La cocaina
Villa
il nano terminò la notte in un nightclub minuscolissimo con spettacolini di
spogliarelli di donnine. Fra tutte le donne presenti scelse l'entraineuse
chiamata Ines Grissinès, una donna di Torino dagli occhi color bagna cauda,
dalle gambine sottili come grissini che si ricordò frequentare il suo medesimo
callista detto la Furba Pernice, la quale portò in una stanzina il nano e lo
riempì di mille bacini.
Villa
il nano rivide la donna vecchia e rugosa, ma elegantemente ingioiellata da
escort di alto bordo, con un signorile barboncino grigio in un hotel del centro
di Torino che stava seduta a un tavolo intenta a giocare con il suo amante a
Pinacola, specie di gioco torinese delle carte. Questo successe nel 1967, anno
in cui il calciatore del Torino Gigi Meroni conviveva con una ragazza,
incontrata in un luna park, la quale aveva la carnagione e il colore dei
capelli color della luna, come se il suo corpo splendesse come un neon.
All'epoca
Villa il nano andava a trovare in un palazzo dormitorio di Settimo Torinese un
operaio calabrese della Fiat detto Anduia che gli preparava una cena a base di
anduia spalmato su fette di pane e salame pizzicante e diavolo, poi viaggiavano
nella notte attratti dal profumo delle panetterie e dei grissini che si
sfornavano lì prima che facesse l'alba o con un ragazzino di Torino detto il
Fantasma Asmatico, dagli abiti a pizzi e da poeta, debole di salute ma
necroforo, dalla casa piena di talismani, il quale, dirò, evocava l'anima di
Marcel Proust leggendo un libro illuminato con una torcia militare e con questi
andava anche nella basilica di Superga a praticare sedute spiritiche sui
giocatori del Torino, precipitati con il loro aereo contro di essa.
Villa
il nano aveva soprannominato Gabetto il Bego, Mazzola Malacazzo e Bacigalupo
Bacidalupo. Leggendo i nomi delle loro lapidi, e poi arrivava all'aereo della
città la cocaina venezuelana confezionata appositamente per l'avvocato Gianni.
Il
ragazzo era diventato una specie di asmatico sniffando anche lui con cannucce
da bibite da bagnini sabbioni la polvere caina che invece Agnelli aveva
soprannominato dama bianca, e il suo cucchiaino era l'unghia di un piccione
morto in cui raccoglieva la polverina per tirarla su con il naso.
Villa
il nano in quegli anni faceva il garzone coiffeur presso una barberia juventina
detta Cavillar Perosa ed aveva imparato a tagliare i capelli da un amico
barbiere, amico dell'Asmatico che gli faceva acconciare parrucche posate su
calve di teschi.
Nelle sere calme in cui il Po era innevato, come di forfora o cocaina,
Villa il nano andava mangiare le specialità torinesi nelle trattorie sui corsi
che davano sul fiume frequentate dai giocatori del Torino anni sessanta dai
basettoni o favoriti spessi e folti come se fossero ussari e frangette o
frangione come se fossero fratini e abatini.
La Strepponi
L'abitazione
dei cugini di mio nonno si trovava a Pontetaro e l'edificio che la ospitava
dava sulla via Emilia. All'interno della casa, in un salotto pacchianamente
liberty, stipato di spettatori curiosi, una ponghellina seduta sopra un
organetto strimpellava arie di Verdi. All'altezza delle canne dell'organo
minuscolissimo spiccava, lontano, l'angioletto sul Duomo di Parma e lungo la
strada, dalla finestra, si vedevano in fila migliaia di prostitute nella bufera
di neve di quella notte di Natale del 1919.
Bonifaccio
Semortina, prete di Semoriva, paese vicino a Busseto, il quale con il vecchio
Verdi aveva addomesticato la ponga musica che veniva da un fosso, l'aiutava a
sfogliare gli spartiti con le note delle opere liriche. Poi mio nonno bambino,
i cugini chiamati di cognome Amaridabar e Villa il nano, nella notte andavano a
dire qualche preghierina nella cappellina della rocca di Noceto, dalla cupola a
forma di cappuccetto di pene, con dipinte delle passerotte gonfioline e un
presunto frate medievale che parlava con gli uccellini. Con la macchina
utilitaria bianca e bombata a forma di oca Villa il nano tornò a casa nella
notte con l'allegra brigata e l'ocone di metallo voltava e rivoltava le curve.
