volto del musicista e precisamente l'arietta di "si libiam" all'orecchio dell'amante del compositore lirico, chiamata Tripponi, dai baffoni bianchi e incollati di Giuseppe e poi la bestiolina ebbe una convulsione e morì tremando comicamente.






La squadra della Ternana


Villa il nano e i nani amici chiamati Zanzarabanana e Croccanzio Grassagra degli Infanziana facevano la fila davanti ad una biglietteria dello stadio di Terni per andare a vedere una partita della Ternana, squadra dal gagliardetto con un pianeta e una bambina nana.





I ragni


Villa il nano passava l'estate da lavatore di tazze di bagni di trattorie a Pisa, città dea della piscia e puliva ogni mattina, in un water a forma minuscola di Torre di Pisa, le feci d'oro del nano detto Pipìmiracoli, figlio del proprietario della trattoria dove era sito il gabinetto.
Di solito giungeva lì con un taxi guidato dal conducente chiamato di cognome Pineta, il quale gli raccontava che ragni vedove rosse che avevano riempito una chiesa di ragnatele rosso porpora come tessendo vere e proprie paratie al suo interno.





Il circolo del tennis
Quella notte, sotto la bufera di neve, Villa il nano arrivava dai borghi vestito con una pelliccia di lince azzurra e cucita bombata come un bocciolo di un fiorellino "Non ti scordar di me", il quale incontrò un vecchio mendicante in compagnia di un fanciullino chiamato Remino Cattonino, vestito di un velluto giallo malvasia, dai bordi color lambrusco, e una scimmietta che addomesticata aveva fatto ballare sui marciapiedi, sotto i portici di Via Farini e con le monete racimolate si stavano dirigendo in una trattoria a mangiare qualcosa.
All'Annunciata, chiesona a forma gigante in muratura di volto di Padre Lino, dall'intonaco color giallo anolino, un pretino biricchino dal cappello tricorno e il naso rosso rapa, chiamato Geovaffanculino, disse messa e poi, bevuti cinque o sei bruschi, serrò con un chiavistello la patta della serratura del refettorio dentro al quale erano rimasti il chierichetto nano Natalino, suor Orsa Sola, e il reverendo di nome di battesimo chiamato Enologore che cominciò, da pedofilo e stupratore, a fare carezze e punzecchiate i due mentre da uno scolo di una fogna entravano nella stanza toponi, Puzzolone e faine rossicce color bitter analcolico ed antico.
Villa il nano con l'amico chiamato Napopòlitano vedeva il prete aggirarsi nella chiesa dentro le sue finestre, seduto a un tavolino di una pizzeria, davanti al chiesone, e lì stavano mangiando una pizza a forma minuscola di stivale italiota, come la crosta terrestre della penisola italiana, e un calzone a forma di Sicilia. Nel locale non si faceva che parlare dell'omicidio di una tennista chiamata Ester Sigarettestere fatta a tranci con il pezzo della vulva infilzato a un vibratore da un certo Michelotti che poi era fuggito in Nepal portando seco i bulbi oculari:gli occhi come due Pietrangeli della donna che un chirurgo africano trapiantò su uno schiavo, il quale accoltellò ed uccise Michelotti come se la donna tennista dentro l'assassino Nepalese si fosse voluta vendicare del suo omicida.
Con il nano Nottombulo Villa il nano infine andò a trovare un malvivente detto Al Cappone nella sua casa dove c'era un affresco in cui era raffigurata Parma sovrastata dall'alto dal Dio parmigiano con il corpo di cappone gigantesco e la testa a forma di immenso anolino. In una clinica invece dove erano ricoverati solo preti Villa il nano era al capezzale del Don chiamato Ostiaccio Enzimatto dal pallore dell'internato del colore dell'ostia e le labbra della bocca colore viola, il quale con lui era andato a una partita della Lazio di Piola in compagnia del diacono chiamato Fallo Penalty.





Il falcone

Dio nel Big Ben parmigiano scaraventò tre avvocati di Parma quali Sozzi, Fontanabona ed Insalata dentro il tribunale di Parma e vi catapultò lì anche Tanzi e Silingardi, dentro tazze giganti piene di latte dai ricami della schiuma a forma di putti soffici.
I due erano pronti ad essere accusati per il crac Parmalat e, condannati agli arresti domiciliari, si diressero nei loro poderi dai fondi sterminati, pieni di selvaggina, dove andavano a caccia con un falcone dal piumaggio bianco latte, mascotte della ditta Parmalat. Villa il nano, infine, con Callo dagli antenati ciabattini e lattai e Lucianin in trampoli, su tacchi a spillo applicati a mocassini per tradire la bassa statura, partì in aereo con il Parma Calcio di cui Ciabattanzi era il presidente e Villa il nano era seduto di fianco ai calciatori Meli, Mignotti e Ozio.