Pescegatto, il vecchio custode di Pontetaro, aprì i cancelli dai quali erano
chiuse le porte del paese e Villa il nano lasciò gli altri nelle rispettive
abitazioni riprendendo la via per Parma.
Dopo
quel Natale ponghellino morì e non suonò più Verdi a casa Amari, dal bel
carellino-bar pieno di liquorini simbolo dipinto nella loro balzana dal quale i
signori offrirono un fernet con la bottiglia, dall'etichetta unica ed
originale, in cui era stampata a colori una tennista che scagliava con un
racchetta, in un campo erboso verde color dell'amaro, una pallina che
inciampava sul net passando nella metà campo dell'avversaria.
Si racconta che la ponghella musichella entrò nella casa di Verdi, ormai
morto, piena di grammofoni a forma di verdure da lanciare dal loggione e suonò
opere di Verdi con un piffero dalla forma allungata di volto del musicista e
precisamente l'arietta di "si libiam" all'orecchio dell'amante del
compositore lirico, chiamata Tripponi, dai baffoni bianchi e incollati di
Giuseppe e poi la bestiolina ebbe una convulsione e morì tremando comicamente.
La squadra della Ternana
Villa
il nano e i nani amici chiamati Zanzarabanana e Croccanzio Grassagra degli
Infanziana facevano la fila davanti ad una biglietteria dello stadio di Terni
per andare a vedere una partita della Ternana, squadra dal gagliardetto con un
pianeta e una bambina nana.
I ragni
Villa
il nano passava l'estate da lavatore di tazze di bagni di trattorie a Pisa,
città dea della piscia e puliva ogni mattina, in un water a forma minuscola di
Torre di Pisa, le feci d'oro del nano detto Pipìmiracoli, figlio del
proprietario della trattoria dove era sito il gabinetto.
Di
solito giungeva lì con un taxi guidato dal conducente chiamato di cognome
Pineta, il quale gli raccontava che ragni vedove rosse che avevano riempito una
chiesa di ragnatele rosso porpora come tessendo vere e proprie paratie al suo
interno.
Il circolo del tennis
Quella
notte, sotto la bufera di neve, Villa il nano arrivava dai borghi vestito con
una pelliccia di lince azzurra e cucita bombata come un bocciolo di un
fiorellino "Non ti scordar di me", il quale incontrò un vecchio
mendicante in compagnia di un fanciullino chiamato Remino Cattonino, vestito di
un velluto giallo malvasia, dai bordi color lambrusco, e una scimmietta che
addomesticata aveva fatto ballare sui marciapiedi, sotto i portici di Via
Farini e con le monete racimolate si stavano dirigendo in una trattoria a
mangiare qualcosa.
All'Annunciata,
chiesona a forma gigante in muratura di volto di Padre Lino, dall'intonaco
color giallo anolino, un pretino biricchino dal cappello tricorno e il naso
rosso rapa, chiamato Geovaffanculino, disse messa e poi, bevuti cinque o sei
bruschi, serrò con un chiavistello la patta della serratura del refettorio
dentro al quale erano rimasti il chierichetto nano Natalino, suor Orsa Sola, e
il reverendo di nome di battesimo chiamato Enologore che cominciò, da pedofilo
e stupratore, a fare carezze e punzecchiate i due mentre da uno scolo di una
fogna entravano nella stanza toponi, Puzzolone e faine rossicce color bitter
analcolico ed antico.
Villa
il nano con l'amico chiamato Napopòlitano vedeva il prete aggirarsi nella
chiesa dentro le sue finestre, seduto a un tavolino di una pizzeria, davanti al
chiesone, e lì stavano mangiando una pizza a forma minuscola di stivale
italiota, come la crosta terrestre della penisola italiana, e un calzone a
forma di Sicilia. Nel locale non si faceva che parlare dell'omicidio di una
tennista chiamata Ester Sigarettestere fatta a tranci con il pezzo della vulva
infilzato a un vibratore da un certo Michelotti che poi era fuggito in Nepal
portando seco i bulbi oculari:gli occhi come due Pietrangeli della donna che un
chirurgo africano trapiantò su uno schiavo, il quale accoltellò ed uccise
Michelotti come se la donna tennista dentro l'assassino Nepalese si fosse
voluta vendicare del suo omicida.
Con il nano Nottombulo Villa il nano infine andò a trovare un malvivente
detto Al Cappone nella sua casa dove c'era un affresco in cui era raffigurata
Parma sovrastata dall'alto dal Dio parmigiano con il corpo di cappone
gigantesco e la testa a forma di immenso anolino. In una clinica invece dove
erano ricoverati solo preti Villa il nano era al capezzale del Don chiamato
Ostiaccio Enzimatto dal pallore dell'internato del colore dell'ostia e le
labbra della bocca colore viola, il quale con lui era andato a una partita
della Lazio di Piola in compagnia del diacono chiamato Fallo Penalty.
Il falcone
Dio
nel Big Ben parmigiano scaraventò tre avvocati di Parma quali Sozzi,
Fontanabona ed Insalata dentro il tribunale di Parma e vi catapultò lì anche
Tanzi e Silingardi, dentro tazze giganti piene di latte dai ricami della
schiuma a forma di putti soffici.
I due erano pronti ad essere accusati per il crac Parmalat e, condannati
agli arresti domiciliari, si diressero nei loro poderi dai fondi sterminati,
pieni di selvaggina, dove andavano a caccia con un falcone dal piumaggio bianco
latte, mascotte della ditta Parmalat. Villa il nano, infine, con Callo dagli
antenati ciabattini e lattai e Lucianin in trampoli, su tacchi a spillo
applicati a mocassini per tradire la bassa statura, partì in aereo con il Parma
Calcio di cui Ciabattanzi era il presidente e Villa il nano era seduto di
fianco ai calciatori Meli, Mignotti e Ozio.
I piloti
Il
curatore dei conti della Parmalat il Lucianin Silingardi scendeva, popputo di
un seno gonfio di latte, dalla scaletta dell'aereo appena atterrato insieme ai
giocatori. Villa il nano era nella comitiva vestito da antico lattaio, infine
il giorno seguente, tornato lì, beveva un caffè al bar Monaca in piazza Santa
Croce chiacchierando con tifosi crociati della vittoria del Parma.
Villa
il nano poi andava a dormire nella canonica della chiesa di Porporano da don
Enore Vaccoli su un letto dalle lenzuola colore delle paratie porpora con
stampati dei volti di cardinali neri dove si sognò in una trattoria, sita in
una cantina sotterranea, in cui si sorbiva solo brodo e di cui se ne poteva
servire con un mestolo, da una pentola gigante a forma di fonte battesimale,
andava a giocare a zara con un dadino Star usato per insaporire le pietanze
brodose in compagnia di uno scrittore dai romanzi sconci, per questo messo
all'indice, chiamato Caztello.
In
uno dei racconti narrava di ragazzotti e vecchini socialisti dal garofano
all'occhiello che partecipavano a orge politiche organizzate dall'amante del
fondatore del partito chiamata Anna Culisciov. Alcuni di questi avevano
congegni applicati ai fiori di plastica inseriti nelle asole, i quali per mezzo
di una pompetta sotto la camicia potevano se pigiata sparare gocce di piombo
dai petali ai loro nemici di seggio.
Villa
il nano agli inizi del novecento era stato invitato a Montecarlo a una festa su
uno yacth dal quale si potevano seguire le macchine da corsa a forma di
biscotti Plasmon guidate da Fango, Pericotti e Nembolari detto Nembo Kyd con
gli occhialoni neri.