I piloti
 
Il curatore dei conti della Parmalat il Lucianin Silingardi scendeva, popputo di un seno gonfio di latte, dalla scaletta dell'aereo appena atterrato insieme ai giocatori. Villa il nano era nella comitiva vestito da antico lattaio, infine il giorno seguente, tornato lì, beveva un caffè al bar Monaca in piazza Santa Croce chiacchierando con tifosi crociati della vittoria del Parma.
Villa il nano poi andava a dormire nella canonica della chiesa di Porporano da don Enore Vaccoli su un letto dalle lenzuola colore delle paratie porpora con stampati dei volti di cardinali neri dove si sognò in una trattoria, sita in una cantina sotterranea, in cui si sorbiva solo brodo e di cui se ne poteva servire con un mestolo, da una pentola gigante a forma di fonte battesimale, andava a giocare a zara con un dadino Star usato per insaporire le pietanze brodose in compagnia di uno scrittore dai romanzi sconci, per questo messo all'indice, chiamato Caztello.
In uno dei racconti narrava di ragazzotti e vecchini socialisti dal garofano all'occhiello che partecipavano a orge politiche organizzate dall'amante del fondatore del partito chiamata Anna Culisciov. Alcuni di questi avevano congegni applicati ai fiori di plastica inseriti nelle asole, i quali per mezzo di una pompetta sotto la camicia potevano se pigiata sparare gocce di piombo dai petali ai loro nemici di seggio.
Villa il nano agli inizi del novecento era stato invitato a Montecarlo a una festa su uno yacth dal quale si potevano seguire le macchine da corsa a forma di biscotti Plasmon guidate da Fango, Pericotti e Nembolari detto Nembo Kyd con gli occhialoni neri.
A notte fonda sul motoscafo avevano aperto un ostrica al cui interno c'era una perla azzurra e un dito tagliato ad una donna con infilato un diamante a forma di naso di Dante Alighieri che risultò essere quello di una principessa fatta a pezzettini dall'amante industriale di sigarette giorni prima, infine sul barcone suonò un gruppo rock con bassi a forma di lucertoloni metallici e vino e champagne colavano nelle coppe e Nembolari, il pilota invitato anche lui lì, brindava e beveva nell'incavo del volante della monoposto disapplicato dall'automobile dopo la corsa.




Gli sbirri
Il pescatore di frodo chiamato Comacio pettinava l'ondina dei suoi capelli bianchi specchiandosi nell'aletta di una zanzara e la vecchia moglie, detta l'Angiula Anguillona, lo aiutava a ordinarsi la chioma con un pettine a forma di lische di rombo.
Villa il nano partiva all'alba sul barcone del fiocinino per pescare le anguille in compagnia di un prete che gli diceva che il calcio derivasse dal Golgota e che su un incrocio dei pali di un campo sportivo era stato crocefisso un portiere che aveva venduto la partita prendendo tanti goal.
Girava per Comacchio un balilla vestito di pelle di anguilla nera e suo compare era un soldato avanguardista vestito di una divisa militare color lilla con una pistola a forma di anguilla. I due salivano insieme a Villa il nano su una battana remata dal barcarolo detto l'Angiulico e navigarono sotto una galleria dai soffitti a botte, illuminata da una lanterna, seguiti da una barca dove per carnevale invertito ladri dai baffini si erano travestiti da sbirri con dei fucili dalle canne d'argento a forma di bisce di mare, questi entrarono salendo tre scalini di marmo scolpiti a forma di anguille nella casa della signora detta La Ranocchia del Delta, dalla biblioteca piena di libri di favole sulle rane tra le quali la fiaba sulla rospa palestrata che, a furia di far pesi, si era gonfiata più di un toro ed infine era scoppiata. A Villa il nano che trovava poeticissima la notte fuori con le macchine dai fanali luminosi la signora esclamò che le automobili erano soltanto delle lamiere con delle lampadine.