A notte fonda sul motoscafo avevano aperto un ostrica al cui interno
c'era una perla azzurra e un dito tagliato ad una donna con infilato un
diamante a forma di naso di Dante Alighieri che risultò essere quello di una
principessa fatta a pezzettini dall'amante industriale di sigarette giorni
prima, infine sul barcone suonò un gruppo rock con bassi a forma di lucertoloni
metallici e vino e champagne colavano nelle coppe e Nembolari, il pilota
invitato anche lui lì, brindava e beveva nell'incavo del volante della
monoposto disapplicato dall'automobile dopo la corsa.
Gli sbirri
Il
pescatore di frodo chiamato Comacio pettinava l'ondina dei suoi capelli bianchi
specchiandosi nell'aletta di una zanzara e la vecchia moglie, detta l'Angiula
Anguillona, lo aiutava a ordinarsi la chioma con un pettine a forma di lische
di rombo.
Villa il nano partiva all'alba sul barcone del fiocinino per pescare le
anguille in compagnia di un prete che gli diceva che il calcio derivasse dal
Golgota e che su un incrocio dei pali di un campo sportivo era stato crocefisso
un portiere che aveva venduto la partita prendendo tanti goal.
Girava per Comacchio un balilla vestito di pelle di anguilla nera e suo compare era un soldato avanguardista vestito di una divisa militare color lilla con una pistola a forma di anguilla. I due salivano insieme a Villa il nano su una battana remata dal barcarolo detto l'Angiulico e navigarono sotto una galleria dai soffitti a botte, illuminata da una lanterna, seguiti da una barca dove per carnevale invertito ladri dai baffini si erano travestiti da sbirri con dei fucili dalle canne d'argento a forma di bisce di mare, questi entrarono salendo tre scalini di marmo scolpiti a forma di anguille nella casa della signora detta La Ranocchia del Delta, dalla biblioteca piena di libri di favole sulle rane tra le quali la fiaba sulla rospa palestrata che, a furia di far pesi, si era gonfiata più di un toro ed infine era scoppiata. A Villa il nano che trovava poeticissima la notte fuori con le macchine dai fanali luminosi la signora esclamò che le automobili erano soltanto delle lamiere con delle lampadine.
Girava per Comacchio un balilla vestito di pelle di anguilla nera e suo compare era un soldato avanguardista vestito di una divisa militare color lilla con una pistola a forma di anguilla. I due salivano insieme a Villa il nano su una battana remata dal barcarolo detto l'Angiulico e navigarono sotto una galleria dai soffitti a botte, illuminata da una lanterna, seguiti da una barca dove per carnevale invertito ladri dai baffini si erano travestiti da sbirri con dei fucili dalle canne d'argento a forma di bisce di mare, questi entrarono salendo tre scalini di marmo scolpiti a forma di anguille nella casa della signora detta La Ranocchia del Delta, dalla biblioteca piena di libri di favole sulle rane tra le quali la fiaba sulla rospa palestrata che, a furia di far pesi, si era gonfiata più di un toro ed infine era scoppiata. A Villa il nano che trovava poeticissima la notte fuori con le macchine dai fanali luminosi la signora esclamò che le automobili erano soltanto delle lamiere con delle lampadine.
Il riso
Nel
lontano Ottocento arrivarono delle truppe soldatesche di zanzare con nella
zampa la lancia pungiglione nel paese di Anita, vicino a Ferrara, e i nemici
Zampirone e Ddt l'insetticida cercavano di sterminarle per difendere Giuseppe
Garibaldi giunto lì perché ferito dalle loro punture. In quegli anni in una
chiesa di Torino dai confessionali di cioccolato Villa il nano frociamente
sposò Camillo Benso Conte di Cavour e sul sagrato della basilica, quando i due
uscirono scortati da guardie sabaude, la folla accorsa al matrimonio lanciò
riso delle risaie di Vercelli dai chicchi a forme minuscole di volti del re
Vittorio Emanuele. I due fuggirono in carrozza per il loro viaggio di nozze e
Cavour aveva favoriti tagliati dal rasoio a forma di due gianduiotti tinti come
l'incarto di questi dorati e se il corpo tradiva una certa mollivia perché
grassoccio e pingue, aveva occhi castani tondi e muscolosi. Erano diretti nelle
Langhe nei cui tartufi giganteschi, affioranti dalla terra, si specchiava
Torino con i suoi palazzi d'oro e con loro c'era il cardinale chiamato Piamonte
che si spalmava, durante il viaggio, nutella-gianduia cremosa su fette di pane.
Arrivarono a Canelli all'albergo della Posta o Albergo dell'Angelo dove un
cameriere,terrazzano d'estate e servitore d'hotel d'inverno lì servì a tavola e
infine i nembi, le nuvoline e i cirrini delle loro scopate riempivano l'ultima
stanza del corridoio della locanda.
La cavia di Pavia
Villa
il nano, il pittore Nasone, nonno del pittore Sirocchi e l'affrescatore detto
il Bar, autore di quadri con interni di caffè, in compagnia del don chiamato
Tossiscastello Catarrocchi, era sulla postazione della torre di Sant'Antonio,
chiesa sita in Via della Repubblica e visitata da mosche a forma di tortelli ed
anolini, in cui avevano apparecchiato una tavola e così questi mangiavano i
preparati della rezdora bambina detta l'Uocona, serviti dal cameriere detto
Gatto Felino dal corpetto della divisa di peli di gatto salente la scala della
torre campanaria con i piatti.
Il Dio parmigiano con la testa a forma di anolino immenso e le dita a
forma di tocchi infiniti di Parmigiano-Reggiano pisciava brodo su Parma e
vedeva i cenatori sulla torre il pittore Sirocchi, dal naso lungo a forma di
salame, il reverendo dai capelli color catarro, l'affrescatore detto il Bar con
le orecchie a forma di tazzine e Villa il nano con un libro di favole del
fiabista detto Esoparma, in due leggende del quale si raccontava di un
caseificio castello, dove per frenare l'assalto dei nemici contro questi erano
stati sparati formoni di formaggio e di un casaro che per trafugare il corpo di
un neonato assassinato l'aveva messo nel caglio e poi era rimasto dentro nella
forma di formaggio indurito e stagionato. Sirocchi parlava di un pittore
barbiere detto il Cavilsetoledipennello e di Villa il nano a proposito di un
viaggio su un taxi giallino color Grana Padanucolo a forma di forma gigante di
questo formaggio guidato da una cavia gigante, addomesticata, chiamata Certosa
che lo portava nella notte nel pavese.
I macellai
Villa
il nano,vestito di un abito verde pistacchio con i pizzi rosati da buffone, che
a suo tempo aveva indossato anche il cantante Claudio Villa al festival di San
Remo, e che Perigilio, uno di Pontetaro aveva molto applaudito davanti alla
tivù con i macellai chiamati Armacellone dei Sanguinari e Mammuccellino, andò a
mangiare in una trattoria di Sanguinaro chiamata il Grugno del maiale e
nell'osteria, dove c'era un quadretto di San Gennaro, i tre mangiarono piedini
e sangue di maiale fritto con l'olio.
L'oste
detto Sanguone pigiava i pulsanti di una televisione vetusta sui cui due unici
canali trasmettevano notizie calcistiche. Villa il nano tifava per la
"Signora", una baldracca che giocava nella Juventus e aveva segnato
due goal al Milan.