Il riso

Nel lontano Ottocento arrivarono delle truppe soldatesche di zanzare con nella zampa la lancia pungiglione nel paese di Anita, vicino a Ferrara, e i nemici Zampirone e Ddt l'insetticida cercavano di sterminarle per difendere Giuseppe Garibaldi giunto lì perché ferito dalle loro punture. In quegli anni in una chiesa di Torino dai confessionali di cioccolato Villa il nano frociamente sposò Camillo Benso Conte di Cavour e sul sagrato della basilica, quando i due uscirono scortati da guardie sabaude, la folla accorsa al matrimonio lanciò riso delle risaie di Vercelli dai chicchi a forme minuscole di volti del re Vittorio Emanuele. I due fuggirono in carrozza per il loro viaggio di nozze e Cavour aveva favoriti tagliati dal rasoio a forma di due gianduiotti tinti come l'incarto di questi dorati e se il corpo tradiva una certa mollivia perché grassoccio e pingue, aveva occhi castani tondi e muscolosi. Erano diretti nelle Langhe nei cui tartufi giganteschi, affioranti dalla terra, si specchiava Torino con i suoi palazzi d'oro e con loro c'era il cardinale chiamato Piamonte che si spalmava, durante il viaggio, nutella-gianduia cremosa su fette di pane. Arrivarono a Canelli all'albergo della Posta o Albergo dell'Angelo dove un cameriere,terrazzano d'estate e servitore d'hotel d'inverno lì servì a tavola e infine i nembi, le nuvoline e i cirrini delle loro scopate riempivano l'ultima stanza del corridoio della locanda.





La cavia di Pavia


Villa il nano, il pittore Nasone, nonno del pittore Sirocchi e l'affrescatore detto il Bar, autore di quadri con interni di caffè, in compagnia del don chiamato Tossiscastello Catarrocchi, era sulla postazione della torre di Sant'Antonio, chiesa sita in Via della Repubblica e visitata da mosche a forma di tortelli ed anolini, in cui avevano apparecchiato una tavola e così questi mangiavano i preparati della rezdora bambina detta l'Uocona, serviti dal cameriere detto Gatto Felino dal corpetto della divisa di peli di gatto salente la scala della torre campanaria con i piatti.
Il Dio parmigiano con la testa a forma di anolino immenso e le dita a forma di tocchi infiniti di Parmigiano-Reggiano pisciava brodo su Parma e vedeva i cenatori sulla torre il pittore Sirocchi, dal naso lungo a forma di salame, il reverendo dai capelli color catarro, l'affrescatore detto il Bar con le orecchie a forma di tazzine e Villa il nano con un libro di favole del fiabista detto Esoparma, in due leggende del quale si raccontava di un caseificio castello, dove per frenare l'assalto dei nemici contro questi erano stati sparati formoni di formaggio e di un casaro che per trafugare il corpo di un neonato assassinato l'aveva messo nel caglio e poi era rimasto dentro nella forma di formaggio indurito e stagionato. Sirocchi parlava di un pittore barbiere detto il Cavilsetoledipennello e di Villa il nano a proposito di un viaggio su un taxi giallino color Grana Padanucolo a forma di forma gigante di questo formaggio guidato da una cavia gigante, addomesticata, chiamata Certosa che lo portava nella notte nel pavese.