Villa
il nano e i due macellaioni una volta finito di mangiare entrarono nella chiesa
del paese, affrescata con macchie di sangue, e con un dipinto che raffigurava
un frate che elargiva ghiande a passerotti a forma di minuscoli porcellini, con
le alette che norcini in agguato erano pronti a catturare. Villa il nano fumò
lì una sigaretta all'incenso dalle volute voluttuose di fumo profumato di
gommaresina. Nella notte passò il pullman del Sanguinaro Calcio nel cui
gagliardetto era effigiata una scrofa sanguinante e Sanguinacci, uno dei
giocatori seduti sulla corriera aveva sotto un braccio una vescica di maiale
gonfiata per pallone ed Emoglobina, l'allenatore così chiamato esortava la sua
ala destra a giocare le partite come il goleador detto Frutto di Bosco Bruno
(Mora Bruno). Nella trattoria c'erano stanze ai piani di sopra a pagamento e
Villa il nano vi dormì con i due frocioni e a notte fonda arrivarono a fare
delle orge i nani chiamati (Por)Cella e Mammedesano, uno di Cella e uno di
Medesano, i quali erano ricoperti di chiazze-voglie rosse alla pelle, ma
cherubini grassoni ed impinguati di salame dagli occhi turchini e Sanguone dal
piano di sotto sentiva i sessuomani urlare: "Dai, dai!" e pensava
tifassero a una tappa del Giro d'Italia i ciclisti Mosceron e Ronni, infatti
Villa il nano, impugnando con guanti d'oro vibratori a forma di salami,
rivestiti di stoffa color budello sgargiante perché di raso, inculava gli
altri.
Infine con una 127 bianca della Fiat a forma di cicogna, guidata da
Villa il nano, all'alba andarono a Varano Marchesi nella tabaccheria aperta a
quell'ora a comprare sigarette e passarono da Cella dove c'era la
prigione-porcile delle scrofe con cui i Medesanesi producevano i loro salami.
Il burocrate
Ai
tempi di Marialuigia dalle macellerie ducali ed equine fuggì un cavallo che
corse impazzito per le strade di Parma. A quell'ora, nudo, Villa il nano fuggì
dal carcere di San Francesco evitando gli sbirri in sentinella, con cappelli a
forma di fossili vongole dello Stirone, e si diresse alla Steccata dove aprì la
tomba del Naipper. Lì rubò i vestiti, abiti dell'impero austriaco che lo
vestivano come una vestaglia pesante e gallonata di gradi e nella notte si
diresse al palazzo ducale di Colorno, dalle scalinate interne grandiose di
marmo, e un burocrate grassone, pieno di porri come ceci in volto, con i
capelli canuti e riccioloni, chiamato Venecchioni, gli esaminò la carta
d'identità con una lente a forma di anolino ingrandente, cosicché per
convalidargli l'espatrio nel paese di Sacca pigiò su un bollo, con un marchio
intriso di inchiostro, e vi applicò anche un francobollo a forma di tortello di
zucca lievemente colorato color canarino, il ripieno, e lavorato ai lati di
ricami bellissimi a forma di mani minuscole e affusolate di rezdora
settecentesca.
Quindi
arrivò a Sacca nella locanda dove alloggiò per diversi anni, qui incontrò il
mastodontico disertore chiamato Coccone Cocconi con un volto da bambinone
pupattolone e rimbamba, il quale portava calcato in testa un cappello rivestito
di velluto a forma di vascello dallo scafo a forma di cocco. Questo copricapo
era appartenuto ad antichi antenati del suo ramo genealogico. Nella
trattoria-alberghetto i due mangiavano l'anitra ripiena con le arance delle
quali l'oste si serviva nell'Aranciaia di Colorno.
Una
notte Villa il nano tornò furtivamente a Parma per recuperare lo spazzolino e
il dentifricio. Fece appostare la carrozza, nascosta in un borgo, e sbrigò, non
visto, la faccenda in pochi minuti, poi ripartì sulla carrozza color lambrusco
dalle tendine color malvasia. Fumava un sigaro nano, spesso e color fagiolo, e
fece tappa a Colorno dove, sotto i portici, nella notte, in un bar mangiò un
bignè a forma minuscola di putto glassato color giallo Parma, bevendoci dietro
un bicchiere di Assenzio.
Nel caffè entrarono delle guardie che gli chiesero gli effetti personali
e lo lasciarono andare perché sulla sua carta d'identità un falsario aveva
scritto: cannoniere della squadra di Calcio del Sacca. Poi nel bar venne
salutato da un barbiere di Colorno detto il Certosa e, ripartendo per fare
ritorno a Sacca, rivide un suo compagno di cella quando era in galera,
precisamente il bambino chiamato Gigiaio, il quale con lui aveva rubato una
scatola di cioccolatini in un bar nel centro di Parma. .
Nessun commento:
Posta un commento