I macellai

Villa il nano,vestito di un abito verde pistacchio con i pizzi rosati da buffone, che a suo tempo aveva indossato anche il cantante Claudio Villa al festival di San Remo, e che Perigilio, uno di Pontetaro aveva molto applaudito davanti alla tivù con i macellai chiamati Armacellone dei Sanguinari e Mammuccellino, andò a mangiare in una trattoria di Sanguinaro chiamata il Grugno del maiale e nell'osteria, dove c'era un quadretto di San Gennaro, i tre mangiarono piedini e sangue di maiale fritto con l'olio.
L'oste detto Sanguone pigiava i pulsanti di una televisione vetusta sui cui due unici canali trasmettevano notizie calcistiche. Villa il nano tifava per la "Signora", una baldracca che giocava nella Juventus e aveva segnato due goal al Milan.
Villa il nano e i due macellaioni una volta finito di mangiare entrarono nella chiesa del paese, affrescata con macchie di sangue, e con un dipinto che raffigurava un frate che elargiva ghiande a passerotti a forma di minuscoli porcellini, con le alette che norcini in agguato erano pronti a catturare. Villa il nano fumò lì una sigaretta all'incenso dalle volute voluttuose di fumo profumato di gommaresina. Nella notte passò il pullman del Sanguinaro Calcio nel cui gagliardetto era effigiata una scrofa sanguinante e Sanguinacci, uno dei giocatori seduti sulla corriera aveva sotto un braccio una vescica di maiale gonfiata per pallone ed Emoglobina, l'allenatore così chiamato esortava la sua ala destra a giocare le partite come il goleador detto Frutto di Bosco Bruno (Mora Bruno). Nella trattoria c'erano stanze ai piani di sopra a pagamento e Villa il nano vi dormì con i due frocioni e a notte fonda arrivarono a fare delle orge i nani chiamati (Por)Cella e Mammedesano, uno di Cella e uno di Medesano, i quali erano ricoperti di chiazze-voglie rosse alla pelle, ma cherubini grassoni ed impinguati di salame dagli occhi turchini e Sanguone dal piano di sotto sentiva i sessuomani urlare: "Dai, dai!" e pensava tifassero a una tappa del Giro d'Italia i ciclisti Mosceron e Ronni, infatti Villa il nano, impugnando con guanti d'oro vibratori a forma di salami, rivestiti di stoffa color budello sgargiante perché di raso, inculava gli altri.
Infine con una 127 bianca della Fiat a forma di cicogna, guidata da Villa il nano, all'alba andarono a Varano Marchesi nella tabaccheria aperta a quell'ora a comprare sigarette e passarono da Cella dove c'era la prigione-porcile delle scrofe con cui i Medesanesi producevano i loro salami.




Il burocrate

Ai tempi di Marialuigia dalle macellerie ducali ed equine fuggì un cavallo che corse impazzito per le strade di Parma. A quell'ora, nudo, Villa il nano fuggì dal carcere di San Francesco evitando gli sbirri in sentinella, con cappelli a forma di fossili vongole dello Stirone, e si diresse alla Steccata dove aprì la tomba del Naipper. Lì rubò i vestiti, abiti dell'impero austriaco che lo vestivano come una vestaglia pesante e gallonata di gradi e nella notte si diresse al palazzo ducale di Colorno, dalle scalinate interne grandiose di marmo, e un burocrate grassone, pieno di porri come ceci in volto, con i capelli canuti e riccioloni, chiamato Venecchioni, gli esaminò la carta d'identità con una lente a forma di anolino ingrandente, cosicché per convalidargli l'espatrio nel paese di Sacca pigiò su un bollo, con un marchio intriso di inchiostro, e vi applicò anche un francobollo a forma di tortello di zucca lievemente colorato color canarino, il ripieno, e lavorato ai lati di ricami bellissimi a forma di mani minuscole e affusolate di rezdora settecentesca.
Quindi arrivò a Sacca nella locanda dove alloggiò per diversi anni, qui incontrò il mastodontico disertore chiamato Coccone Cocconi con un volto da bambinone pupattolone e rimbamba, il quale portava calcato in testa un cappello rivestito di velluto a forma di vascello dallo scafo a forma di cocco. Questo copricapo era appartenuto ad antichi antenati del suo ramo genealogico. Nella trattoria-alberghetto i due mangiavano l'anitra ripiena con le arance delle quali l'oste si serviva nell'Aranciaia di Colorno.
Una notte Villa il nano tornò furtivamente a Parma per recuperare lo spazzolino e il dentifricio. Fece appostare la carrozza, nascosta in un borgo, e sbrigò, non visto, la faccenda in pochi minuti, poi ripartì sulla carrozza color lambrusco dalle tendine color malvasia. Fumava un sigaro nano, spesso e color fagiolo, e fece tappa a Colorno dove, sotto i portici, nella notte, in un bar mangiò un bignè a forma minuscola di putto glassato color giallo Parma, bevendoci dietro un bicchiere di Assenzio.
Nel caffè entrarono delle guardie che gli chiesero gli effetti personali e lo lasciarono andare perché sulla sua carta d'identità un falsario aveva scritto: cannoniere della squadra di Calcio del Sacca. Poi nel bar venne salutato da un barbiere di Colorno detto il Certosa e, ripartendo per fare ritorno a Sacca, rivide un suo compagno di cella quando era in galera, precisamente il bambino chiamato Gigiaio, il quale con lui aveva rubato una scatola di cioccolatini in un bar nel centro di Parma.
  





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